Altre anatomie argentine: i dimenticati
Qualche tempo fa abbiamo parlato di come alcuni dei più grandi disegnatori della scuola argentina abbiano risolto ognuno a modo suo il problema dell’anatomia umana e della sua applicazione al fumetto. A rileggerlo oggi quel pezzo sembra poco più che un tentativo di sfondare una porta aperta; anzi, di aprire delicatamente una porta già abbondantemente sfondata e risfondata da altri…
Perché Zanotto, Altuna, Alcatena, Enrique Breccia e Alberto Salinas sono, chi più chi meno, delle star del fumetto riconosciute e celebrate da tanti. L’analisi della loro interpretazione dell’anatomia è in fondo l’ennesimo tributo che viene reso alla loro grandezza. Ma all’ombra di questi colossi esiste una moltitudine di disegnatori meno celebrati, meno fortunati e forse anche meno bravi, vittime però di un ingiusto oblio assolutamente immeritato. Si tratta di quei disegnatori che forse non vedremo mai su Euracomix o I giganti dell’avventura, ma che dalle pagine di Lanciostory e Skorpio sanno ancora appassionare e affascinare i lettori. Sono professionisti che non hanno saputo legare il loro nome a un successo duraturo; oppure che hanno adattato con troppa disinvoltura il loro stile a canoni più modesti; o ancora che si limitano ad eseguire con coscienza ma senza troppo entusiasmo il loro lavoro. In effetti, molti disegnatori potrebbero rientrare nella categoria ed i criteri con cui è stata organizzata la rassegna di cui sotto sono assolutamente arbitrari e criticabili. Capita però a volte che un disegnatore non eccelso abbia un particolare stile che ce lo rende comunque “simpatico”, oppure può succedere che un autore poco celebrato ci appaia in un certo periodo più ignorato del solito quando noi vorremmo vederlo celebrato come merita. Con tali premesse, quale valore può avere l’analisi dello stile di un Vogt o di un Olivera? Se non altro, per una volta i riflettori saranno puntati su quei disegnatori di cui ci si dimentica troppo facilmente quando invece talvolta meriterebbero di figurare nel novero dei colleghi più famosi. (comunque non facciamola tanto drammatica: I dimenticati è principalmente la citazione di una vecchia serie di Casalla e non certo la constatazione che questi autori hanno concluso il loro ciclo)
Luis “Lucho” Olivera
È nato a Buenos Aires nel 1943 e ha esordito molto giovane nel mondo del fumetto. Per chi leggeva Lanciostory e Skorpio negli anni ’70 pensare a Olivera e alla sua evoluzione come artista è piuttosto doloroso. Dopo alcune prove non entusiasmanti, difatti, rivela tutta la sua carica dirompente e innovativa con opere memorabili, vere pietre miliari del fumetto di cui ancora oggi gli appassionati si ricordano. Pianeta rosso, Ronar, Io, cyborg e i primi episodi di Gilgamesh (quelli scritti da Wood, chè la serie fu in realtà iniziata dallo stesso Olivera) hanno veramente segnato un’epoca, dimostrando come il fumetto possa essere un linguaggio vivo e sperimentale senza perdere in leggibilità.
I primi passi di Lucho Olivera, per fortuna, ci sono stati risparmiati. Lanciostory ha ospitato uno dei suoi primi fumetti realizzati insieme a Wood (Il corazziere dell’imperatore, nel n° 12 del 2000) e i difetti di questo lavoro saranno poi gli stessi della prima stagione di Nippur di Lagash, disegnata dal solo Olivera e inedita in Italia. Le silhouette vengono abbozzate piuttosto grezzamente e anche alcuni dettagli come le mani o gli sfondi denunciano una certa fretta (o approssimazione) nel disegno. La struttura a quattro strisce favorita dall’Editorial Columba è ancora un grosso limite e, come fecero altri disegnatori, per ovviare ad una certa staticità Olivera satura le vignette di grosse campiture o tratteggi che in linea di massima appesantiscono le tavole e basta.
Ma nella prima metà degli anni ’70 Olivera compie un impressionante balzo in avanti. I risultati si vedono principalmente su Skorpio, che ospita le miniserie ideate per la rivista omonima argentina. Si tratta di quelle «pietre miliari» di cui parlavamo sopra.
In piena conformità con l’eclettismo e la suggestione dei testi (probabilmente dovuti a Ricardo Ferrari in incognito dietro il nome del maestro Alfredo Grassi) Olivera disegna delle tavole visionarie e psichedeliche, in cui la raffinata ricerca grafica non va assolutamente a scapito della leggibilità e della narrazione, ma aiuta anzi il fluire delle trame sottolineandone i momenti più intensi e affidando alle barocche divagazioni grafiche la produzione di nuovi significati e ulteriori emozioni. Soggetti ritratti da angolazioni ardite si sposano armoniosamente con una sofisticata scelta dei materiali stessi con cui disegnare. Se Alberto Breccia per un episodio di Mort Cinder era passato sopra una vignetta con una ruota di bicicletta (!) Olivera abbellisce i suoi sfondi con le asettiche decalcomanie usate dai geometri, quelle che normalmente nelle piantine indicano letti, armadi, ecc. E persino lettere e numeri trasferibili possono servire da decoro senza che la loro presenza sia percepita come un fastidio o un errore.
Per quanto concerne la figura umana Olivera compie un’impressionante opera di modernizzazione del fumetto: trovare dei banali campi lunghi o primi piani nelle sue opere degli anni ’70 è quasi impossibile, e quelli che ci sono non hanno nulla a che vedere con le loro controparti classiche. Si può dire senza timore (anzi, lo si dovrebbe urlare) che Olivera ha letteralmente insegnato a una generazione come si disegnano i contrasti chiaroscurali, le fasce muscolari, le inquadrature perpendicolari dall’alto e dal basso, la scultoreità dei corpi, persino le gocce d’acqua…
Guardare una tavola di Olivera voleva dire veramente affacciarsi su un’altra dimensione, onirica e delirante, dove anche le creature più strane o mostruose erano dotate delle giuste proporzioni e di una loro visionaria credibilità. Nemmeno l’occasionale uso del colore arginava l’impeto creativo e sperimentale di Olivera: lo testimoniano qualche rara copertina (ad esempio quella di Skorpio 11 del 1978) e la bellissima storia Invasione (il racconto di Mr. Smith) scritta da Barreiro (su L’Eternauta 20 e poi variamente ristampata).
Olivera fu addirittura designato come successore di Josè Luis Salinas nella realizzazione della strip Dick l’artigliere (scritta dal “vero” Grassi), in cui però inizialmente si rifece al modello di José Luis Salinas.
Forse fu il passaggio dalla griglia di quattro strisce della Columba alla maggiore libertà offerta dalla Editorial Record a scatenare in Olivera la sua spettacolare, quasi furiosa, creazione di un nuovo modo di fare fumetti. Anche se già i primissimi episodi di Gilgamesh (ancora una volta, quelli che in Italia consideriamo i primi episodi, cioè quelli scritti da Wood) testimoniano la sua cura maniacale per i dettagli e la sua capacità di distruggere le convenzioni della letteratura disegnata per rifondarla in maniera più efficace e spettacolare.
Ma la parabola di Lucho Olivera conobbe dopo alcuni anni il suo lento ma inesorabile declino. Anche in questo caso non è semplice definire con precisione delle date. Di sicuro c’è che Io, cyborg e gli altri capolavori della Serie fantasy furono realizzati tra il 1974 e il 1980 mentre il capitolo 44 di Gilgamesh è datato 1983. Arrivato a questo punto della sua saga, Gilgamesh aveva già esaurito da un po’ la sua vena migliore, sia come testo che come disegno, ed è quindi lecito supporre che l’inizio della “stanchezza” di Olivera sia da collocarsi nei primi anni ’80. Già negli indimenticabili episodi dedicati all’apocalisse, infatti, l’epopea dell’Immortale aveva conosciuto dei momenti poco felici a livello grafico (mentre il lirismo di Wood aveva al contrario raggiunto la sua vetta storica) e poco dopo, con la saga “spaziale” di Gilgamesh, la serie avrebbe subito un netto calo qualitativo sia grafico che testuale fino alla “rinascita” con l’arrivo sul pianeta Sumer. Olivera sembra veramente stufo di raccontare le vicende dell’Immortale. Grosse campiture di nero si accumulano nelle vignette che fino a qualche anno prima erano un tripudio di texture e anatomie ricercate. La pesante inchiostrazione è il risultato diretto di un progressivo deformarsi delle anatomie, che ormai si avviano a essere approssimative e sproporzionate. Contemporaneamente (Gilgamesh in patria è continuato anche dopo l’ultimo episodio pubblicato dall’Eura) anche il suo lavoro per la Editorial Record subisce un drastico ridimensionamento. Lavori come Martan, I Successori e Figlio del sole sono ancora caratterizzati da scelte registiche originali, ma la loro efficacia è compromessa dalla eccessiva rapidità con cui sono messe in opera. Le anatomie sono sempre più “tirate via” mentre ormai gli sfondi non ci sono quasi più, oppure compaiono a intermittenza senza nemmeno la giusta continuità tra l’uno e l’altro. I tratteggi si fanno pesanti e sono relegati quasi esclusivamente ai primi piani, alcuni dei quali ancora molto ben disegnati (e quindi assolutamente disomogenei col resto), forse perché disegnati a partire da fotografie. All’interno di una stessa tavola possono convivere semplici schizzi abbozzati e dettagli un po’ più curati, con l’effetto di disorientare il lettore. Tanto più che di solito questi dettagli più curati riguardano le passioni personali di Olivera, che non hanno nessuna attinenza con la storia. Nei liberi e nelle miniserie degli ultimi anni, ad esempio, abbiamo visto celebrati alla rinfusa i quadri di Bosch, le donne che praticano il culturismo, i modelli più moderni di automobile, l’architettura e la scultura classiche e quant’altro interessasse Olivera in quel momento. Anche i balloons sono opera del disegnatore solo quando se ne ricorda. Ormai (fine ‘80-inizio ’90) Olivera non si affida più alla qualità di un disegno pulito e leggibile ma cerca di recuperare terreno ingolfando con tratteggi e retini alcuni elementi poco importanti delle tavole. Indicativamente possiamo dire che Limite esteriore sia stata la sua ultima prova dignitosa (testi di Mazzitelli, tredici episodi a partire da Skorpio 10 del 1993, recentemente ripreso su Lanciostory dopo che sono stati trovati dalla nuova redazione Aurea gli episodi successivi).
Alla fine rimase ben poco del “vecchio” Olivera che aveva incantato i lettori con le miniserie fantascientifiche degli anni ’70. Nel corso del 2002 Lanciostory e Skorpio hanno ospitato ben quattro miniserie disegnate da lui (L’Olandese, Il mendicante, Contro ogni rischio e Dietro la maschera) ma per il resto il suo lavoro è confinato ai liberi di routine, sempre più imprecisi e pesanti a livello grafico. Curiosamente un disegnatore, Heufemann, ne ha ripreso recentemente il nuovo stile esibendo però una maggiore leggibilità.
Chissà chi è stato, in realtà, Luis “Lucho” Olivera. Che sia un po’ pazzo Wood lo ha ripetuto in varie occasioni, resta il dubbio se si tratta di un artista amareggiato che ha coscientemente bruciato la sua carriera o se è un cinico professionista che si affida alla sua gloria passata per continuare a lavorare senza sforzarsi troppo. Ma di sicuro il genio che sconvolse il fumetto e tanto insegnò ai suoi colleghi non è sopravvissuto alle sue opere migliori.
E non è sopravvissuto nemmeno a se stesso. Lucho Olivera è deceduto l'11 novembre del 2005.
Opere principali: le storie autoconclusive di Galaxia cero, in Italia su Skorpio nella Serie fantasy insieme alle miniserie Io, cyborg, Pianeta rosso e Ronar (firmate Grassi ma probabilmente scritte, almeno in parte, da Ferrari), Gilgamesh (Robin Wood per gli episodi editi in Italia, precedentemente lo stesso Olivera e Sergio Mulko per i primissimi episodi e successivamente Alfredo Grassi e Ricardo Ferrari per il seguito pubblicato in Argentina)
Ristampe e edizioni in volume: i liberi e le miniserie di Olivera sono veramente il pezzo forte dei due inserti-omaggio Dimensione fantasy che Lanciostory ospitò in due battute dal n° 13 del 1989 all’8 del 1991. Gilgamesh è stato ristampato su Euracomix ma l’edizione che ne rispetta fedelmente la cronologia e l’integrità delle tavole è quella in dodici volumetti bonelliani editi dall’aprile del 1999. Il piccolo formato ne sacrifica un po’ la resa. L’inserto tuttocolore dedicato all’Immortale (Skorpio 11/1988-6/1989) fu uno dei più fortunati, con un boom di 20.000 richieste per la copertina omaggio.
Le meravigliose prove degli anni ’70 non sono quindi, per il momento, facilmente reperibili. Considerati i mutati equilibri editoriali non è da escludere che, se mai verranno ristampati, a farlo sarà una casa editrici diversa dall’Aurea, come recentemente è successo con altri grandi classici del fumetto argentino pubblicati principalmente da Allagalla e 001 Edizioni.
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