Altre anatomie argentine: i dimenticati
Qualche tempo fa abbiamo parlato di come alcuni dei più grandi disegnatori della scuola argentina abbiano risolto ognuno a modo suo il problema dell’anatomia umana e della sua applicazione al fumetto. A rileggerlo oggi quel pezzo sembra poco più che un tentativo di sfondare una porta aperta; anzi, di aprire delicatamente una porta già abbondantemente sfondata e risfondata da altri…
Perché Zanotto, Altuna, Alcatena, Enrique Breccia e Alberto Salinas sono, chi più chi meno, delle star del fumetto riconosciute e celebrate da tanti. L’analisi della loro interpretazione dell’anatomia è in fondo l’ennesimo tributo che viene reso alla loro grandezza. Ma all’ombra di questi colossi esiste una moltitudine di disegnatori meno celebrati, meno fortunati e forse anche meno bravi, vittime però di un ingiusto oblio assolutamente immeritato. Si tratta di quei disegnatori che forse non vedremo mai su Euracomix o I giganti dell’avventura, ma che dalle pagine di Lanciostory e Skorpio sanno ancora appassionare e affascinare i lettori. Sono professionisti che non hanno saputo legare il loro nome a un successo duraturo; oppure che hanno adattato con troppa disinvoltura il loro stile a canoni più modesti; o ancora che si limitano ad eseguire con coscienza ma senza troppo entusiasmo il loro lavoro. In effetti, molti disegnatori potrebbero rientrare nella categoria ed i criteri con cui è stata organizzata la rassegna di cui sotto sono assolutamente arbitrari e criticabili. Capita però a volte che un disegnatore non eccelso abbia un particolare stile che ce lo rende comunque “simpatico”, oppure può succedere che un autore poco celebrato ci appaia in un certo periodo più ignorato del solito quando noi vorremmo vederlo celebrato come merita. Con tali premesse, quale valore può avere l’analisi dello stile di un Vogt o di un Olivera? Se non altro, per una volta i riflettori saranno puntati su quei disegnatori di cui ci si dimentica troppo facilmente quando invece talvolta meriterebbero di figurare nel novero dei colleghi più famosi. (comunque non facciamola tanto drammatica: I dimenticati è principalmente la citazione di una vecchia serie di Casalla e non certo la constatazione che questi autori hanno concluso il loro ciclo)Horacio Nestor Lalia
Altro che “dimenticato”: Lalia è un Maestro. E allora perché non viene valorizzato e supportato come merita?
Lalia è nato nel 1941 e ha frequentato la Escuela Panamericana de Arte, fucina di grandissimi talenti come Zanotto e Muñoz. Come è capitato a tantissimi suoi colleghi argentini, viene “scoperto” negli anni ’70 dall’Eura quando l’Editorial Record confeziona Skorpio, sottraendo molti autori alla concorrenza per impegnarli su storie dal maggiore profilo qualitativo. Occasione che l’Eura coglie al volo, facendo trionfalmente arrivare al grande pubblico il meglio della scuola argentina. Le prime serie di Lalia a toccare il suolo italico sul finire degli anni ’70 sono Lord Jim e I misteri di Londra (entrambe scritte da Albiac) e sin da allora si capisce quali sono le atmosfere predilette dal disegnatore: il mistero, il thriller, l’horror. Ciò era già apparso evidente in alcuni liberi e soprattutto nella lunghissima saga di Nekradamus, che Skorpio ospitò già dalla fine del 1977 (questa serie fu ideata da Oesterheld che la scrisse fino alla tragica scomparsa, passò poi a Saccomanno, in un’occasione fu scritta da Trillo e fu ripresa infine da Slavich).
Horacio Lalia ha conosciuto varie evoluzioni stilistiche nel corso della sua carriera (e tuttora riserva qualche sorpresa) ma rimane fondamentalmente fedele a un suo stile netto e carico di ombre. Le sue figure sono caratterizzate da un tratto deciso e realistico che non disdegna però di abbandonarsi a deformazioni anatomiche molto funzionali ai fini della narrazione (le mani gigantesche degli avidi e degli assassini, le bocche spalancate degli stupidi, la pelle di rettile degli strozzini…). Su questa base comune a tutti i suoi disegni Lalia può sbizzarrirsi poi ad applicare le tecniche che ritiene più consone a seconda dell’estro o della partecipazione (perché qualche volta, inutile negarlo, Lalia è anche vissuto di rendita: è il caso di Cayo Bay e Mahelbatan). Abbiamo quindi tutta una serie di chiaroscuri netti, tratteggi seghettati, retini, sfondi ricavati da fotografie, guazzabugli astratti degni di Alberto Breccia e persino inversioni in negativo di alcune vignette. Non paia una bestemmia il paragone con Breccia: anche Lalia ha realizzato una sua riduzione dei Miti di Chtulhu che ha ben poco da invidiare a quella realizzata dal viejo.
Horacio Lalia è stato sempre presente su Lanciostory e Skorpio, ha avuto anche buoni riscontri di pubblico e alcune delle sue serie possono annoverarsi tra quelle “storiche” dell’Eura. Eppure gli è stato dedicato un inserto-omaggio solo perchè la serie che raccoglie, Nekradamus, proposta in volume non ha avuto successo in edicola e la sua bibliografia in volume è limitata appunto a quel solo libro (che tra l’altro non esaurisce minimamente la serie che ospita: v. sotto). Paradossalmente, è uno dei rarissimi autori di cui è stata pubblicata due volte una stessa storia (l’altro sarebbe Oswal, ma nel suo caso si trattava di remake). Questo stato di cose può forse trovare spiegazione con alcune considerazioni.
Per prima cosa, Lalia non ha mai collaborato con gli sceneggiatori di punta dell’Eura. Nessuna serie con Wood e nessuna serie con Trillo: soltanto qualche sporadica collaborazione con Barreiro e Collins. Ovviamente gli autori validi dell’Eura non sono stati solo questi quattro, ma senz’altro Wood, Trillo, Barreiro e Collins sono quelli che più hanno fatto tendenza e hanno avuto più successo, seppure in periodi diversi. Ed è chiaro che uno sceneggiatore che gode di un ottimo seguito e di una grande influenza può riscattare con la sua popolarità anche i suoi lavori meno riusciti, aiutando magari la carriera di un disegnatore che viene riscoperto o valorizzato di riflesso (dopotutto è quello che accade anche sul mercato francobelga, dove i Re Mida Jodorowsky e Van Hamme possono permettersi di affidare le loro storie rispettivamente a giovani sconosciuti di belle speranze e a professionisti né geniali né moderni: pensiamo a Covial, Janjetov, Francq, Denayer, ecc.). Lalia, invece, non ha avuto la fortuna di potersi aggrappare a una “grande firma” per vedersi celebrato. Vale ancora quanto detto poco sopra: gli autori “di punta” non esauriscono certo il novero di tutti gli sceneggiatori bravi, e difatti King, Ferrari e Albiac hanno scritto delle storie bellissime per Lalia, che non sono però riuscite a ottenere la stessa visibilità delle opere dei colleghi più celebrati. Esistono comunque altri fattori, prettamente tecnici e quindi più realistici, che spiegano l’esclusione di Lalia dal meccanismo delle ristampe.
Il suo stile, a volte un po’ deforme e comunque piuttosto cesellato, si presta poco alla colorazione. E per lungo tempo gli inserti di Skorpio sono stati «tuttocolore» mentre Lanciostory, dopo una prima stagione dedicata alla presentazione di inediti, dovette aiutare la rivista gemella a smaltire quelle serie storiche che non si potevano non ristampare per prime. E anche Euracomix, con gli stessi esiti altalenanti, si basava sul colore. Quando finalmente giunse il momento delle massicce e fedeli ristampe de I giganti dell’avventura, stampati in bianco nero, Lalia aveva già intrapreso una svolta artistica che lo allontanava dall’“avventura seriale” più appetibile per la riproposta su questi volumi. E arriviamo così a un altro aspetto singolare di Lalia che ne pregiudica la ristampa: la sua dedizione attuale alle sole storie autoconclusive (tutt’al più divise in due o raramente tre puntate), spesso tratte da racconti preesistenti (ovviamente Poe e Lovecraft sono tra i preferiti dal disegnatore). I volumi antologici composti da storie autoconclusive sono sempre stati aborriti dall’Eura: eccezion fatta per lo specialissimo Un giorno un secolo (che presentava però materiale inedito) e la storia di Enrique Breccia Alta gastronomia in appendice a I giganti dell’avventura 1, nessun libero ha mai avuto l’onore della riproposta in occasioni che non fossero gli inserti o i volumetti omaggio. Circa vent’anni fa l’Eura aveva anche ipotizzato la realizzazione di un Euracomix interamente dedicato ai liberi migliori, ma il progetto non si è mai concretizzato malgrado nella pagina della posta abbia tenuto banco per molto tempo.
Tirando le somme, Horacio Lalia si trova in una posizione poco fortunata per essere riproposto al grande pubblico come meriterebbe: è troppo ricercato, troppo sperimentale, troppo fedele alla sua ricerca per essere manipolato a livello redazionale senza venire spersonalizzato. Per sua fortuna in Francia si sono accorti di lui e hanno raccolto in due volumi i suoi Miti di Chtulhu. Qualche anno fa è uscito per Albin Michel anche il primo episodio di una serie scritta da Gustavo Schimpp: Belzarek, cui ha fatto seguito nel 2000 il secondo tomo La messagère de l’enfer.
Opere principali: Nekradamus (Oesterheld, Saccomanno, Slavich), Rio Bray (Collins), Il viandante del destino (King), L’ispettore Bull (Albiac), La prigione (Barreiro), Calderon e i sogni (Lalia), El Quijote (Lalia, tratto da Cervantes), Carlton (Slavich)
Ristampe e edizioni in volume: quasi nulla della vasta e ottima produzione di Lalia si è vista glorificata con una ristampa in volume: solo Nekradamus su I giganti dell’avventura 3. Si tratta però della raccolta dei soli primi 25 episodi; la serie è stata comunque ristampata integralmente in inserto su Lanciostory dal numero 5 del 2003 al 30 del 2004, comprensiva anche degli episodi scritti da Slavich negli anni ’90.
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