Terzo volume dedicato
all’affresco in dieci episodi sulla Prima Guerra Mondiale che di logica
dovrebbe concludersi con un quarto volume di Historica alla fine del 2018.
Come già evidenziato in precedenza
e confermando il punto di forza di questa saga, 14-18 non è del tutto un fumetto di guerra perché si concentra
anche sulla vita dei civili rimasti a casa e sull’intrecciarsi delle loro vite
anche dopo la fine della guerra.
Nel primo episodio qui raccolto, La fotografia (agosto 1916), sul fronte
occidentale arriva un’innovazione decisiva, o che tale si vorrebbe che fosse:
l’introduzione dei primi carri armati. A caratterizzare con decisione
l’episodio ci sono anche le sequenze che ruotano attorno al recupero di un
aviatore ferito. Qualcuno troverà la Fede, qualcun altro la perderà e uno degli
otto protagonisti principali andrà incontro a un destino infausto.
Nel secondo episodio, Il diavolo rosso (aprile 1917), i
soldati francesi si apprestano ad assaltare lo Chemin des Dames, un sentiero ribattezzato “la grotta del drago”
dopo che i tedeschi vi si sono trincerati in maniera organizzatissima piazzandoci
anche un lanciafiamme. La carneficina che ne consegue è la goccia che fa traboccare
il vaso e tra le fila dei soldati comincia a soffiare con vigore il vento della
subordinazione. Torna qualche personaggio apparso in precedenza e ne vengono
introdotti di nuovi. L’elenco dei protagonisti deceduti si allunga ancora, ma
chissà che in un caso non ci sia qualche colpo di scena alla fine.
Il genere non mi fa impazzire, ma
14-18 è come ricordato sopra un
fumetto piuttosto particolare e l’elemento bellico, per quanto preponderante, sfocia
nell’affresco storico e nel drammatico tout-court.
In sostanza si legge con piacere e coinvolgimento anche se non è facile
ricordarsi le vicende dei protagonisti e delle loro compagne a un ritmo di
pubblicazione più rarefatto di quello originale.
Ai disegni Le Roux non convince
del tutto pur facendo un lavoro dignitoso nei tempi che gli sono stati
concessi: non ha un tratto molto deciso e spesso si concede derive
caricaturali. Molto meglio fanno Jérôme Brizard e Loïc Chevallier che hanno
curato gli sfondi in maniera attenta e rigorosa, anche se il primo come
colorista usa una tecnica troppo coprente.
Un paio di appunti sulla
traduzione: non mi sembra che il giovanilistico “chissene” sia molto adatto per
il contesto in cui si svolge la storia (forse è stato scelto per una semplice
questione di spazio nel balloon?); inoltre non viene spiegato perché desiderare
una birra, come accade all’inizio del secondo episodio, debba portare sfortuna.
Non ho letto il volume originale, ma immagino sia perché in francese birra e
bara si possono scrivere nello stesso modo, “bière”.
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