Incredibile come solo a Turriaco
riesco a trovare certe cose. Nella stessa edicola in cui compro Il Morto
(quando lo trovo) ho adocchiato un tascabile che per formato e grafica sembrava
più un romanzo in paperback che non un fumetto, e invece è una raccolta di short stories a fumetti.
InkStory Horror è prodotto dalla stessa casa editrice, la
Menhir, e coordinato dallo stesso staff de Il
Morto ed è un’operazione piuttosto originale. Dieci racconti dell’orrore e
del fantastico vengono trasposti in altrettanti fumetti di 24 tavole l’uno, con
una pagina di raccordo tra l’uno e l’altro a mo’ di vecchie presentazioni delle
riviste della EC Comics.
Il bello di operazioni del genere è che essendo un’opera collettiva ci si
può soffermare sui risultati migliori
glissando sugli esiti meno felici, evitando quindi di passare per degli orchi
che godono nel frustrare le aspirazioni di giovani autori. In realtà in questo
primo InkStory Horror non serve
ricorrere a questa strategia, perché l’unico disegnatore veramente ancora molto
acerbo è Rino Aiello, autore della prima trasposizione. Gli altri li ho trovati
tutti a un livello almeno dignitoso, con delle inaspettate punte di eccellenza
– nell’editoriale viene infatti spiegato che questa prima uscita vede all’opera
contemporaneamente esordienti e autori più esperti, oltre ad altri soggetti
provenienti da settori contigui al fumetto.
Per quel che riguarda i testi sarebbe facile dire che i risultati sono
stati buoni perché la base di partenza erano racconti già rodati di autori
classici, e in parte è anche vero, ma il materiale originale andava comunque
adattato al linguaggio del fumetto e gli sceneggiatori (principalmente il Ruvo
Giovacca de Il Morto) sono riusciti a
farlo con grande naturalezza e donando il giusto ritmo alle storie, senza
scadere nel pesante didascalismo che operazioni del genere rischiano sempre, o
senza che i dialoghi sembrassero artefatti. Ho gradito il fatto che di alcuni
racconti si sia italianizzata l’ambientazione.
Promossi senza bisogno di ulteriori commenti i testi, vediamo come sono i
disegni di queste storie, saltando a piè pari Aniello che non escludo
ovviamente possa diventare un buon disegnatore con esercizio e applicazione.
Una Voce nella Notte è illustrata da un Mirko Andreoli che
grida da ogni vignetta la sua ammirazione per Corrado Roi. Il suo lavoro è però
caratterizzato anche da un altro aspetto, ovvero la ricerca sui materiali e le
tecniche di disegno che lo portano a sperimentazioni che mi hanno ricordato
Alberto Breccia. Esagero? Guardate e giudicate da voi:
se il computer ha avuto un qualche ruolo nella realizzazione di queste
tavole (miracolosamente graziate dalla stampa e dalla carta del volumetto) non
l’ho notato, della qual cosa ringrazio sentitamente Andreoli.
Filippo Argenton disegna con una cura maniacale per posture ed espressioni Ritorno dal Passato: mi pare quasi di
vederlo mentre fa le smorfie davanti allo specchio per cogliere la giusta
inclinazione di labbra e sopracciglia. Purtroppo le sue tavole non sono state
inchiostrate ma sono rimaste a matita, lasciando intravedere i punti di fuga
che partono dall’orizzonte e le varie prove per quelli che poi sarebbero
diventati i tratti definitivi (il formato ridotto non è una scusa per non fare
un lavoro di fino, almeno non per Argenton). Peccato, forse si è voluto con
questa scelta evitare di “imbalsamare” i disegni col ripasso a china, ma alla
fine si è esagerato dall’altra parte e le tavole sembrano evanescenti.
Forse il Marco Boselli di La Casa
Desolata non ha ancora i numeri per poter disegnare un albo bonelliano, ma
secondo me gliene mancano proprio pochi.
Molto originale l’Andrea Cantucci de Il
Corvo. Trasporre a fumetti una poesia (qui la celebre ode di Poe) di solito
è un’impresa destinata al fallimento, ma Cantucci col suo tratto undeground è
riuscito a vivacizzare i versi e a costruirci una vera e propria storia. Che
poi, “underground” fino a un certo punto visto che se i rimandi a Clay Wilson
sono palesi l’uccellaccio è stato reso con grande cura per i dettagli e un
certo realismo.
Max Gori in Chiodo fa un lavoro
molto più buono rispetto alle paginette di raccordo con cui presenta le singole
storie (chissà, forse fatte di corsa all’ultimo minuto e per questo tirare
via). Se, come sembra, è partito da fotografie, ha scelto proprio quelle giuste
per trovare le espressioni, le inquadrature e le posture più corrette per
raccontare questa storia. Una piacevole mezzatinta che la stampa ha
salvaguardato nobilita il tutto, e magari è stata funzionale per distogliere
l’attenzione del lettore da alcune fisiologiche imprecisioni del tratto.
Il Roberto Lari di Lo Sconosciuto
Misterioso è un mostro di bravura. Non solo è bravissimo a disegnare, ma
pur nei limiti del formato pocket da 2/3 vignette per pagina riesce a
raccontare magistralmente: si veda su tutte la prova che dà a pagina 161. Se
per elaborare le sue tavole (in cui sono anche presenti animali e scorci
paesaggistici) Lari ha usato fotografie e/o computer non se ne avverte il peso.
A tutt’altra scuola appartiene Fabio Miani, il disegnatore di Una Notte d’Estate: il suo stile si rifà
con successo a quello dei tascabili popolari, da cui riprende la chiarezza, la
leggibilità e un paio di effetti speciali realizzati al risparmio ma con grande
efficacia. Sfogliando il volumetto è uno dei disegnatori che si notano di meno,
ma la storia disegnata da lui si legge magnificamente.
Una Notte alla Locanda della
Campana è stata disegnata
con un tratto molto particolare. Davide Raimondi sembra aver usato delle
fotocopie di fotografie o qualche diavoleria informatica per mettere su carta
questa storia di fantasmi. Mi ha ricordato un po’ Jean Teulé.
Leggersi tutto un volume con questo stile sarebbe tremendo, ma sulla breve
distanza funziona bene.
L’Antonio Zuccarello di Male di Luna,
curatissimo, mi sembra prendere a modello certe derive un po’ deformed dei
comic book statunitensi. Detta così sembrerebbe il disegnatore meno indicato
per illustrare un racconto di Luigi Pirandello, e invece funziona benissimo.
Questo InkStory Horror mi è
sembrato insomma proprio una bella iniziativa, con buona pace dei refusi che
compaiono qua e là. In quarta di copertina già si annuncia il prossimo volume,
ufficialmente la testata avrà cadenza semestrale.
Alla suggestiva copertina un inaspettato Manlio Truscia, che io avevo
lasciato ai punk satanici delle copertine dell’Intrepido quattordicinale.
Guarda, secondo me due o tre tecniche sono davvero interessanti e richiamano gli anni '70.
RispondiEliminaLa tavola della Locanda della Campana mi ha incuriosito moltissimo.
Moz-
Secondo me è un volume(tto) che merita, anche per i testi.
EliminaSe non ricordo male tu eri nella folta schiera dei detrattori de Il Morto ma questa è una cosa diversa.