Dunque, parlare di questi ultimi tre capitoli di Stirpe di Pesce senza fare spoiler è quasi impossibile. Adesso mi è molto più chiaro quello che mi aveva detto l’autrice in merito alla necessità di prendersi più spazio: la storia è corale e ogni personaggio, non solo la protagonista putativa Purple, ha bisogno del suo spazio per sviluppare e concludere la sua vicenda. E poi alla fine ogni sottotrama è collegata alle altre, delineando un unico affresco con radici sin nel primo volume.
Questo quinto volumetto è bello corposo, 72 pagine quasi tutte a fumetti (anche il terzo ne aveva 72 ma come gli altri ospitava racconti, pin up e fumetti esterni alla saga): la vicenda è straziante, ma ha anche un tono epico. Ma forse ho già detto troppo.
Stilisticamente la Spianelli ha ripulito ancora di più il suo segno, rendendo più espressivi i personaggi. Il tredicesimo capitolo della saga è in bianco e nero (ma è un bianco e nero relativo, perché ci sono anche sfumature di grigio e altri colori) mentre gli ultimi due sono colorati da Daniela Barisone con la collaborazione di Alessandra Medulla. La scelta è attribuibile alla necessità di creare un inizio cupo e disperato per creare un maggiore contrasto con l’introduzione di un nuovo status quo. Ecco, ho detto troppo.
In appendice un racconto (un po’ deprimente) di Riccardo Borgogno. La supervisione e parte dei testi sono come di consueto opera di Simone Delladio.
In definitiva Stirpe di Pesce ha rappresentato una scommessa vinta, la dimostrazione che progetti professionali possono venir realizzati con tutti i crismi anche dal basso, da autori indipendenti che non si affidano a una struttura editoriale consolidata. E rispetto ai “veri” editori (solo adesso mi sono accorto di cosa sono i “codici a barre” in quarta di copertina!) la Spianelli ha saputo realizzare un prodotto stampato bene, curato fin nei minimi dettagli, stampato su carta patinata, puntuale (per quanto possibile) nelle uscite e in definitiva a un costo nemmeno elevato considerato tutto il lavoro che c’è dietro. Cose che oggi pochi “veri” editori possono garantire.
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