All’inizio le storielline mute senza senso basate su scene splatter sono anche divertenti, anche perché servite con l’accompagnamento di disegni molto buoni, e tutto sommato anche quelle con dialoghi e didascalie si fanno leggere anche se sono piuttosto verbose. Ma il gioco stufa presto e il girare a vuoto dei soggetti più articolati, anche se qualche senso o morale lo si può trovare, diventa stucchevole anche a causa dell’ostentata volontà di épater la bourgeoisie, o meglio épater les garçons qui lisent lex X-Men.
Per fortuna Columbia crea anche un abbozzo di serie all’interno di queste storie: Pim e Franciee. L’approccio è il medesimo del resto, con argomenti scabrosi, sequenze disturbanti e dialoghi (e azioni…) taglienti, ma qui c’è almeno la volontà di creare qualcosa di meno estemporaneo e di più articolato, omaggiando magari certi classici del fumetto. Ironia della sorte, Pim e Franciee finisce con un «continua» che non avrà seguito, anche se poi i personaggi tornano con un’altra storia breve che non è il proseguimento della precedente. Poco male, anzi quasi meglio visto che così la serie diventa ancora più surreale.
Il tratto di Columbia è deciso e corposo, di solito pieno di dettagli anche se si modifica a seconda delle circostanze e delle necessità e può incanalarsi in forme più sintetiche o al contrario integrarsi di retini e altri effetti. Virato prevedibilmente sul grottesco, tradisce però una buona conoscenza dell’anatomia, della prospettiva e della regia. E i suoi personaggi, che siano dettagliatissimi o risolti con pochi tratti, sono molto espressivi. Una cura particolare viene dedicata al lettering realizzato a mano e a volta assai arzigogolato. Non deve essere stato così banale trovare i font giusti per la Hollow Press, e di ricostruire l’impatto originale ovviamente non se ne parla. Tanto artefatto ed elaborato era il lettering di Columbia che a pagina 21 uno «shut up» è sfuggito ai revisori dell’edizione italiana da quanto è ben mimetizzato. E non escludo che ci siano altre parole meno evidenti sparse in giro, come ad esempio a pagina 33.
Pur presentando qualche situazione interessante o anche blandamente divertente, The biologic show si apprezza di più per l’aspetto grafico che per i testi. Certo, per 16 euro la Hollow Press offre un solido cartonato la cui copertina ha anche un effetto in rilievo, la stampa è fatta come si deve (tranne che per un paio di tavole di Castigian) e il volume conta più di 80 pagine (anche se verso la fine vengono riproposte delle già vignette viste in una storia precedente), ma alla fine sono rimasto comunque perplesso, quasi un po’ incazzato, nel vedere tanto talento buttato via per assecondare dei soggetti balzani che vorrebbero essere shockanti e (forse) densi di significato ma finiscono per risultare pretenziosi e ridicoli.
Mi pare di ricordae che Al Columbia abbia prodotto un intero numero inedito di Big Numbers, il progetto non completato, di Alan Moore e Bill Sienkiewicz.
RispondiEliminaProdotto e distrutto dalla rabbia di non vederlo pubblicato, stando a indiscrezioni che lo stesso autore ha cavalcato!
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