Si conclude l’opera-monstre di Moore dedicata a Lovecraft.
Un bellissimo fumetto, ma non il capolavoro che avrei voluto mettere nel Meglio
del 2017 (che per la cronaca al momento contempla solo tre titoli risicati).
La vicenda di Robert Black
termina nel decimo numero della saga, con una validissima spiegazione degli
eventi in cui tout se tiens, che
dimostra per l’ennesima volta l’abilità di architetto
dello sceneggiatore, ma in cui forse il pathos
è un po’ mancato e tutto sfiorisce più che concludersi. Ottima la trovata per
cui l’elzeviro di Black diventa un McGuffin
fondamentale per la parte successiva, ma la sorte del protagonista è stato un
anticlimax micidiale e forse un po’ ingiustificato per quanto anticipato dalle
sue ultime annotazioni.
L’undicesimo capitolo è quasi un
corollario a tutto quanto letto in precedenza, un po’ come Dance of the Gull-Catchers lo fu per From Hell. È qui che il destino di Black si compie definitivamente,
anche se il bandolo della matassa era già stato sciolto nell’episodio
precedente. Il paragone con From Hell non
regge poi molto perché qui Moore ha preferito uno stile frammentario piuttosto
che narrativo, ma in fondo anche qui ha voluto esplicitare la sua poetica. A
tal riguardo, segnalo che nella carrellata di influssi sulla cultura e sulla
società Moore è stato un po’ avaro di segnalazioni di giochi di ruolo e
videogame, per fortuna a suo tempo ci pensò Matteo Poropat.
Benché il dodicesimo capitolo sia
formalmente la conclusione di Providence,
in realtà lo è ancor di più del precedente Neonomicon,
che a sua volta prendeva le mosse da Il
Cortile, opera in prosa di Moore ridotta a fumetti da Andrew Johnston. Se
il lettore non conosce queste due opere precedenti è probabile che rimanga
perplesso davanti al finale, in cui agiscono dei personaggi che non sono mai
apparsi prima in Providence, e in cui
la storia si trasforma in una sorta di action
movie lisergico (con assai poca azione, a dir la verità) dalla raffinata
esercitazione letteraria che era fino al decimo capitolo.
In definitiva, Providence è stato una lunga
dichiarazione d’amore per l’opera di Lovecraft, in cui Moore ha fatto sfoggio
di una documentazione sterminata e in cui lo stesso Lovecraft ha avuto un ruolo
pienamente giustificato dalle stesse ricerche fatte. Come nelle migliori cose
scritte da Moore, anche in questo caso la soluzione era evidente e gli elementi
per decifrare la storia erano stati posizionati con maestria ed eleganza nei
capitoli precedenti (a saperli cogliere, ovviamente). Anche le molteplici
variazioni dei nomi lovecraftiani sono giustificate dal principale twist della saga, in cui vengono
rivelate le identità dell’Araldo e del Redentore.
Moore è stato inoltre bravo come
al solito a collegare le molteplici sottotrame, ma stavolta alcune (tante) cose
che sembravano importanti non hanno poi avuto seguito: che ruolo ha avuto il
massone Albert Pike che si vede nell’ottavo episodio? Che rito fanno le donne
che si vedono all’inizio e alla fine del decimo episodio? La donna deforme che
compare all’inizio dell’undicesimo capitolo è la madre di Carcosa vista ne Il Cortile? Qual’era la tavola
anticipata all’inizio del quarto episodio? I riferimenti al nazismo non vanno poi
oltre agli accenni nel terzo capitolo – e io che mi ero fatto tutta una teoria
sull’“Araldo”…
E poi ci sarebbero altri aspetti
del fumetto che a me personalmente sono sembrati quanto meno esornativi ma
dalla sostanza incerta. La metanarratività estrema con i personaggi che sono
consapevoli di far parte di una storia e si interrogano sul loro ruolo in essa è
diventata un po’ stucchevole. Il birignao che Moore si inventa per i suoi
personaggi più strambi (e qui sono tanti) dopo un po’ è insopportabile. L’armata
Brancaleone che chiude la storia francamente mi è sembrata propendere troppo
verso il brillante, se non proprio verso il parodistico e il comico tout-court ma, Cthulhu non voglia,
spero che fosse proprio questo l’intento di Moore.
Le parti più dense, illuminanti e
piacevoli risultano alla fine quelle in prosa: bellissimo il lavoro
antropologico sull’origine dei miti delle popolazioni (e le ipotesi sulle
possibili origini dei Miti di Cthulhu mi sono sembrate assai credibili), così
come è rivelatore il discorso sull’effetto magico della letteratura, concetto
che aveva avanzato scherzosamente anche Amelie Nothomb – ma forse alla luce
delle considerazioni di Black/Moore era seria quando diceva di bandire i testi
sacri.
Ma anche le parti in prosa non
scritte da Moore sono interessanti. La postfazione di Rosanas, a dire il vero,
sembra più che altro voler nobilitare la saga con rimandi ad Aristotele e
Hegel, ma il pezzo di Leonardo Rizzi sulla difficoltà nella traduzione di Moore
(e di Providence in particolare) è
una lettura illuminante.
I disegni di Jacen Burrows si
mantengono ai soliti buoni livelli, ma mi è sembrato che stavolta le sue
posture fossero occasionalmente più rigide e meno espressive. Cosa più che
giustificata, e che comunque non toglie nulla al lavoro complessivo: Burrows si
è imbarcato nella tremenda ordalia di rappresentare nelle stesse tavole gli
stessi sfondi con elementi diversi di vignetta in vignetta, una prova
massacrante che solo il fatto di lavorare con Moore poteva giustificare.
Ripeto: Providence non è un capolavoro, ma è senz’altro un ottimo fumetto.
E a furia di ripeterlo magari riuscirò a convincermene.
La mamma di Carcosa è modellata sul mio amico ed ex allievo Marc Almond dei Softcell. Ora che penso anche Carcosa jr. Alan è una sagomaccia. Non era necessario imporre a Jace quel tour de force di disegnare i personaggi che si muovono sempre comunque in ambienti coerenti - una cosa del genere aveva fatto gettare la spugna a Bill Sienkiewicz e poi ad Al Columbia anni fa - ma il Bardo di Northampton si diverte un sacco nel vedete la espressione di Burrows quando realizza cosa lo aspetta nel prossimo capitolo.
RispondiEliminaMi spiace che del 2017 tu salvi solo tre episodi de Il Morto, ma siamo al giro di boa e può darsi che da qui a dicembre Mailo Manari o qualcuno degli altri artisti che stimi sforni un lavoro degno.
Intanto l'ultimo episodio del Morto ancora non di vede...
EliminaNel senso che è una macro serie a termine ? Non una fine pena mai come altri tascabili? Molto manga. Se così fosse potrei recuperare prima o poi ( cit. blog luis bicco ndr ) quella ventina di episodi e leggerli tutti di un fiato. Ricordo un lettore che scrisse a SBE chiedendo se SBE non ritenesse una vergogna che ci fossero lettori passati a miglior vita senza sapere come finiva Tex. Io so che finisce con una ics.
RispondiEliminaNell'ultimo numero de Il Morto, il protagonista segue una mappa del tesoro per quasi tutto l'albo ed arriva al crepuscolo davanti ad una tomba contrassegnata solo da una ics. La apre e trova il cavallo di Tex. A dondolo e di legno. Si commuove come un bimbo al pensiero di quel bimbo prima di Satania, Mefisto, El Muerto ( appunto ) e salta sul cavallino per galoppare verso l'orizzonte mentre il sole tramonta. Serie così così, ma un diavolo di finale !
RispondiEliminaNo, ultimo nel senso di quello più recente, non conclusivo.
RispondiEliminaForse è per la pausa estiva. Ricordo che la Play Press negli anni novanta faceva uscire un balenottero doppio dei suoi mensili ( Thor, American Heroes, X-Marvel ) che restava in edicola per i due mesi di luglio ed agosto. Magari tra qualche giorno troverai due Morti in edicola nel senso di un tascabile con due volte le pagine e due volte le emozioni.
RispondiEliminaNel numero 9/10 di American Heroes ricordo l'esordio dello Animal Man di Grant Morrison/Chas Troug, due episodi ( la conclusione ) della miniserie della Justice Society ( con matite tra gli altri di Mike Parobeck ) , la quarta ed ultima parte della mini serie di Martian Manhunter ( con le matite ed i colori di Mark Badger ) ed un episodio completo dei Challs of the Unknown di Loeb e Sale. Splendida estate. E non faceva così caldo...
ma su uno degli ultimi Fumo di China avevano detto che era già pronto il 28 o il 29...
Eliminaquindi sono stati già pubblicati 27 episodi ? me ne sono persi 26. tra un po' uscirà dalla zona Saguaro-Adam Wild. Notevole.
RispondiEliminaForse sono 26, adesso non ricordo di preciso. In quell'intervista che ho citato mi pare saltassero due numeri, quindi il 28 (o 29) sarebbe uscito dopo altrettanti numeri rispetto all'ultimo che ho io.
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