Ivanhoe venne pubblicato su Il Giornalino alla fine degli anni ’90. Lo scenario è l’Inghilterra del XII secolo, con l’amato re Riccardo Cuor di Leone lontano in Terrasanta mentre suo fratello Giovanni governa dispoticamente affamando i suoi sudditi. Il paese è scosso anche dalle tensioni tra i sassoni e gli usurpatori normanni. Ivanhoe è il rampollo dei Rotherwood, a cui il padre non ha perdonato di essere partito per le crociate invece di difendere il feudo di famiglia. Ammetto di non conoscere né il romanzo di partenza né le versioni cinematografiche che ne sono state tratte e quindi non so quanto sia stato fedele Gattia in questa trasposizione. Inizialmente la storia ruota attorno al conflitto tra Rotherwood e Front-de-Boeuf (complice il desiderio di molti personaggi di impalmare la bella Lady Rowena), per poi vertere sulla missione di salvataggio dell’ebrea Rebecca accusata di stregoneria.
Sicuramente c’è una certa originalità nel fatto che quello che in teoria dovrebbe essere il protagonista compare solo di sfuggita all’inizio (il tempo di farsi ferire in torneo), fa poi capolino dopo metà della storia e ricompare solo alla fine beccandosi tutto il merito della vittoria che è stata ottenuta da Robin Hood e re Riccardo!
Nell’introduzione Carlo Bazan parla di un’erronea catalogazione del romanzo di Walter Scott nella letteratura per ragazzi, ma è senz’altro vero che (sicuramente anche per assecondare la rivista che l’ospitò) l’Ivanhoe di Gattia punta molto sulla semplicità, sull’azione, sull’eroismo, su un po’ di occasionale umorismo glissando sui riferimenti a torture e stupri che comunque ci sono o vengono evocati. A causa della serializzazione su rivista (credo a puntate di otto tavole l’una) si può avvertire ogni tanto una certa accelerazione dell’azione per rimanere nello spazio prefissato, ma sicuramente il tempo di lettura ne beneficia dovendo inserire più materiale possibile nei singoli episodi.
A livello grafico ci troviamo di fronte all’Alarico Gattia della maturità. Maturità che significa ovviamente piena padronanza dei propri mezzi e quindi in questo caso… sintesi! Niente costruzioni ardite delle tavole o ricerca di riferimenti fotografici d’effetto come nei due “Uomini” della collana Un Uomo Un’Avventura, men che meno virtuosismi pittorici come nelle storie transitate su Comic Art. Bazan paragona Gattia a Sergio Toppi, e non ha tutti i torti: ma secondo me le affinità arrivano fino alla rappresentazione molto fluida delle mani e alla resa del fogliame e di altri dettagli, per il resto Gattia non ha certo l’originalità né la spettacolarità di Toppi.
Per la stampa Segni d’Autore ha proceduto a partire dalle tavole originali, che riportano infatti in calce sia il titolo della serie che il numero di tavola – e il lettering è quello originale fatto a mano. Questo ha garantito una quasi costante efficacia della riproduzione di stampa, con solo qualche intoppo isolato, ad esempio alle tavole 48 e 49.
Nel complesso il volume è sicuramente appetibile: per 15 euro (e una tiratura dichiarata di 500 copie) offre un ampio formato 24x30 e una storia a fumetti di 56 tavole più che godibile per i motivi che ho ricordato sopra. Di sicuro comprerò anche i prossimi tre.
Nessun commento:
Posta un commento