domenica 20 settembre 2015

Little Tulip

Jerome Charyn è uno sceneggiatore che guardo sempre con un certo sospetto. È vero che ha scritto quel capolavoro che è Bocca del Diavolo, ma come tanti altri romanzieri prestati al fumetto (tra le poche eccezioni, Gianrico Carofiglio) in alcuni lavori come La Moglie del Mago e la Margot disegnata da Frezzato si è lasciato prendere la mano dal gusto per personaggi eccessivi e situazioni larger than life – capirai, sono fumetti! Così come le sue collaborazioni con José Muñoz mi sono sembrate molto velleitarie e I Fratelli Adamov piuttosto pesante – ma in questo secondo caso hanno senz’altro influito anche i disegni di Loustal.
Ho quindi tergiversato un po’ prima di cedere e acquistare questo Little Tulip disegnato da François Boucq, ma ne è valsa la pena. Anche se l’ambientazione è più o meno la stessa, non siamo ai livelli irripetibili di Bocca del Diavolo, ma si tratta senz’altro di un buon fumetto.
Little Tulip segue due linee temporali diverse destinate ovviamente a congiungersi: nel 1970 Paul/Pavel è un tatuatore a New York che presta i suoi servizi al locale dipartimento di polizia vista la sua abilità fenomenale nel tracciare gli identikit e finisce coinvolto nel caso dei “Bad Santa”, stupratori e serial killer che operano camuffati con un cappuccio da Babbo Natale; dal 1943 in poi ci viene narrata la sua vita di figlio di prigionieri politici (il padre è un aspirante scenografo statunitense) mandati in un gulag siberiano.
Pavel ha il dono del disegno e grazie a esso riesce a ottenere una posizione nell’universo degli urka, mandati al confino perché criminali e non per ragioni politiche, e di fatto i veri padroni dei campi di prigionia. Un colpo di testa e la conseguente rottura dello strettissimo codice di comportamento dei criminali farà sì che Pavel venga allontanato dal clan che prima lo aveva accolto, ma ormai l’epoca dei gulag era al tramonto e il protagonista andrà a rifarsi una vita in America, dove però il suo passato lo raggiungerà.
Little Tulip è una storia tesa e cruda, piena di elementi molto suggestivi e documentati (ma purtroppo avendo visto Educazione Siberiana tutto l’esotismo va a farsi friggere) ma in cui un giusto spazio viene dato anche all’azione. A mio avviso la vicenda perde mordente sul finale, inutilmente accelerato (e non penso per problemi di spazio: sono ben 80 le tavole di fumetto) e caratterizzato da un elemento sovrannaturale che non si sposa bene col resto e che sembra un escamotage per giustificare l’improbabile sequenza della carneficina conclusiva.
Ai disegni Boucq si mantiene sempre su un ottimo livello, pur se qua e là mi è parso di cogliere una predilezione per il grottesco ancora maggiore del solito e forse una minore ricchezza di dettagli come si poteva già cogliere nel suo episodio di XIII Mystery. È vero che le sue donne sono dei mostri e che anche i personaggi che non dovrebbero esserlo risultano un po’ deformi, ma la sua abilità nel raccontare per immagini e nel guidare l’occhio del lettore è allo stesso livello di quella di Hermann. Validi anche i colori, nonostante siano digitali e non acquerelli, dati dallo stesso Boucq insieme al fratello o figlio Alexandre.
In definitiva un volume consigliato, tanto più che per quello che offre, cioè un cartonato di grande formato su carta patinata, comprensivo anche di alcune pagine di schizzi preparatori e stampato bene, il costo (16,90€) è più che onesto.

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