sabato 4 giugno 2011

Lions & Saints - di santi e di leoni

La Lega degli straordinari Santi

L’idea alla base di Lions & Saints è poco meno che geniale: Papa Giulio II convoca una task force di santi della cristianità per indagare sul misterioso sequestro del pittore Michelangelo, in procinto di terminare il suo Giudizio Universale, e possibilmente liberarlo.
In pratica, viene applicato al folklore religioso il principio che Alan Moore aveva adottato per la letteratura popolare nel suo League of Extraordinary Gentlemen, pescando stavolta nel magma di miti e credenze sui santi invece che nei romanzi pulp. Come nel caso di Moore, anche qui il materiale preesitente viene rielaborato e attraverso gli occhi della contemporaneità i santi, per comportamento ma anche per abbigliamento, diventano una forma di supereroi embrionali: è proprio questa la strategia con cui è stato pubbilicizzato il volume.
A comporre il gruppo sono Giovanna d’Arco, Francesco d’Assisi, Giacomo il Maggiore (la cui esistenza ho scoperto leggendo questo fumetto) e Lucia da Siracusa. Come gli Argonauti di Giasone, da alcuni considerati come archetipi seminali alla base della cosmogonia superomistica, anche questi santi hanno delle abilità particolari che li rendono speciali, caratterizzandoli e permettendo loro di superare i vari ostacoli che affronteranno con le loro capacità specifiche. Francesco d’Assisi parla con gli animali e li ammansisce, Lucia da Siracusa ha il dono della preveggenza, la pulzella d’Orleans e Giacomo il Maggiore sono abilissimi guerrieri (il secondo dovrebbe possedere anche quella che gli esperti chiamano pirocinesi).
La trama procede in maniera piacevole e spedita, ma inaspettatamente sembra non volersi prendere troppo sul serio visti i frequenti inserti umoristici di cui è costellata. In realtà accanto a queste gag (alcune piuttosto felici) convive un sottotesto di citazioni colte e non banali che coinvolgono e mettono in relazione fra loro vari personaggi storici. La cosa viene condotta senza ostentazione ed è molto gradevole per il lettore, proprio perchè non ostentata: ognuno può divertirsi a cogliere il riferimento a quel personaggio che per cultura o interessi riesce a identificare. Verso la fine del volume vengono comunque riportate le biografie di tutte le guest appearence, in un formato che fa il paio con la presentazione dei protagonisti e che ricorda vagamente la scelta tipografica di Partie de Chasse di Christin e Bilal (ma perchè il minuscolo dopo i punti? Un omaggio al Bauhaus?).

Lo sceneggiatore Guendal imposta la scrittura in modo da creare un tutt’uno tra testo e disegno, e non si dilunga in spiegazioni o dialoghi chiarificatori. Purtroppo la scelta di usare i disegni come estensione della narrazione e di limitare le didascalie non ha trovato piena realizzazione.
Paola Ramella infatti non è ancora sufficientemente matura come disegnatrice da rendere chiaramente comprensibile quello che succede nelle singole tavole senza affidarsi al supporto dei testi, e talvolta bisogna soffermarsi con attenzione sulle singole vignette per capire cosa succede e in che relazione sono l’una con l’altra: immagino che la sequenza muta di pagina 34 voglia far montare la tensione per le sorti di San Francesco, ma l’impenetrabile fissità granitica dei volti (o peggio, i mezzi sorrisi che sfoggiano) non aiuta.
La doppia tavola delle pagine 36 e 37, poi, cosa dovrebbe rappresentare? La tensione sessuale tra due dei protagonisti?
A Guendal francamente rimprovero solo lo pseudonimo. Non perchè non mi piaccia o lo trovi stupido, ma perchè mi sembra assurdo e controproducente per un esordiente che deve farsi conoscere nascondersi dietro un nom de plume che, in questo caso, può pure generare degli equivoci sul suo sesso (ma forse sono l’unico ad aver collegato “Guendal” a “Guendalina”). Forse come nel caso del bravissimo Lupo Guendal è uno stimato professionista, o comunque svolge un lavoro per cui la doppia natura di “fumettaro” potrebbe generare imbarazzo se si venisse a sapere. O forse si tratta di uno sceneggiatore professionista in incognito – ma non mi risulta che Medda e Casini siano stati vittime di rappresaglie da parte di Bonelli quando fecero il loro Digitus Dei.
Molto buona la risoluzione finale, che mette in scena un originale Leonardo da Vinci (non anticipo nulla, il lettore accorto ha già capito tutto a pagina 11), figura decisamente inflazionata dopo il romanzo di Dan Brown. Efficace anche lo iato di pagina 47, quella con le biografie delle “guest star”, un artificio già visto nei fumetti di altri autori (come gli spagnoli Max e Paco Roca), che però serve egregiamente a dare ritmo e a reintrodurre la cornice in cui è inserita la storia, forse preludio di un prossimo episodio.

Tornando alla Ramella, il suo stile è più illustrativo che fumettistico, forse per la precisa volontà di citare graficamente gli affreschi o le vetrate delle cattedrali. Ma, ahinoi, quelli agiografici di scuola bizantina e tardomedievale, non quelli prorompenti rinascimentali: nella vignetta centrale di pagina 43 la pupilla destra ha addirittura una cosistenza materica indipendente dall’occhio, è un corpo estraneo. A volere cercare altri influssi, forse in controluce possiamo anche intuire Alfonse Mucha e l’Art Nouveau, o magari l’illustratore Jim Fitzpatrick, ma anche qui siamo in un ambito che coi fumetti fa a pugni. In sostanza: contorni delle figure molto ben marcati e pochissima modulazione del tratto nei dettagli. I paesaggi (assai spogli) e le anatomie risultano quindi asettici e bidimensionali e il lupo di pagina 5, tanto per fare un esempio, sembra essere fisso su un piedistallo più che colto nell’atto di saltare – e le linee cinematiche non aiutano, anzi sottolineano ancora di più questa fissità.

È anche vero che nel mondo del fumetto non mancano professionisti di successo che sfoggiano uno stile illustrativo o pittorico poco o nulla narrativo, come Zezelj, Loustal o Baldazzini, ma alla Ramella manca ancora l’immediata piacevolezza di questi e altri esempi. E comunque si tratta di contesti diversi: io difatti vedrei meglio Lions & Saints serializzato sulle pagine del Messaggero dei Ragazzi piuttosto che in un qualsiasi catalogo, fosse pure jeunesse, di una casa editrice d’Oltralpe.

3 commenti:

  1. Ho letto il fumetto, mi è piaciuto! Chiaramente non sono così esperto da andare ad analizzare pupille che escono dall'occhio o supposizioni sullo stile usato piuttosto che sulle fonti di ispirazione, ma leggendo questa recensione ho notato un plateale quanto poco riuscito attacco agli autori del fumetto. Va bene criticare, ma frasi come queste, totalmente al di fuori di quella che è l'opera mi lasciano perplesso: er un esordiente che deve farsi conoscere nascondersi dietro un nom de plume che, in questo caso, può pure generare degli equivoci sul suo sesso....

    Il finale della "critica" è un elenco di artisti, stili, e chi più ne ha più ne metta, per dire cosa?

    Ho letto il fumetto, mi è piaciuto, ho cercato su internet ulteriori notizie, è quello che ho trovato è il solito marketing fatto da Invidia? Mercato? Ignoranza?

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  2. "Il finale della "critica" è un elenco di artisti, stili, e chi più ne ha più ne metta, per dire cosa?"

    Beh, dai, diamo qualche uscita di sicurezza alla Ramella: col tempo migliorerà.

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  3. Tutti migliorano con il tempo, altrimenti sarebbe triste la cosa!

    Diciamo quindi che la base è molto buona, e ci aspettiamo ancora molto da questa artista emergente che di sicuro merita e va seguita!

    Con le mie ricerche ho scovato anche il suo sito: http://www.paolaramella.it/ e devo dire, la cosa non guasta mai, che la Paola Ramella è anche piuttosto carina :-)

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