Dopo solo due mesi dal
precedente,
Historica presenta un nuovo fumetto a
firma Yann-Juillard. Una scelta tanta più gradita tanto più che questo Mezek è migliore del pur gradevole Doppio 7.
La nascita dello stato di Israele
nel 1948 venne salutata con attacchi feroci da tutto il Medio Oriente. Per
potersi difendere gli israeliani dovettero improvvisare un’aviazione costituita
da tutte le ferraglie che potevano raggranellare e portare clandestinamente in
patria (era in corso un embargo cui solo la Cecoslovacchia non aderiva), mentre
i piloti erano un misto di volontari ebrei e mercenari di varia provenienza. Björn
è uno di loro, uno svedese abilissimo a pilotare i “Mezek”, nomignolo dato ai
Messerschmitt modificati che avevano l’antipatica tendenza a capottarsi in fase
di atterraggio!
La storia si sviluppa
placidamente costruendo l’ambientazione della vicenda e ricapitolando i fatti e
i personaggi salienti con molta naturalezza, senza dare l’impressione che si
tratti di freddo infodumping. Tra
parentesi, l’introduzione di Sergio Brancato è preziosissima per approfondire
certi dettagli a cui Yann accenna solamente. Vengono fatti sfilare i vari
deuteragonisti (tra cui una pilota donna realmente esistita e ancora vivente)
e si evoca l’atmosfera tesissima della vita al campo d’aviazione: i mercenari goy sono malvisti in quanto appunto
mercenari, mentre conflitti interni mettono a rischio l’esistenza stessa dello
stato di Israele appena nato.
Oltre alle missioni aeree Björn
si dà da fare anche e soprattutto con le varie donne che gli girano attorno e a
circa due terzi del volume avviene una rivelazione inaspettata, un colpo di
scena a cui ne seguiranno a raffica altri (con cui oltretutto Yann giustifica
magistralmente certe situazioni secondarie poco chiare o alcuni particolari
introdotti in precedenza con sapiente noncuranza) mentre la storia troverà il
suo culmine con l’attacco alla Antinea, una nave presa in ostaggio dall’Irgun,
un gruppo dissidente ebreo.
Mezek è insomma appassionante e originale, molto ben equilibrato
tra scrupolosa ricostruzione storica e affabulazione drammatica. C’è poi
parecchia azione, quindi il disincantato cinismo che spesso affiora dai
dialoghi di Yann (e che a volte può risultare fuori luogo) è tenuto a bada.
Nella postfazione lo sceneggiatore racconta la lunga e tormentata genesi del
progetto, rivelando che Juillard avrebbe preferito giocare a carte scoperte col
lettore rinunciando quindi a molti colpi di scena. Yann dice di aver invece
preferito il proprio approccio «popolare» e «maggiormente ingenuo» e credo che
in definitiva il risultato gli dia ragione.
André Juillard disegna da par
suo: le sue tavole sono spettacolari, eleganti, espressive e dinamiche. Persino
le scene dei combattimenti aerei mi sono piaciute, probabilmente grazie alla
sua maestria nel dirigerle. Unico appunto che inizialmente mi sentivo di muovergli
è che il protagonista è un po’ troppo freddo e impassibile. Ma tutto sommato è
svedese, pensavo, può starci. Invece la sua storia è più complessa e il suo
distacco ha un’altra origine – inoltre nell’appendice Juillard spiega anche
come non voglia mai caricare troppo le espressioni, perché deve essere il testo
a sottolineare le emozioni dei personaggi.
In calce al fumetto (il più breve
mai pubblicato su Historica: 60 tavole) c’è infatti un’ampia appendice con la
postfazione di Yann e soprattutto moltissimi studi preparatori di Juillard
commentati dal disegnatore stesso.
Unico appunto all’edizione
Mondadori (oltre a qualche incertezza tra Ben-Gurion e Ben Gourion e tra
Palmach e Palmech) è la scelta della copertina, che mette in evidenza come
immagine principale uno schizzo a colori di Juillard e non una vera
illustrazione finita.
Il mio 2020 fumettistico è
iniziato nel migliore dei modi.
'Dinamismo' e 'Juillard' non li avevo ancora mai visti nella stessa frase! :D
RispondiEliminaSpiritosone.
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