Così come capita a due personaggi della storia, anche il lettore si fa un
bel viaggetto nel tempo grazie a questo volume. Ah, i comic book degli anni
’90! Le didascalie belle piene per scimmiottare la Vertigo e simulare una qualche
profondità di contenuti! Gli eserghi buttati là così, perché fa figo! I disegni
fatti alla meno peggio inchiostrati con pesanti passaggi di china a dissimulare
gli orrori anatomici, che poi finiscono per risaltare ancora di più! I colori
acidissimi (a tal proposito, ottima e coerente la scelta cromatica della
copertina)! L’estetica delle spalline e delle cinture puntute!
Ma al di là di questo Il Mondo di
Destino è molto, molto di più. Io ho sempre disprezzato la linea 2099: un
bel trionfo del “vorrei ma non posso”, cosa comune un po’ a tutti i comic book
ma ai miei occhi dell’epoca particolarmente evidente in questa linea
futuristica/cyberpunk/alternativa. E così il tanto celebrato Peter David di Hulk era lo stesso che scriveva questo
insipido Spider-Man 2099? E al mondo c’era davvero qualcuno che
apprezzava le contorsioni anatomiche di Rick Leonardi? Bah, secondo me quelli
non potevano nemmeno allacciare le scarpe ai “miei” Trillo, Wood, Zanotto...
Per allontanarmene senza il minimo desiderio di approfondire mi bastarono i
numeri che mi passava occasionalmente un mio amico. Forse anche le recensioni
caustiche che leggevo su Cyborg hanno
avuto il loro impatto (memorabile quella sul supereroe trash – in senso
letterale – Ravage 2099, ideato
addirittura dal redivivo Stan Lee). Ma tira più un pelo di Warren Ellis che un
carro di buoi e turandomi il naso mi sono rituffato in questo mondo delirante
fatto di armature ipertecnologiche tecnicamente impossibili da indossare, di
paesi europei che nell’immaginario statunitense sono fermi agli inizi del XX°
secolo (e la storia è ambientata nel 2099!) e di scienziate che lavorano in
tenute sadomaso.
Per fortuna, come dicevo prima, Il
Mondo di Destino è molto più di questo e anche se è lento a carburare l’impronta
di Ellis alla fine si percepisce tutta. In sostanza, questo arco narrativo che
raccoglie i numeri originali dal 24 al 31 narra delle ragioni e dei metodi con
cui il Dottor Destino (quello “classico” piombato nell’universo 2099) si è
imposto come il nuovo Presidente/Dittatore dei futuristici Stati Uniti alla
deriva tra disparità sociali, inquinamento e lo sciacallaggio delle
multinazionali. L’idea di base è senz’altro buona, ma come spesso succede con
Ellis più che il soggetto di partenza sono interessanti i dettagli di carattere
sociologico e gli splendidi dialoghi.
Il volume si apre con due episodi in cui Warren Ellis viene citato solo
come autore dei dialoghi mentre l’incombenza della sceneggiatura grava ancora
su John Francis Moore e in effetti il passaggio alla satira, agli aspetti scientifici
approfonditi, alle battute ciniche ma credibili e soprattutto a un plot
maggiormente concentrato sui concetti che sull’azione sarà graduale, ma alla
fine porterà a una spettacolare deflagrazione. È anche vero che fa un certo
effetto vedere come uno dei primi cantori della decompressione facesse uso
abbondante delle didascalie, ma in quegli anni usava così.
Tra l’altro, dal riassunto posto all’inizio del volume ho avuto
l’impressione che anche la gestione dei 23 episodi precedenti non fosse affatto
male (per quel che può valere, a suo tempo solo Doom 2099 e X-Men 2099 mi
erano sembrati degni di nota) e forse avrebbe anch’essa meritato la ristampa.
Meglio così: tutti soldi risparmiati, che di questi tempi...
Della serie del 2099 quella del Dottor Destino mi mancava...
RispondiEliminaQuesto non l'ho letto, ma mi hanno detto che la serie 2099 era proprio bella. Ma non ho mai osato verificare^^
RispondiEliminaMoz-
Doom è uno dei villain più interessanti mai creati ed è sempre un piacere leggerlo in qualsiasi sua incarnazione. Adoro la sua decadenza vittoriana e la totale mancanza di modestia. Mi è sempre stato più simpatico di quel saputello del Dr. Richards.
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