E finalmente sono riuscito anch’io a leggere l’ultimo Blake e Mortimer, in ritardo mostruoso (persino Fumo di China ne ha parlato nel
frattempo!) per cause imputate come di consueto alla distribuzione.
Attendevo al varco Jean Dufaux, autore postmoderno amante delle frasi a
effetto, delle citazioni e delle didascalie espressive e non descrittive, e
secondo me ha passato più che dignitosamente l’esame del Classico dei Classici.
L’Onda Septimus non è un capolavoro e non è esente da
pecche: Mortimer come scienziato pazzo non ce lo vedo proprio, così come mi
pare che Blake a volte sia un po’ “anarchico”, alcuni passaggi non sono stati
sviluppati compiutamente (come è stato catturato Olrik? E Blake come è uscito
dalla grotta?), oltre ovviamente a certe vestigia dello stile di Dufaux che la
cura editoriale non ha saputo o voluto smussare, come le spacconate
melodrammatiche di alcuni dialoghi («Amo le persone fuori dal comune. Mi
divertono perché sono il mezzo migliore per combattere la noia.» afferma una
dark lady) e certe scene talmente “larger than life” da sfiorare il ridicolo,
vedi la ricostruzione in manicomio di una postazione militare a fini
terapeutici!
Come nel caso del primo episodio di Van Hamme, anche Dufaux ci tiene a far
vedere quanto bene abbia studiato la lezione di Jacobs e riprende e sviluppa vari
dettagli (anche insignificanti) della mitica storia Il Marchio Giallo, di cui questa L’Onda Septimus ha l’ambizione di essere il seguito. Sparito Guinea
Pig/Olrik, il professor Mortimer riprende gli esperimenti di Septimus sull’Onda
Mega, ignaro che un gruppo di facoltosi con intenti malvagi sta a sua volta
ricominciando quelle ricerche. C’è “qualcosa” che però impedisce il giusto
svolgersi degli esperimenti, e che si rivelerà essere nientemeno che una navicella
spaziale sepolta nel sottosuolo di Londra!
La storia è appassionante, incalzante e originale – per quanto lo stesso
Dufaux dichiari di essersi basato sul primo episodio di una vecchia serie
televisiva per imbastirla. Molte trovate hanno inoltre un retrogusto surreale,
quasi psichedelico, che inaspettatamente si sposano molto bene con
l’ambientazione di Blake & Mortimer. Non mancano alcuni difetti, come ho
sottolineato sopra (e aggiungo: non si poteva sviluppare un po’ di più la parte
relativa a Orpheus? E come diavolo fa Olrik ipnotizzato a ricordarsi qualcosa a
cui non ha partecipato?) ma davanti alla spettacolare avanzata dei cloni
magrittiani di Septimus certi dettagli passano in secondo piano. Sinceramente
credo che questa sia l’immagine più evocativa di tutto il nuovo corso della
serie, e di gran lunga. Delle altre storie realizzate dai nuovi autori cosa si
affaccia con più incisività alla memoria? Per me forse solo gli occhi sbarrati
di Olrik che si rianima alla fine de La
Minaccia Universale, tutt’al più gli uomini del futuro de Lo Strano Appuntamento che si rivelano
tali.
Mi sembra che le pipette dei balloon facciano "parlare" i personaggi sbagliati: i pazienti invece che i dottori |
Ai disegni Antoine Aubin compie un ottimo lavoro: trovo che sia bravissimo soprattutto
nel rendere espressivi i personaggi. Purtroppo il rigore con cui si rifà allo
stile di Jacobs rende Septimus più umoristico che minaccioso, ma una volta che
ci si fa l’occhio non è più un fastidio.
I disegni subiscono però una brusca sterzata dalla tavola 41 (basta vedere
come Lady Rowana viene disegnata in maniera diversa), probabilmente è da lì che
Étienne Schréder è subentrato al disegno. Mi sembra che le mani e i piedi siano
più proporzionati che nelle tavole precedenti, ma la cura per il dettaglio è
minore, e verso la fine del volume sarà drammaticamente
minore. Andrea Sani su Fumo di China 223
attribuisce il crollo della qualità della parte grafica alla necessità di
terminare il volume in tempo per rispettare la data d’uscita preventivata, e i
ringraziamenti al termine del volume sembrano avvalorare la sua tesi.
L’edizione di Alessandro Editore è come di consueto stampata su carta non
patinata (sigh – ci rimango malissimo ogni volta) e non è esente da refusi.
Nulla che pregiudichi la lettura, e poi a un editore che continua
coraggiosamente a proporre BéDé in Italia si perdona tutto. Purtroppo però non
ho capito se uno dei personaggi si chiami Tuog o Tuong visto che passa vorticosamente
da un nome all’altro anche nel giro di poche vignette.
Nessun commento:
Posta un commento