Il meglio
L’Aurea porta in Italia la tradizione e
il format delle riviste Spirou e Tintin usando come viatico un
personaggio amato dal pubblico più giovane nella sua versione televisiva in
computer grafica.
Una rivista a lungo attesa (se ben ricordo le prime avvisaglie la davano in
edicola per marzo...) che non ha deluso le aspettative una volta uscita. La
scelta dei fumetti offre una panoramica tra il meglio di quanto possa offrire
il mercato franco-belga per ragazzi (con buona pace di Le Elfe, ma sono io a essere fuori target) con grande varietà di case editrici, stili ed epoche di
realizzazione. Costo contenuto e formato giusto. Non so come ho fatto a vivere
finora senza una rivista come questa. Alla fine, con tutto questo ben di dio, pure
gli anime-comics del titolare risultano ogni tanto piacevoli.
All’Aurea l’arduo compito di educare una nuova generazione al fumetto di
qualità, le premesse ci sono tutte ma ovviamente è ancora presto per trarre
conclusioni. Il passaggio a settimanale sarebbe quasi doveroso, ma non
facciamoci illusioni.
Il peggio
Non è
una porcata ma nemmeno un capolavoro. Lungi dall’esserlo, un capolavoro.
Deludente perchè da Alan Moore ci si aspetta sempre qualcosa di fenomenale e
quando ciò non avviene l’effetto è più spiazzante che se si trattasse di uno
sceneggiatore qualunque.
Dopo una partenza carica di pathos la storia perde progressivamente di
mordente e di originalità e la estrema linearità della trama lascia basiti. Forse
la lettura organica in un unico volume non ha giovato all’impressione di
distacco e separazione che probabilmente si voleva creare confinando ogni anno/periodo
storico in un albo preciso. Certe sequenze (una su tutte, il “trasferimento” di
Haddo) sanno di già visto e il giochino delle citazioni stufa presto. Vedere la
locandina di Who Dat Ninja è
divertente e le varie citazioni di Diabolik
gonfiano il petto di patriottico orgoglio, ma alla lunga non capire chi siano
tutti i personaggi sullo sfondo, per quanto ininfluenti sulla trama e puramente
decorativi, diventa frustrante e quindi irritante.
I protagonisti vanno alla deriva già dal secondo episodio. Forse sarà una
cosa voluta, ma non è mai piacevole vedere personaggi che cambiano
caratteristiche e personalità rompendo così il tacito accordo che ogni
narratore stipula con i suoi lettori. Quando poi queste “stonature” sono
dettate dalla ricerca di un mezzo per far procedere la trama, oppure per
offrire il destro a qualche battutaccia, o anche solamente per giustificare il
polpettone in prosa in calce a ogni puntata, allora non mi sembrano poi tanto
giustificate.
L’attenzione posta, nelle battute e nelle situazioni, alla sfera sessuale
mi è sembrata un tentativo maldestro di dimostrare quanto anche il fumetto
britannico-statunitense possa essere maturo. O forse è solo un mezzuccio per epâter una bourgeoisie che se cresciuta a BéDé e historietas troverà assai
goffe e gratuite certe situazioni.
Per i miei gusti, pessima la scelta dell’identità del nemico finale e anche
del deus ex machina che risolve tutto. E poi, già il fatto che ci sia un deus
ex machina...
Dal punto di vista dei disegni Kevin O’Neill offre una prova sciatta e
distratta. E come dargli torto: in copertina c’è scritto Alan Moore e quindi il
volume venderà comunque uno sproposito. Almeno non risolve pagine su pagine con
fotocopie di geroglifici che parlano tra di loro, però, accidenti, O’Neill ha
anche disegnato, tra le altre cose buone, uno splendido Marshall Law.
Anche la Bao ci mette del suo, al di là del piccolo disguido della mia copia.
Il formato ridotto in realtà non sembra a una prima occhiata poi tanto
penalizzante (e va detto che cartonato con la sovraccoperta fa un figurone)
però, forse a causa di una stampa non sempre perfetta, certi dettagli si
perdono, soprattutto alcune scritte. Con un formato più generoso anche i lividi
colori dati al computer sarebbero risultati meno penalizzanti per la decifrazione di
alcune vignette.
Buon 2013
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