Volumone celebrativo come
periodicamente ne vengono prodotti (credo) per fare il punto sulla situazione
del Marvel Universe sostituendo in questo caso le vecchie guide che erano solo
scritte e illustrate con materiale di repertorio.
La “storia” è scritta da Mark
Waid, motivo per cui ho azzardato a dare una chance alla lettura della
miniserie, ma in realtà avrebbe potuto scriverla chiunque, a patto di
rileggersi tutti gli albi Marvel o di farseli riassumere. La miniserie non è
altro che un compendio di storia della Marvel, senza alcuna rilevanza
stilistica e con un unico guizzo creativo relativo alla sola situazione di
partenza: all’approssimarsi della fine dei tempi (quando il vecchio universo
verrà sostituito da uno nuovo) Franklyn Richards parla con Galactus del passato
e del futuro, “futuro” che per loro è già avvenuto, del mondo che sta per
essere annichilato per ripartire poi da zero. Mentre il primo, che ricostruirà
l’universo dopo la fine, è sempre lucido, il secondo perde progressivamente
contatto con la realtà. Questo meccanismo serve a giustificare il fatto che,
proprio quando si arriva agli eventi del 2019, Galactus si perde e riassume
rapidamente gli scenari futuri canonici del Marvel Universe, come il 2099, il
mondo di Deathlok, di Killraven, ecc. senza sbilanciarsi troppo sulle loro
collocazioni temporali.
Si tratta insomma di un tentativo
di costruire una cronologia coerente che unisca tutti gli albi pubblicati della
Marvel, sino al prossimo evento epocale che cambierà di nuovo le carte in
tavola e richiederà probabilmente qualche altra aggiustatina nella cronologia.
Ma dalle date di pubblicazione degli albi citati nelle note evinco che l’ansia
di dover giustificare tutto in una maniera coerente non è un vizio recente.
Dignitosi i disegni di Javier
Rodríguez (anche colorista) e Álvaro López, però visto il tipo di “storia”, per
nulla narrativa ma interamente compilativa, sarebbe stato meglio uno stile più
ricco e dettagliato, da illustratore. In questo caso non c’è nemmeno la scusa
dello storytelling per giustificare
la pochezza dei disegni. Alle copertine un irriconoscibile Steve McNiven che
insieme a Mark Farmer e Morry Hollowell fa il verso allo stile degli anni ’80
(o ’70? o ’60?).
Non manca qualche curiosità: io
ad esempio non sapevo dell’invenzione del fittizio conflitto del Sin-Cong creato
appositamente per ambientarci alcune storie accadute nel Vietnam, che anche nel
Marvel Universe esiste ed è stato teatro della guerra omonima durata anche lì
un lasso di tempo ben determinato, e che quindi potrebbe essere in conflitto
con l’età di alcuni personaggi che in origine vi presero parte. Ma oltre a
questo La Storia dell’Universo Marvel
non ha nulla da offrire a livello narrativo e stilistico, anche se sono sicuro
che alcuni aficionados Marvel si commuoveranno
rivedendo sequenze lette durante la loro infanzia o adolescenza e assistendo
alla “morte” (ma chi ci crede…) dell’universo Marvel.
Come dicevo all’inizio, questa
miniserie aggiorna e sostituisce i comic book enciclopedici sulla storia della
Marvel (mi pare si chiamassero Handbook,
anche io ne ho uno) e infatti include alla fine un elenco di personaggi che non
sono stati menzionati nel “fumetto”.
Ho visto lo spot di questo volume (27€!!) in ben due testate acquistate ieri...
RispondiEliminaNon avevo capito che fosse anche una lunga saga a fumetti, credevo davvero solo in un lavoro enciclopedico (e quello è interesante).
Il problema della Marvel è che vogliono legare le cose ai tempi che corrono, mentre i personaggi ovviamente non invecchiano come dovrebbero...
Moz-
Sì, alla fine è venuto fuori un mix, la parte enciclopedica viene traghettata da quella narrativa, ma è comunque preponderante. Si è visto di peggio, ma anche di (tanto) meglio.
EliminaMah, operazione che non mi solletica a dire il vero...
RispondiEliminaA Mark Waid una chance la dò, e poi bisogna pur trovare del carburante con cui fare andare avanti il blog :D
EliminaSi, effettivamente Waid un po' di fiducia la merita sempre...
EliminaMa dopo questo (e altre cose) solo un po'.
EliminaHo letto da qualche parte che Mark Waid e James Robinson scherzavano su chi dei due fosse il massimo esperto di continuity DC. Ho sempre pensato a Waid come al classico ragazzino uno zinzino nerd che ha la fortuna di poter fare un lavoro che sognava da piccolo. Il Wally West che scriveva ha qualcosa della sua personalità. Persino il Wally bimbo che dialoga con la statica della radio fingendo sia un alieno e poi scopre da adulto essere davvero un alieno elettrico, sebbene farina del sacco di Morrison e Millar, ci racconta qualcosa, in qualche modo , di Waid. Ho apprezzato anche il suo Cap negli anni novanta - prima e dopo la parentesi Liefeld - ed immagino che si trovi a suo agio nel raccontare universi in cui alla fine tutto ha un senso, una direzione ed un sorriso. Nello Amalgam Universe ha creato una combo di Steve Rogers e Kal-El e qualche tempo fa ha scritto che gli capitava di leggere tanti fumetti ben strutturati, ma deprimenti. E' un bimbo seduto sulla panchina del parchetto che entra in quel mondo di paginette colorate e sogna di essere quel tale mascelluto e ottimista che alla fine picchia sul naso il cattivone prima di volare nel crepuscolo.
RispondiEliminaLa Casa delle Idee dovrebbe affidargli i Fantastic Four. Chissà...
grandissimo Graziano, l'incipit del tuo intervento si può cantare sulle note di Dio è morto! ("Ho visto la gente della mia età...")
EliminaSono sicuro che non è una cosa casuale ma voluta: bene così!
E' puro ed involontario Allen Ginsberg che per inciso sarebbe stato perfetto per interpretare Willie Lumpkin , il postino dei Fantastici Quattro.
RispondiEliminaForse Allen Ginsberg era involontario, ma puro...
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