Secondo trittico che conclude la serie delle Aquile,
meritoriamente presentata da Mondadori in due soli volumi consecutivi. Stavolta
il protagonista ha il corpo di James O’Brady e la personalità di Hans Raeder.
Come già avvenuto nello scorso
numero, col primo capitolo La tempesta
viene introdotto il personaggio principale e l’ambiente che gli ruota attorno.
James è il giovane rampollo di Seamus, un ex aviatore statunitense che a
seguito di una ferita subita durante la Prima Guerra Mondiale (non ho trovato
corrispondenza con il precedente volume) ha dovuto rinunciare a volare ma ha
costruito un impero economico nel settore dell’industria pesante. Miliardario
spregiudicato, ha già deciso il futuro del figlio ed è ben lieto di fare affari
con i nazisti. Il rapporto tra i due degenera: diseredato, James si arruola
nell’USAAF e così può concretizzarsi l’evento alla base della serie.
Il secondo episodio, Doppio gioco, mostra il difficile
inserimento di Hans/James nelle file di quelli che per lui dovrebbero essere i
nemici (tanto che qualcuno giustamente sospetta di lui), insieme ad alcune
nefandezze che compie. A differenza di Adler,
qui l’elemento sovrannaturale è più marcato e quasi manifesto, anche se ancora
ammantato di mistero.
Nell’ultimo capitolo, Alle origine del male, si scioglie il
nodo centrale di questa storia bicefala dal punto di vista di James
rimpossessatosi del suo corpo, dopo una trentina scarsa di pagine che
raccontando delle vicissitudini belliche di Hans. Il volume si conclude con una
domanda, un finale aperto che difficilmente troverà seguito con ulteriori
episodi.
Con mia sorpresa, gli autori sono
cambiati rispetto a quelli di Adler:
d’altra parte, per quanto i disegnatori francesi moderni siano digitalizzati,
realizzare sei albi in tre anni è un’impresa impossibile. Lo sceneggiatore
Wallace (al secolo Stéphane Carpentier) ha comunque uno stile identico a quello
di Buendia: infila un sacco di roba nello spazio canonico di un albo francese
da 46 tavole, col risultato di sembrare un po’ affrettato e di non approfondire
più di tanto certi personaggi, che a volte compaiono sulla scena senza alcuna spiegazione
che ne giustifichi la presenza, visto che non c’era lo spazio materiale per
mettercela. Va poi detto che non amando le scene di combattimento aereo ho
trovato più interessante la sottotrama col padre di James e il geologo Cabrini
che cercano petrolio in Africa, ma ovviamente essendo un elemento satellitare
non le viene dedicato lo spazio che avrebbe meritato.
Julien Camp è sicuramente un
bravo disegnatore, ancora più lodevole se pensiamo che questo è il suo esordio
nel campo del fumetto. Il suo tratto è però poco marcato e a questo va aggiunto
che il lavoro coi colori digitali, per quanto molto buono (ottima la resa dei
riflessi e dei corpi immersi nell’acqua), è un po’ troppo marcato e invasivo. Molte
vignette sarebbero perfette come illustrazioni, ma in generale mi è sembrato di
vedere le schermate di un videogioco più che delle tavole a fumetti.
Nel complesso l’operazione Adler/Eagle non ha forse avuto la possibilità di svilupparsi
compiutamente. Non dico che sia stata un’occasione mancata, ma di carne al
fuoco ne è stata messa tantissima e alcuni aspetti di entrambe le storie
avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Certo, affidare a degli autori
poco conosciuti delle serie più lunghe di tre episodi o volumi più corposi dei
soliti sarebbe stato un bell’azzardo. Anche se non mi riferivo all’aspetto
sovrannaturale della vicenda, vedrei bene un ulteriore trittico con
protagonista il deus ex machina Sailosi
ma probabilmente lo dico influenzato da Berceuse
Assassine di Tome e Meyer. In definitiva, forse è meglio accogliere il
suggerimento di Sergio Brancato che nell’introduzione parla della serie come di
un’analisi della natura umana, senza farsi troppe domande o rimpiangere le
possibili diramazioni che non sono state prese. Tanto per gli amanti di aerei
questi due volumi saranno una goduria in ogni caso.
Marchio di fabbrica della collana
Historica, a pagina 142 c’è l’inversione di due battute.
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