Mai sopportato l’heavy metal, ma
nella ricerca frenetica di qualcosa di interessante tra le offerte col 25% di sconto (del dodicesimo Don Camillo
ancora niente) mi è caduto l’occhio su questo fumetto che sembrava disegnato
veramente bene. Una volta acquistato e letto, ho avuto conferma che
l’impressione iniziale era corretta. Non solo: è anche scritto molto bene.
Dei vari Burzum e affini con la
relativa mitologia correlata conosco solo le storie che circolavano vent’anni
fa (quindi esiste veramente l’album con la foto del tizio che si è sparato in
testa), ma anche per un profano Figli
delle Tenebre è una lettura comprensibile. E, cosa più importante,
avvincente.
La storia si sviluppa in una
serie di quattro capitoli più un’introduzione di due tavole. La caratteristica
precipua di questa struttura è che ogni parte si svolge cronologicamente in un
momento successivo rispetto a quella che viene dopo, e in sostanza ogni
capitolo è un flashback che getta luce su alcuni degli aspetti che sono emersi
in quelli precedenti. Tanto che nella maggior parte dei casi un capitolo si
conclude con la scena che era stata la prima in quello precedente. Può sembrare
una cosa velleitaria o estetizzante, ma nei fatti funziona benissimo creando un
bel ritmo e una certa tensione.
La storia è quella dell’attività
omicida di Kristian “Varg” Vikernes, in arte Conte Grishnackh, che nel 1993
ammazzò il suo manager e amico Øystein “Euronymous” Aarseth, fondatore dei
Mayhem e figura cardine dell’heavy metal (o dark metal o thrash metal, quella
roba là) norvegese, fautore dell’idea di dar fuoco alle chiese cattoliche che
anche Warren Ellis ricordò in un bellissimo episodio di Global Frequency.
Partendo dalla fine, vengono
quindi ricostruite le cause che portarono al delitto e soprattutto viene fatta
rivivere la scena della musica underground norvegese: un bell’ambientino in cui
per farsi largo si ricorreva a provocazioni basate su una fraintesa identità
nazionale, e i cui membri sgomitanti vivevano in uno stato di costante
competizione per emergere (arrivando a delle bassezze notevoli), non troppo
diverso da qualsiasi star system.
Pur nella durata obbligata delle
20 pagine a capitolo che si è autoimposto, Davide Bertaina scrive in maniera
coinvolgente, alternando con sapienza pagine più fitte di vignette ad altre che
sono vere splash pages, e ricorrendo
a dei mezzi molto efficaci come un personaggio ritratto a figura intera in
campo lunghissimo per rappresentarne la solitaria disperazione. Sicuramente Bertaina
aveva chiara in mente anche l’alternanza delle pagine pari e dispari del
fumetto, visto che spesso voltare pagina è funzionale agli effetti che lo
sceneggiatore voleva provocare nel lettore.
Ai disegni Simone Ragazzoni fa
effettivamente un ottimo lavoro: ha un tratto realistico scolpito con dei neri
pesantissimi che mi ha ricordato Giorgio Santucci. Non siamo allo stesso
livello e forse sul finale Ragazzoni arriva un po’ col fiato corto (d’altra
parte già nei ringraziamenti diceva che le scadenze erano pressanti) ma il suo
lavoro è veramente egregio. Peccato però che si mortifichi usando dei rozzi ghirigori
per raffigurare i titoli dei giornali o i termini di un contratto: è un tocco
un po’ infantile che fa a pugni con lo stile secco e maturo del disegnatore. A
tal proposito, va lodato anche per come ha saputo usare la documentazione:
veramente notevoli le divise dei pompieri e dei poliziotti norvegesi.
Molto simpatica la postfazione di
Alex Crippa, che pur riassumendo alcuni elementi per i profani non è affatto
pesante, anzi in molti punti è addirittura spassosa.
Dei due autori non compare
nessuna biografia e francamente, considerata la qualità del lavoro di entrambi,
mi stupisco nell’apprendere da internet che nessuno dei due ha altri lavori al
suo attivo.
Il volumetto è elegantemente
rilegato in brossura olandese, ma è penalizzato da una non-copertina scarna
all’inverosimile, in cui in pratica ci sono quasi solo il titolo e il
sottotitolo. Se l’idea era quella di attirare i metallari più che gli
appassionati di fumetti si sarebbe potuto mettere un bel ritratto di Burzum o
al limite anche una foto, no?
Santucci. Trovi ? Ho dato una occhiata alle tavole di Ragazzoni in rete e ci ho visto Michele Cropera, forse Ale Bocci e qualcosa della interazione Camagni/Origotti al tempo di Napoleone della SBE. Uno zinzino di Luca Genovese. Cinesi del primo Simeoni ( primi numeri sempre di Larry Ledd ). Una ombra di Majo.
RispondiEliminaAlex Creep Crippa ha la luccicanza dell'entusiasmo. Sono sicuro che Burzum vale il prezzo del biglietto anche x la prefaz.
Mi ha detto che è al lavoro - tra le altre cose - anche per la Ed Ink di Piccioni. Io non amo lo horror - sono tanto sensibile da rabbrividire anche quando vedo il cartone dei kinder abbandonato nel bidone della indifferenziata - ma potrei farmi violenza e leggere una cosa splatter se sceneggiata da Alex. Vedremo.
Graziano, non c'è Crippa per gatti...
EliminaCredo di avere modo di avvicinarti al metal: la parte cartoon del video Freak in the leash dei Korn è opera di Todd McFarlane. Mi pare di ricordare sia un tuo beniamino...
RispondiEliminaMi fiondo a vederlo!
EliminaIl video vinse un frappo di premi. Non tanto per il lavoro del Toddster quanto per il viaggio a la matrix della pallottola. Il tratto di McFarlane funziona se non semplificato. Non è uno storyteller e nemmeno la cosa lo interessa. La sintesi del cartone animato toglie qualcosa al fascino dei suoi corpi che altrove sono impigliati in ragnatele spaghetto o mantelli dalle mille pieghe. E' anche vero che si tratta di roba di quasi vent'anni fa. Oggi è Cartoon Network che mostra la via con i suoi Adventure Time e Steven Universe.
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