Capolinea, almeno temporaneo,
della saga di Thorgal e dei suoi Mondi. O così mi pare di intuire, ché
raccapezzarsi tra tutti quei volumi usciti, anche a distanza di anni, non è
facile. E qui Yann si ricollega addirittura all’episodio 25, che sarà uscito almeno
vent’anni fa.
La trama si sviluppa su quattro
direttive portanti che ai vecchi tempi avrebbero meritato ciascuna un volume:
il ricongiungimento con Zajkar e Zim e una prima vittoria contro i loro nemici,
la quest per trovare il rimedio
vegetale che guarirà Aniel (la cosa è assai complicata: coesistendo in lui
altre due entità c’è il rischio di annichilire il vero Aniel), la battaglia
finale contro le Yenhaas e, sul finale, gli accesi dibattiti con la famiglia
riunita al gran completo per decidere se somministrare o meno ad Aniel l’ultima
dose dell’antidoto. Forse ho esagerato e non so se in effetti ognuno di questi
argomenti avrebbe meritato un volume a sé, però è innegabile che in Aniel tutto succede con una rapidità
disarmante, che non significa un ritmo incalzante ma delle soluzioni che
sembrano affrettate. Possibile che il popolo dei Myrm non fosse stato in grado,
a un anno dall’invasione, di elaborare una strategia di difesa come quella che
Thorgal mette a punto dopo aver appiedato quasi per caso una cavallerizza
nemica? Era proprio necessario che Armenos inventasse il suo scafandro per
avvicinarsi alle piante mortali quando per Thorgal è sufficiente trattenere il
respiro? Molti personaggi sembrano poi comparire sulla scena con tempismo talmente
perfetto da risultare forzato, anche se non dubito che la fitta rete di
collegamenti e rimandi tra le varie serie giustifichi pienamente la loro
apparizione (anche perché vatti a ricordare come eravamo rimasti alla fine
dell’ultimo volume). E la rivelazione che un tradimento alla base della
situazione attuale fosse tutt’altro sembra una boutade per chiudere in fretta un capitolo piuttosto che un colpo
di scena premeditato.
Beninteso, Aniel offre un bel po’ di esotismo, di sense of wonder e di azione e soprattutto lo scioglimento delle
trame intessute in tutti questi anni sulla serie titolare e sui molteplici
spin-off –anche se apre nuove prospettive, com’è giusto che sia per una serie
di successo. Inoltre la scena finale vagamente umoristica si fa apprezzare.
Solo che Yann sembra essere stato costretto a correre e a bruciarsi così la
possibilità di elaborare delle scene epiche, di spiegare meglio certi passaggi
e sviluppare a dovere alcuni personaggi.
Per quel che riguarda la parte
grafica, Rosinski accusa i segni dell’età. O almeno questo è quello che mi è
venuto spontaneo pensare nel vedere il suo impressionismo più estremizzato che
in passato, con un mix meno coerente di elementi realizzati al tratto e altri
direttamente con colori diluiti o materici. Il punto, però, è che il risultato
finale è più efficace che negli scorsi episodi in cui aveva lavorato en couleur
directe. Potrebbe quindi anche essere un’evoluzione voluta del suo stile,
se non fosse che non tutte le figure sono armoniose o simmetriche, a volte il
colore è risolto con masse uniformi e nelle ultime pagine (già visibilmente
meno curate delle prime) alcuni volti sono praticamente uguali anche se
appartengono a persone diverse. Però i suoi personaggi sono molto espressivi e
i suoi paesaggi spettacolari.
Pur con le magagne che ho
rilevato (forse dovute alle ingerenze redazionali di Le Lombard, responsabile
anche di un posizionamento a volte infelice dei balloon), Aniel è una lettura tutto sommato piacevole e appassionante.
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