venerdì 2 giugno 2017

Historica 56 - Hasta la Victoria! 1: Cuba 1957

Da quindicenne lettore di Nathan Never non mi piaceva affatto il tratto di Casini e per tutta la mia breve vita di lettore occasionale della testata saltavo accuratamente i numeri disegnati da lui.
Forte della maggiore consapevolezza estetica che spero di aver raggiunto (e del fatto che sicuramente l’autore avrebbe curato di più un progetto personale alla francese) ho dato una chance a questo nuovo numero di Historica. Ma non c’è nulla da fare: il tratto grottesco di Casini, i suoi personaggi caricaturali, l’inchiostrazione poco decisa e le sue donne squadrate e bruttine non fanno per me. Tanto più che la colorazione che ha scelto fa sembrare le tavole delle serigrafie con delle grandi campiture di colore a coprire spazi enormi, mentre le figure umane rimangono spesso avvolte in un pallore desolante. Visti i premi che ha vinto Casini, evidentemente è un limite mio, ma tant’è. Peccato, perché la storia è pure interessante.
Nel 1957 sbarca a L’Avana il marinaio Nero Maccanti, indirizzato da un collega verso una pensione in particolare. Qui si trova coinvolto per puro caso (ma sarà vero?) in un complotto contro il governo di Fulgencio Batista, mentre una pletora di altri personaggi animano il primo capitolo, che infatti pur essendo introduttivo conta 54 tavole contro le canoniche 46.
La ricostruzione storica è scrupolosa e affascinante, il protagonista è credibile e non troppo stereotipato (anche a me ha ricordato Corto Maltese) e la narrazione procede guizzante nei rivoli delle piccole storie di cui è composta – il secondo capitolo è nettamente più corale e Nero diventa quasi solo una figura tra le tante che animano la storia. C’è forse appena appena un po’ di didascalismo in alcuni dialoghi, a volte i personaggi tendono a “spiegare” troppo, ma visto che Casini si è sobbarcato quella che deve essere stata una ricerca di documentazione monumentale è anche giusto che faccia vedere di aver “fatto i compiti”.
La trama è insomma interessante e coinvolgente e invoglierebbe a comprare il seguito (Hasta la Victoria! si sviluppa su quattro volumi, qui ne vengono proposti i primi due). Poi però guardo le dita sproporzionate e nodose dei personaggi e mi passa tutta la voglia di sapere come andrà a finire…
Non me ne voglia Casini (che con la sua carriera e i suoi premi dubito sia interessato a quello che penso del suo lavoro), ma proprio non è il mio stile. Va detto anche che la qualità di stampa non è perfetta e il tratto già flebile di Casini viene svilito da una riproduzione che lo rende un po’ flou, maledizione delle moderne tecnologie di acquisizione e successiva riproduzione delle immagini. Molto interessante l’introduzione di Sergio Brancato, una delle migliori lette finora.

5 commenti:

  1. E infatti non solo non te ne voglio, ma ho cercato di trovare anche il tempo per risponderti, pensa un po'.

    Ma tranquillo, negli anni il mio comportamento è stato sempre dettato dal massimo rispetto verso il lettore, dai suoi giudizi e dal suo gusto personale, e così ho sempre fatto. Del resto che vuoi dire ad un lettore che con sincerità ammette che non gli piace il tuo stile, niente, se ne prende atto e basta.
    E questa volta farò lo stesso, non spenderò una parola per convincerti del contrario di ciò che pensi.
    Ma l'occasione per interloquire con un detrattore così sincero ed educato però, è stata ghiotta e pur combattendo la mia ritrosia ad intervenire, due righe ed un po' di tempo voglio spenderlo.
    Mi dispiace che tu abbia saltati i NN disegnati da me, perché penso che qualche volta tu abbia perso l'occasione di leggere una bella storia (magari disegnata male), ma pur sempre bella, e me ne viene in mente due: Gli occhi di uno sconosciuto e L'ultima onda (giusto per consigliartene la lettura).
    Poi, ti confesso che non mi sono mai sentito bonelliano, lo sapevo io, lo sapevano in Bonelli (e per questi ringrazio Sergio per avermi tuttavia tollerato anche se il mio disegno era un po' diverso dagli altri), e ti confesso anche che non ho mai fatto nulla per cambiare, mi sono tenuto i miei tratti spigolosi, le dita nodose (in altre storie le ho perfino accentuate), perché come le rughe sul volto che raccontano il tuo vissuto sottolineando anche la tua personalità, queste mie caratteristiche (per te difetti), ho cercato di renderle personali e trasformandoli in tratti distintivi, più che negarle. Ovvio che non possono piacere a tutti ma, devo dire però, questo non è mai stato il mio obbiettivo. Io, al contrario, ho sempre cercato di "lavorare" sulle mie caratteristiche per rendere il mio tratto personale e riconoscibile, ma questo inevitabilmente scava spesso anche un solco profondo tra i detrattori e gli altri.
    E qui ci si può fare ben poco, convinto come sono che non si può piacere a tutti.
    ...

    RispondiElimina
  2. I premi poi, hanno il valore che hanno, non sanciscono un bel niente, e solo gli sciocchi credono che siano parametri utili a valutare un autore, e lo ribadisco, non lo sono e tu ne sei la prova.

    Negli anni poi, almeno personalmente, ho cercato di lavorare anche sul mio gusto, andando proprio a cercare anche e sopratutto autori che mi piacevano meno, proprio per andare a capire cosa c'era che non capivo o cosa me ne tenesse lontano. A volte ci sono riuscito e a volte meno, ma in questo percorso una cosa però l'ho capita, è che un disegnatore si SCEGLIE anche di non apprezzarlo e di saltare le pubblicazioni che ha realizzato, mentre un autore lo si accetta (e lo si valuta, bene o male ovviamente) nel suo complesso, e su questo qualche risultato l'ho ottenuto e, come lettore, ma anche come autore, credo di essere cresciuto.

    L'aspetto didascalico (che rifuggo come la morte), e solo qui entro nel merito della critica (ma già che ci sono...), e non è per far vedere che "ho fatto bene i compiti", ma è che nell'intento di ricreare l'atmosfera che si respirava nell'isola (evitando di allungare il tutto in pagine da disegnare), credo sia stato necessario anche inserire altri elementi (non tutti funzionali alla narrazione) che delineassero qual'era il sentimento che si viveva nell'isola prima che i Barbudos scendessero dalle montagne e per far capire come le vibrazioni rivoluzionarie erano diffuse anche nella città, pur lontana dai fucili della sierra.
    A questo punto non mi resta che auspicare, seppur con remote possibilità di successo, che tu compri anche il secondo volume, turandoti il naso per i disegni, ma con la convinzione che, nonostante tutto, forse potresti leggere una buona storia.
    Pensaci.


    PS
    Guarda cosa mi vien voglia di consigliarti, fossi in te, giusto per mettere in crisi alcune convinzioni, mi andrei a vedere (prima) ed acquistare (eventualmente poi) il libro "Di altre storie e di altri eroi" della Tunuè (ti avverto, l'ho realizzato io), e non solo perché credo che non troveresti dita nodose, ma sopratutto perché, penso (con presunzione) che magari su certe cose potresti anche ricrederti.

    So long.

    RispondiElimina
  3. Mi
    correggo: "mettere in crisi alcune convinzioni", oppure per confermarle, ma quanto meno per amor di confronto.

    RispondiElimina
  4. Grazie dell'intervento, Stefano, magari a Lucca ci facciamo una chiacchierata e approfondiamo l'argomento.

    RispondiElimina