Marco
Galli (MG): Piuttosto bene. Sto recuperando, pian piano mi sto rimettendo
in forma.
LL:
Certo, Lucca non è il contesto migliore per passare la convalescenza.
MG:
Sì, a detta di tutti è la fiera in cui ci si stanca di più, ma le vendite sono
sempre alte e quindi è giusto esserci.
MG:
Materia Degenere è edito dalla Diabolo Edizioni, una casa editrice di
Torino abbastanza giovane ma molto dinamica. Il libro è una raccolta di
racconti realizzati da cinque ragazze poco più che ventenni e quasi tutte alla
prima pubblicazione (o meglio, quando le ho contattate erano tutte
semisconosciute). Si tratta di cinque racconti di genere scritti e disegnati da
loro stesse, in cui giocano con il singolo genere destrutturandolo.
LL:
Ti dirò, dopo aver letto il volume alcuni dei generi di riferimento non mi sono
molto chiari… o meglio, il noir è evidente, anche la fantascienza è evidente ma
altri ho avuto difficoltà a individuarli.
MG:
Dei cinque racconti due sono di fantascienza: uno più esplicito che è quello di
Fumettibrutti mentre l’altro è quello di Elena Pagliani, anche se è una
fantascienza un po’ particolare. Un critico lo ha definito body horror,
cioè una sorta di horror psicologico e fantascientifico dove la mutazione del
corpo è il “leitmotiv” della storia.
Oltre al
noir ci sono poi due fumetti che fondamentalmente sono assimilabili al western.
LL:
Anche la seconda storia è un po’ fantascientifica visto che è ambientata in un
prossimo futuro. Non basta a catalogarla come fantascienza?
MG:
Fai riferimento al racconto della Bellomi, quello ambientato nella Bologna che
lei conosce bene, divisa fra napoletani e cinesi. Sì, è una storia ambientata
in un futuro distopico ma molto vicino a noi, per cui l’impronta più evidente
non è quella fantascientifica.
Questo è
il bello del progetto: io come traccia avevo dato questi generi molto generali
e ho lasciato loro quasi totale libertà d’interpretazione, anche nella
scrittura. Per questo possono esserci delle derive in altri generi. Io ho fatto
da curatore ma sono stato più che altro un “curatore-ombra” che non stava col
fiato sul collo alle ragazze. Certo, visto che erano ancora un po’ inesperte
professionalmente, ho dato i miei suggerimenti per correggere qua e là, però il
mio intento era proprio quello di farle esprimere con la massima libertà: se
avessero “sbagliato” qualcosa lo avrebbero fatto in piena autonomia.
LL:
Volevi responsabilizzarle.
MG:
Esatto.
LL:
Parlando della dimensione del racconto breve… ogni storia ha trenta tavole e
quindi alla fine tanto brevi non sono. Intendo dire che anche se le smontiamo e
poi le rimontiamo in una griglia come quelle dei fumetti che comparivano su Lanciostory,
sull’Intrepido o sul Corrier Boy, alla fine ne verrebbero fuori
ben più di 10 o 12 pagine, quindi le autrici non potevano risolverle solo con
l’eventuale effetto sorpresa finale (anche se nella prima storia è presente
questo meccanismo narrativo) e dall’altra parte non avevano nemmeno le 46
pagine canoniche per sviluppare interamente una storia come avrebbe potuto
essere su un volume franco-belga.
Eri
consapevole di questi rischi e hai voluto approfittarne o semplicemente si
tratta di una questione di foliazione, come avviene spesso in questi casi? Se
fai un volume di 160 pagine il tipografo te lo fa pagare un tanto a copia sennò,
che sia più breve o più lungo, deve fartelo pagare di più…
MG:
Questa in verità è stata un’esigenza dell’editore, probabilmente anche per le
ragioni che hai detto tu. Alla base, probabilmente è una scelta fatta in seguito
a considerazioni tecniche. Credo che si sia deciso giustamente che cinque
racconti avrebbero già costituito un volume abbastanza corposo, quindi era
meglio limitare le pagine di ognuno per non farne un tomo pesante e poco
maneggevole, che sarebbe oltretutto costato di più e quindi sarebbe stato più
difficile da vendere.
Quello
che le ragazze continuano a ripetere nelle presentazioni è che una delle
difficoltà grosse è stata proprio questa misura così precisa: trenta tavole,
non una di più o una di meno. Ma col senno di poi anche questo è servito molto
per farle crescere come fumettiste, perché la lunghezza obbligata delle storie
ha fatto emergere le differenti personalità di una rispetto all’altra. E
sicuramente sono riuscite a evitare di limitarsi a fare la storiellina facile
con l’effetto sorpresa finale, ma hanno costruito delle storie con un loro
respiro, anche se corto. Sono state molto brave a gestire questa situazione.
LL:
Effettivamente è bello vedere come ognuna di loro ha interpretato a modo suo
queste restrizioni: nella prima storia tutto tende verso la rivelazione finale,
mentre già la seconda è un vulcano di azione, situazioni e di personaggi che si
accavallano, per cui veramente si coglie la differente personalità di ognuna di
loro.
Il volume
tra l’altro è stampato sia in bianco e nero che a colori. È stato possibile
grazie alle nuove possibilità della stampa digitale?
MG:
Mi stai facendo una domanda tecnica su cui io so poco, dovresti chiedere
all’editore. In verità quattro racconti sono stampati a colori e ce n’è solo
uno in bianco e nero, che è quello della Bellomi.
LL:
Ma anche quello a matita è in bianco e nero, no?
GM:
Certo, quello di Monica Rossi effettivamente è disegnato a matita e
inizialmente si pensava di stamparlo in bianco e nero, ma poi Monica ha dato
questo virato violaceo con Photoshop [di cui confesso di non essermi accorto,
ndr] e si è voluto mantenerlo, perché aveva un effetto gradevole. Quindi alla
fine è stato stampato a colori anche quello e l’unico totalmente in bianco e
nero è il secondo.
LL:
Progetti futuri?
MG:
Con Diabolo al momento non ho progetti in corso, questo volume è stata una
collaborazione auto conclusiva. A Napoli per Coconino uscirà il mio nuovo
libro, il primo che ho fatto dopo la malattia per cui possiamo dire che si
tratta del primo libro della mia nuova vita. Poi ci sono vari progetti con Stigma
per i prossimi anni e più che altro sto scrivendo. Per la precisione, devo
scrivere una sceneggiatura per un film; ma è ancora tutto in fase embrionale,
per cui non posso anticipare molto.
LL:
Un film in Italia o all’estero?
MG:
Un film in Italia.
LL:
Ahia!
LL:
[ride] Sì, è un film per l’Italia, ma prodotto da Mad Entertainment, la casa di
produzione napoletana con cui avevo collaborato al character design di Gatta
Cenerentola, il cartoon. Il produttore mi ha chiesto una collaborazione per
un film che stavolta sarà live e adesso devo cominciare a scriverlo.
Bravo Galli. Di suo ho letto solo il piacevolmente inquietante Oceania Boulevard, ma spero di recuperare a breve altre sue opere.
RispondiEliminaLa bella copertina del volume l'ha fatta lui.
EliminaConosco un avvocato che si chiama Marco Galli, ma non è la stessa persona ;-)
RispondiElimina(Poi ne conosco un altro - di avvocati - che si chiama Stefano Casini e tanti anni fa gli feci fare una dedica su un Nathan Never: "Al mio omonimo".)
Io cercando su internet ho visto che come omonimi ho giocatori di basket e truffatori assicurativi...
EliminaLieto di leggere che Marco Galli stia meglio.
RispondiEliminaAlla presentazione del volume era veramente in forma.
EliminaGrazie per il 78° "lettore fisso", "Graziano", ma non abbocco... anzi sì, abbocco, ho già predisposto un post al riguardo (qua non si butta via niente).