lunedì 26 settembre 2016

I Figli di El Topo 1: Caino

Al pari di Juan Solo anche I Figli di El Topo è un progetto pensato per il cinema e riciclato come fumetto, come in minor misura fu anche la saga dell’Incal. Ne scrisse Massimo Monteleone in La Talpa e la Fenice e quando ospitammo Jodorowsky al SciencePlusFiction si vociferava della partenza del progetto con Marylin Manson quale finanziatore e protagonista. La genesi viene ricordata dallo stesso autore nell’introduzione, che rimanda proprio al formato dello schermo cinematografico per giustificare la scelta stilistica di organizzare le tavole su tre strisce, cosa che viene smentita sin dalla prima pagina!
Questa trilogia porterà quindi a compimento il progetto originario: nonostante la vicenda del film El Topo venga riassunta all’inizio la sua visione è caldamente consigliata, quasi obbligatoria, per entrare nello spirito giusto e cogliere i vari rimandi disseminati nel fumetto. Tanto oggi basta avere una connessione internet e non serve penare come feci io all’epoca per procurarsi una scalcagnata copia in VHS in lingua originale appena visibile.
El Topo, pistolero mistico, è morto e la sua tomba sopraelevata su un laghetto d’acido è la meta di ipocriti farisei di ogni religione. Suo figlio Caino è stato condannato alla solitudine dalla maledizione del padre e dal simbolo che porta in fronte, che obbliga chiunque lo veda a ignorarlo.
L’altro figlio, Abele, deve affrontare la morte della madre nana con cui portava in giro uno spettacolo di burattini e sarà proprio il lutto a spingerlo a chiamare a sé il fratello: ma la strada per ricongiungere i figli di El Topo è assai lunga e durante il cammino Caino incontra personaggi pittoreschi tra cui una vergine condannata a essere rinchiusa in una chiesa.
Dopo la delusione di Showman Killer, I Figli di El Topo è un bel ritorno alle origini con il Jodorowsky migliore, pieno di trovate originali e flamboyant senza scadere nella volgarità o nel facile effettaccio. I suoi protagonisti recitano senza misura alcuna “mangiandosi” la scena con il loro lirismo esasperato e i gesti sopra le righe.
José Ladrönn mi ha un po’ spiazzato. Da quel poco che ho intravisto di suo mi sarei aspettato uno stile di disegno iperbolico, dettagliato e un po’ grottesco. Invece ho trovato un iperrealismo un po’ scarno, sicuramente per assecondare la volontà di Jodorowsky (El Topo è Jodorowsky, quindi è naturale che il disegnatore si sia basato su ritratti dello sceneggiatore). Ladrönn fa comunque un lavoro molto buono e se il progetto è veramente partito nel 2016 come detto nell’introduzione, è stato pure molto rapido.
Attendo con trepidazione i prossimi episodi.

2 commenti:

  1. Vero. Mi ha proprio lasciato un po' di sasso, vedere un po' di tempo fa le prime tavole di Ladronn dal tratto così tanto realistico.
    Stile impeccabile e piacevole, eh, ma mi aspettavo altro, conoscendo il disegnatore per le sue ultime cose.
    In ogni caso, se vedo in giro il volume, lo prendo.

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