Altre anatomie argentine: i dimenticati
Qualche tempo fa abbiamo parlato di come alcuni dei più grandi disegnatori della scuola argentina abbiano risolto ognuno a modo suo il problema dell’anatomia umana e della sua applicazione al fumetto. A rileggerlo oggi quel pezzo sembra poco più che un tentativo di sfondare una porta aperta; anzi, di aprire delicatamente una porta già abbondantemente sfondata e risfondata da altri…
Perché Zanotto, Altuna, Alcatena, Enrique Breccia e Alberto Salinas sono, chi più chi meno, delle star del fumetto riconosciute e celebrate da tanti. L’analisi della loro interpretazione dell’anatomia è in fondo l’ennesimo tributo che viene reso alla loro grandezza. Ma all’ombra di questi colossi esiste una moltitudine di disegnatori meno celebrati, meno fortunati e forse anche meno bravi, vittime però di un ingiusto oblio assolutamente immeritato. Si tratta di quei disegnatori che forse non vedremo mai su Euracomix o I giganti dell’avventura, ma che dalle pagine di Lanciostory e Skorpio sanno ancora appassionare e affascinare i lettori. Sono professionisti che non hanno saputo legare il loro nome a un successo duraturo; oppure che hanno adattato con troppa disinvoltura il loro stile a canoni più modesti; o ancora che si limitano ad eseguire con coscienza ma senza troppo entusiasmo il loro lavoro. In effetti, molti disegnatori potrebbero rientrare nella categoria ed i criteri con cui è stata organizzata la rassegna di cui sotto sono assolutamente arbitrari e criticabili. Capita però a volte che un disegnatore non eccelso abbia un particolare stile che ce lo rende comunque “simpatico”, oppure può succedere che un autore poco celebrato ci appaia in un certo periodo più ignorato del solito quando noi vorremmo vederlo celebrato come merita. Con tali premesse, quale valore può avere l’analisi dello stile di un Vogt o di un Olivera? Se non altro, per una volta i riflettori saranno puntati su quei disegnatori di cui ci si dimentica troppo facilmente quando invece talvolta meriterebbero di figurare nel novero dei colleghi più famosi. (comunque non facciamola tanto drammatica: I dimenticati è principalmente la citazione di una vecchia serie di Casalla e non certo la constatazione che questi autori hanno concluso il loro ciclo)
Carlos Pedrazzini
Per concludere questa rassegna, ricordiamo un disegnatore che senz’altro non è Zanotto o Garcia Seijas, ma che deve il suo anonimato più alla sfortuna che non alla mancanza di doti. Carlos Pedrazzini può essere preso a simbolo di tutti quei fumettisti cui non manca certo la professionalità, ma che non hanno abbastanza furbizia, prontezza o raccomandazioni per ritagliarsi il giusto spazio nell’ambiente.
Saltiamo a piè pari i dati biografici (e d’altronde Pedrazzini non è certo un autore che figura nelle enciclopedie del fumetto) e proviamo a ricostruirne il percorso artistico. Di certo è attivo sin dagli anni ’70, anche se oggi è difficile riconoscerlo in quei vecchi liberi: in pratica non fa altro che copiare Mandrafina. E lo fa anche bene: indicativa a tal riguardo è la storia L’invincibile armata in Serie fantasy. La prassi di rifarsi allo stile del disegnatore in voga al momento è stata la palestra che ha formato moltissimi professionisti ma Pedrazzini dopo questa inevitabile gavetta non si stacca dal modello per produrre qualcosa di autonomo, si ritrova soltanto impegnato a fare da “vice” a un altro modello: Garcia Seijas. Il quale, dopo vari problemi economici con Record e Columba, abbandonò alcune serie che dovevano pur essere concluse. Angel Fernandez portò a termine con buon esito Kevin mentre a Pedrazzini toccò l’incombenza di continuare Skorpio e Mandy Riley. E per quanto bravo possa essere un disegnatore, di Garcia Seijas ne esiste uno solo…L’immagine del povero Pedrazzini è stata per anni legata a quella di un maldestro rifacitore dello stile altrui. In Italia fu accusato di copiare il Maestro Garcia Seijas senza possederne le qualità (il che comunque è vero) mentre in Argentina lo stesso Garcia Seijas si arrabbiò per il proseguimento coatto delle sue serie alla Record senza che la sua opinione in merito contasse qualcosa (e pure lui aveva piena ragione). Pedrazzini continuò a comparire su Lanciostory e Skorpio, maturando il suo stile tra l’indifferenza più totale. Per sbarcare il lunario proseguì la striscia Dick l’artigliere, inchiostrò poi qualche comic book (come Robin Annual 2: looking sharp, di cui inchiostrò solo la metà) e disegnò anche dei ridicoli fumetti porno che firmò Salomon Grundig.
Un bel giorno anche per lui arrivò l’Occasione: nei primi anni ’90 Robin Wood stava mettendo in cantiere nuove serie progettate in esclusiva per Lanciostory e Skorpio (che negli anni ’80 avevano smaltito molta della sua produzione precedente). Una di queste, Munro, fu affidata proprio a Pedrazzini. Fu grossomodo in occasione della pubblicazione di questa serie, cominciata su Skorpio 26 del 1992, che l’Eura sancì con decisione il nuovo modo di presentare fumetti sulle pagine delle sue riviste. Avendo commissionato agli autori del materiale apposito realizzato in esclusiva, ora la casa editrice romana poteva controllarne direttamente la creazione e gli sviluppi. Così le nuove serie “eterne” di Wood potevano godere di una pubblicazione regolare a ogni uscita della rivista, per venire interrotte periodicamente in attesa della realizzazione di un numero sufficiente di nuovi episodi. In effetti fu proprio Munro a inaugurare questo nuovo criterio di pubblicazione (mentre prima le saghe più lunghe venivano presentate ogni volta che un nuovo episodio era pronto, il che poteva comportare anche mesi di attesa).
Non è il caso di soffermarsi sulle perfette sceneggiature di Wood: l’avventura è il suo genere preferito e in Munro lo si vede chiaramente. Pedrazzini, invece, dovette fare un breve rodaggio prima di entrare in sintonia con la storia: nei primi episodi, ad esempio, il protagonista cambia volto di vignetta in vignetta. Ma quando il disegnatore ebbe “digerito” a dovere Munro i risultati furono sorprendenti. Pedrazzini non si trasformò come per magia in Zanotto, ma divenne semplicemente un ottimo professionista che finalmente aveva trovato lo spazio adatto (e forse qualche lettore si sarà chiesto perché in passato gli fossero stati affidati solo pochi liberi). Munro ebbe il meritato successo ed esaurita la prima scorta di episodi tornò come promesso un anno e mezzo dopo, su Skorpio 4 del 1994. E da brava serie “eterna” senza una conclusione stabilita, ne fu annunciata una terza tranche di episodi, incentrati sulla guerra del Chaco combattuta negli anni ’30 tra Argentina e Uruguay. L’ambientazione poco battuta e il fatto che Wood l’amasse particolarmente promettevano faville. E invece non se ne fece nulla.
Da metà anni ’90, infatti, l’Eura puntò sul potenziamento e lo sviluppo delle serie di maggior successo, col risultato indiretto di confinare Wood quasi esclusivamente su Dago, Amanda e Martin Hel. Tutte le sue altre serie storiche, perfino il vecchio Nippur, vennero progressivamente sacrificate. I riflettori furono quindi puntati su Pedrazzini solo il tempo di una quarantina di episodi, e dopo anni di onesto ma anonimo professionismo lo spiraglio che faceva intravedere la sua definitiva affermazione si chiuse di colpo. All’Eura non si dimenticarono certo di lui, ma gli affidarono un compito che di fatto lo fece passare dalla padella alla brace.
Intorno al 1994-95, come ricordavamo, l’Eura Editoriale cercò di potenziare le serie di maggior successo e ciò si tradusse in un’accelerazione improvvisa dei ritmi di produzione, tanto più che coi nuovi volumetti monografici i disegnatori dovettero sobbarcarsi l’onere di 48 o 96 tavole mensili in più. Carlos Meglia, già rapidissimo, si fece aiutare con ottimi risultati da qualche collega, Alfredo Falugi bruciò sull’altare della serialità quasi tutte le sue qualità, Angel Fernandez assunse qualche collaboratore in più e ad Alberto Salinas sarebbe toccato decuplicare la sua produzione. Ovviamente il padre grafico di Dago non avrebbe mai potuto sostenere tali ritmi e gli fu quindi affidato un equipo che disegnasse sotto la sua supervisione. Carlos Pedrazzini (insieme forse a Mulko e a Roman, e con un altro disegnatore che faceva i “labbroni” alla Horacio Altuna) fu della partita. Il risultato finale fu un disastro (in pratica di Salinas non restavano che le vignette fatte col compasso) e anche all’Eura se ne accorsero ben presto. Prima gli episodi dell’equipo vennero alternati con altri prodotti in prima persona da Salinas e infine l’esperienza si concluse, tra il sollievo di molti, col ritorno in pianta stabile del disegnatore ufficiale e poi finalmente con l’arrivo di Carlos Gomez. Questo avveniva su Lanciostory. Il monografico fu invece infestato dall’equipo Dago per un bel po’ di tempo e chi era l’unico componente le cui generalità vennero fornite attirandosi così il giusto disprezzo dei lettori che non avevano più il “loro” Dago? Carlos Pedrazzini.
Triste destino il suo (che però assomiglia a quello di tanti altri disegnatori): di doti ne aveva, ma non gli sono servite ad altro che a raggiungere il dimenticatoio dopo essere passato attraverso l’indifferenza e il disprezzo. Qualche tempo fa (era la fine del 1996) Lanciostory ha ospitato una sua miniserie scritta da Ferrari, Magicamerica, e poi più nulla. Forse, se è ancora attivo nel campo del fumetto, Carlos Pedrazzini sta felicemente continuando la sua carriera per mercati che non raggiungono l’Italia. O forse sta lavorando dietro le quinte e nessuno lo sa. Di certo il suo nome è del tutto sparito dalla scena. Speriamo che abbia vinto alla lotteria.
[in effetti Pedrazzini ha avuto un destino migliore che vincere alla lotteria: dal numero 12 del 2006 Skorpio presenta infatti una nuova serie scritta da Wood, Joan, di cui gli sono stati affidati i disegni e che ha anche avuto l’onore di una ristampa quasi immediata su Euracomix – attualmente è questa la sua attività principale anche se i lettori dell’Eura/Aurea hanno potuto ammirare negli ultimi anni anche copertine e fumetti meno recenti a sua firma]
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