Non è che sia proprio memorabile
questa ennesima interpretazione di Batman, sebbene a opera di Warren Ellis.
Suggestiva, certo, ma (almeno per adesso) poco concludente. Ellis si concentra
sulla caratteristica di detective di Batman/Bruce Wayne, facendone seguire i
metodi di indagine e le intuizioni. Molti elementi sono pervasi di scrupoloso
realismo o perlomeno Ellis riesce a farli sembrare tali.
Dall’indagine sulla morte di un
poveraccio che non dava fastidio a nessuno si passa a situazioni sempre più
pericolose che coinvolgeranno anche il personale e i pazienti dell’Arkham
Asylum. Sullo sfondo prende sempre più piede la presenza del “Disprezzo” e di
un gruppo di tizi tatuati che lo propugna. Parti con molto testo si alternano
ad altre totalmente mute affidate solo all’azione. E vorrei ben vedere: ai
disegni c’è lo spettacolare Bryan Hitch. Secondo me è inchiostrato meglio da
Kevin Nowlan, che costringe le sue eventuali intemperanze in un’inchiostrazione
più rigida e controllata. Quando si inchiostra da solo è un po’ più caotico.
Come sempre l’uso di riferimenti fotografici è un bene e un male: Alfred cambia
volto a seconda del modello (Vincent Price, forse Mickey Rooney, sicuramente
qualcun altro che ho riconosciuto ma di cui non ricordo il nome) e spesso i personaggi
di contorno hanno veramente tutti la stessa faccia, cosa che però con l’arrivo
dell’Esercito del Disprezzo ha un suo perché.
Negli scambi di battute di Batman
con Alfred e il Commissario Gordon emergono delle giuste critiche alle logiche
dietro ad alcuni stereotipi della serie, come il fatto che Bruce Wayne potrebbe
semplicemente comprare Gotham e liberarla dal crimine, o attutire quelle
politiche economiche che svantaggiano alcuni portandoli sulla strada del
crimine. Probabilmente nascono con intenti umoristici, però sono degli
interessanti spunti di riflessione a cui Warren Ellis (o il supervisore?) dà
delle giustificazioni logiche o perlomeno credibili nel contesto del fumetto.
Anche il Batman costretto a farsi a piedi Gotham ha ovviamente una punta di
umorismo ma, complici i disegni dettagliatissimi, lo proietta in una dimensione
incredibilmente realistica.
La storia sembra inizialmente
svilupparsi su una struttura che raggruppa gli episodi a coppie, pur con una
trama comune sullo sfondo, per cui ogni due capitoli viene aperto e chiuso un
caso. Fosse davvero così, la scelta della Panini di pubblicare sei comic book
per volta di questa serie di 12 sarebbe stata sensata. Purtroppo non è affatto
così: la trama si sviluppa nell’arco di tutti e dodici gli episodi e questo
primo volume termina con un “bel” cliffhanger!
Anche se non si tratta proprio di
un fumetto eccezionale (i nomi coinvolti avrebbero lasciato sperare che lo
fosse), La Tomba di Batman è pur
sempre una piacevole lettura. E chissà, magari alla fine della lettura
risulterà veramente essere un fumetto eccezionale.
Per la cronaca, la tomba del
titolo è quella, ancora vuota, posta accanto a quella dei genitori di Bruce
Wayne, che Alfred cura amorevolmente in attesa che ci finisca anche lui. Puro
elemento decorativo o alla fine avrà un ruolo rilevante nella storia?
Visto in rete. Direi anche David Niven. Nella saga Batman RIP ( Grant Morrison/Tony Daniel ) anche la modella Jezebel Jet dice a Bats Wayne che per la Batcave deve spendere quanto basterebbe a risanare il bilancio del paese africano dove è nata. Diciamo che Gotham è un posto che esiste solo nella zucca traumatizzata di un bimbo di 10 anni che non riesce a superare il momento in cui ha capito che il mondo poteva essere un posto triste e solitario e finale. Un parco divertimenti macabro in cui alla fin fine tutto torna a posto. Anche il Joker del team up con Punisher degli anni novanta ( Dixon/Romita jr ) dice a Frank Castle che anche Bats deve aver perso qualcuno di cao, ma quando era bimbo e questo spiega tutti quei gadgets. Bryan Talbot in una famosa Legend of the Dark Knight immagina che tutto quanto è il delirio di un clochard alcolizzato. Difficile scrivere e disegnare un Bat tale che sorprenda. Alfred Pennyworth ex soldato ex attore in un buen retiro alla Goldenye scrive le sue memorie come una spy story in cui è un orfano che consacra la sua vita a fermare la pittoresca spia che ha ucciso i suoi mentori. Il manoscritto finisce nelle mani sbagliate e qualcuno ci vede una minaccia x una operazione in corso. Codename Now Landing deve scappare x la sua vita. Forse è vero, forse alza troppo il gomito, forse è tutta una recita, una ultima avventura scritta dalla sua amata Cat Kyle che lo agli sgoccioli. Uno zinzino Sei/tre giorni del Condor, uno zinzino tante altre zuppe, ma come ami dire le note sono e restano sette.
RispondiEliminagoooooooool!
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