A.M.A.R.E. deve il suo titolo (diverso da quello con cui fu originariamente presentato) alle iniziali dei nomi delle cinque autrici. Le antologie tutte al femminile che ho letto non mi hanno deluso o si sono addirittura rivelate buone, la fiducia verso la Canicola di Padovaland ha fatto il resto. Ma purtroppo stavolta non mi è andata bene.
La prima storia, Un passo indietro di Marina Sarritzu, è il resoconto del rapporto di amicizia tra due ragazzine dai primi anni delle medie fino ai diciotto anni. Ho riscontrato molti parallelismi con l’ultimo romanzo di Silvia Avallone, ma immagino che dato l’argomento sia inevitabile.
Più che narrate, le scene vengono evocate dalla voice over: la “storia” racconta l’avvicendarsi degli alti e bassi nel loro rapporto in cui la ragazza più remissiva e ingenua prende via via il sopravvento su quella che apparentemente era la più esperta. Il tratto della Sarritzu è volutamente sgraziato e i personaggi sfoggiano dei “mascheroni” grotteschi anche se non proprio mostruosi, mentre le anatomie vengono risolte così come viene. C’è però anche una grande cura per i dettagli.
Torta di vermi fatta in casa è molto originale, ambientata in un mondo di hobbit, vampiri e fantasmi. Il riferimento all’identità di genere promesso dalla quarta di copertina è mantenuto solo con il personaggio di una troll che si veste come un maschio, per il resto confesso che la trama non mi è sembrata affatto chiara e mi ha dato l’impressione che questa storia sia stata espunta da un fumetto più lungo. I disegni sarebbero anche belli (a volte molto belli) se Amanda Vähämäki li avesse curati un po’ di più o almeno li avesse inchiostrati.
Beccaccia, un animale strano di Roberta Scomparsa è il fumetto che mi ha convinto di più a livello grafico: un underground caricaturale dai neri molto profondi dove serve e con dei personaggi espressivi e riconoscibili anche se i volti sono disegnati in maniera molto semplice. La storia, invece… Semplicemente vengono evocati (anche qui con l’artificio del resoconto della protagonista) i vari incontri che Robinia ha con la punkabbestia Beccaccia, con alcune situazioni divertenti ma senza alcuna direzione chiara verso cui tendere.
La salamandra è invece il fumetto secondo me disegnato peggio. Non è solo una questione di estetica: se i volti e i corpi sono delle masse uniformi e quindi confuse come dobbiamo interpretare il fatto che la protagonista viene definita bella: è un commento sincero o è ironico? Per fortuna lo si capisce alla fine dal contesto, ma lo stile minimalista dell’autrice non è adatto a una storia realistica. Perlomeno Eliana Albertini ci agevola disegnando le tre protagoniste con dettagli con aiutano a identificarle: laddove Elena è “neutra”, Gabriella è bionda e Claudia porta un cerchietto nei capelli. La storia racconta, tramite il resoconto via mail a un amico, di quando Claudia è stata invitata a una festa. Gabriella non la sopporta, mentre Elena le è veramente amica. Alla festa Claudia potrebbe tranquillamente concedersi a Franz, che le altre dicono di disprezzare ma in realtà chissà. Si gira un po’ a vuoto, ma almeno c’è il tentativo di creare qualcosa che sia più di uno “slice of life”.
Per concludere, il caotico Ti odio tantissimo di Alice Socal: uno spaccato delle relazioni all’interno di un gruppo di giovani, non sempre facile da seguire a causa della resa animalesca di alcuni personaggi e delle metafore grafiche adottate. I disegni molto stilizzati vengono integrati da passaggi di matita o mezzatinta che finiscono per sporcare l’insieme, quasi a testimoniare la genuina artigianalità della storia.
In sostanza questa antologia ha, sparse per i vari fumetti di è composta, tutte le caratteristiche che si richiedono al moderno graphic novel così come viene percepito comunemente: disegni molto semplici quando non proprio brutti (o comunque svogliati), narrazione diaristica affidata alle didascalie e non ai disegni (e allora che fumetto è?), richiamo a situazioni pruriginose (ragazzine che scoprono il sesso, ma in realtà è uno specchietto per le allodole).
Non ho dubbi che nel loro genere questi fumetti siano molto apprezzabili (o perlomeno Vähämäki e Socal sono professioniste con anni di lavoro alle spalle, persino io le conosco di fama), ma non è proprio il mio genere.
Io mi sono sempre tenuto abbastanza alla larga da Canicola, da quando presi il numero 7 della rivista, nel 2009 e devo ancora finirlo di leggere!! Di Amanda Vähämäki avevo abbastanza apprezzato un volume spillato di dimensioni giganti, sempre di Canicola, acquistato, letto e commentato sul blog, nel 2017.
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