giovedì 17 settembre 2020

Tex Stella d'Oro 31: La Frustata

Fortunatamente questo è uno di quei volumi extra-large in cui la Bonelli ha sfruttato appieno le dimensioni più ariose. Spero ce ne siano altri. Non solo: coerentemente con la matrice franco-belga del formato, il bravo Mario Milano si è rifatto alla lezione di Jean Giraud, come dichiarato anche nell’introduzione di Davide Bonelli, e mi sembra che anche il colorista Matteo Vattani abbia tratto ispirazione dagli ultimi albi di Blueberry, almeno per una buona prima metà del volume.

La trama vede due percorsi che si incrociano: il bandito Diego Portela ha finalmente raccolto abbastanza uomini per vendicarsi di chi gli ha inflitto le frustate che lo hanno deturpato (ben più della sola citata nel titolo), mentre Tex e Kit Carson inseguono dei ladri d’argento oltre il Rio Grande fino alla base del loro capo: proprio il tizio che Portela vuole ammazzare. Ad arricchire il quadro ci sono le pistole “magiche” di Portela che la madre bruja, cioè strega, gli ha incantato dopo avergli salvato la vita dalle nerbate. Considerando la procedente prova che ho letto di Ruju mi viene da pensare che abbia un feticismo per le pistole. Il vecchio haciendero intrallazzone però è morto di fresco (Tex e Kit piombano nella hacienda proprio alla fine del funerale) e la bella figlia dovrà prendere le redini dell’attività di famiglia, ignara degli aspetti più illegali – o così sembra. Visto che la vendetta del bandito ricade su di lei ma si estende indiscriminatamente anche sui suoi servi e sugli altri innocenti attardati al funerale, Tex prende in mano la situazione e si incarica di proteggerli e di parlamentare con Portela.

Ma il bandito non vuole cedere e così a pagina 35 inizia una sequenza flamboyant in cui un Tex disarmato (ma per poco) sgomina da solo (o quasi) tutta la sua banda! Per fortuna la chiave della storia non è qui, ma nelle sequenze finali che riveleranno le vere intenzioni di un personaggio e ne riporteranno in scena un altro. La Frustata è insomma una storia molto ben architettata e addirittura con un buon margine di originalità pur basandosi inevitabilmente su alcuni stereotipi del western. Menzione d’onore per i dialoghi: Tex spiega per filo e per segno perché fa quello che fa (non solo lui in effetti), ma Ruju scrive le battute con una naturalezza che non le rende affatto artefatte; più che altro sembra un soldato che giustamente valuta le opzioni di cui dispone – e in fondo è questo il ruolo che ricopre nella storia. Non avendo visto il film omonimo che nell’introduzione viene citato come ispirazione della copertina non posso dire quanto il tutto sia farina del sacco di Pasquale Ruju (stando alle parole di Davide Bonelli non ci sono legami con quel film) ma come lettura è comunque ottima.

Tornando ai disegni, oltre all’abilità tecnica va riconosciuta a Milano anche l’intelligenza con cui ha preso a modello degli attori per i volti delle “comparse”: uno dei tirapiedi di Portela è Lee Van Cleef, mentre Octavio è Fernando Sancho, un caratterista visto in tanti spaghetti western ma (credo) anche in qualche parodia con Franco e Ciccio. Così i personaggi secondari hanno abbastanza personalità per distinguerli subito uno dall’altro e al lettore rimane una piacevole sensazione di familiarità anche se non ricorda dove ha già visto un viso o non riesce ad associargli un nome. Ammetto di averci messo un po’ per risalire a Fernando Sancho, in effetti.

4 commenti:

  1. Nel recente Color Tex ci sono Antony Quinn e Rita Hayworth (forse anche un altro che non è stato individuato).

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  2. Ho tutti questi Tex Stella d'Oro, ma ne ho letti solo alcuni, e devo dire che sono stati tutti deludenti, compreso questo. Questa storia avrebbe avuto senso se sviluppata su almeno un paio di numeri del Tex mensile, ma compressa in una cinquantina di pagine rende lo spessore dei personaggi infinitesimale.

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    1. Io invece l'ho trovata abbastanza densa e complessa (o almeno più articolata degli altri Tex "alla francese"). I personaggi ti sono sembrati poco approfonditi? Ma in fondo in fondo sono stereotipi del genere western, non hanno bisogno di molto background.

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