venerdì 26 maggio 2023

Proposte varie Stratagemma

Gli acquisti migliori delle fiere sono quelle sorprese che uno non si aspettava di trovare, meglio ancora se le limitazioni del budget o una scelta consapevole degli autori li costringono a dare fondo alla creatività. Se poi vengono offerti gratuitamente…

Quest’anno al Play allo stand Stratagemma venivano forniti un sacco di prodotti gratuiti da provare, con particolare attenzione a giochi contenuti in uno spazio ridotto.

Il pezzo forte è sicuramente Agreement, un intero gioco di ruolo contenuto in un biglietto da visita. Viste le sue caratteristiche faccio prima a postarne un’immagine (sempre che il nuovo sistema di caricamento di Blogger non faccia le bizze) che a riassumerlo:

Un vero colpo di genio: le limitazioni del formato vengono sfruttate per creare un apposito sistema di regole e l’“ambientazione” è molto evocativa.

Un altro esempio di gioco di ruolo contenuto in spazi ridotti è L1tterally YHOJ, realizzato da JoCoGamesStudio ispirandosi a una scena del film Ocean’s Eleven: si tratta di una cartolina con le “regole”: basandosi sull’immagine di un lavoro venuto male uno dei due giocatori rimprovera l’altro di non aver svolto bene il suo compito e da lì devono instaurare un dialogo della durata prevista tra i cinque e i dieci minuti. Non è il mio genere.

Geert the Fishman propone un oggetto magico in un foglio A4 ripiegabile: Cryptomnemonic Arrow, mentre Matteo Ignesti presente Continua, un gioco per quattro partecipanti in cui uno interpreta “il Protagonista” morto di recente che però può andare a ritroso nel tempo e salvarsi. Gli altri tre giocatori sono “l’Universo”, “il Tempo” e “l’Entropia” e gli esiti delle loro interazioni sono determinati da un gioco simile alla morra cinese.

Bord è un gioco di ruolo per 3-6 giocatori in cui si interpretano dei pirati banditi da un Imperatore che devono esplorare 12 isole, raccattare tesori e al contempo recuperare anche i loro ricordi. Una volta conclusa l’esplorazione e raggiunto il bordo del mondo conosciuto si volta pagina e l’ambientazione cambia drasticamente rivelando la vera natura del gioco, di cui non spoilero nulla. Si usano dadi poliedrici e i fogli costituiscono le mappe su cui muoversi. Molto bello ma per sua natura è uno “one shot” sicuramente rigiocabile ma che perde il suo fascino una volta svelato il colpo di scena.

Altri tre giochi di ruolo, tutti ideati da Vittorio Guerriero, erano esauriti in versione cartacea (rimanevano solo copie dimostrative) ma ho potuto recuperarli in formato digitale a questo indirizzo. Bivio e Persi nel dungeon sono recto e verso del medesimo foglio ed entrambi sono stati progettati per durare cinque minuti. Il primo è piuttosto astratto e vede un gruppo di avventurieri giungere a un bivio, fisico o metaforico che sia. Si gioca in 3: un giocatore “interpreta” l’intero gruppo mentre gli altri due sono rispettivamente la Strada di Destra e quella di Sinistra e dovranno convincere il “Party” a scegliere una piuttosto che l’altra in base alle descrizioni che ha fatto della situazione in cui si trova. Persi nel dungeon è più canonico e in sostanza si concentra semplicemente sull’affrontare tre stanze a difficoltà crescente (si gioca con un dado). Visto che la struttura e la difficoltà delle prove rimangono invariate immagino che la vera abilità consista nel descrivere nei due minuti concessi all’inizio più membri possibili del gruppo di avventurieri.


La zona archeologica è molto più articolato: il master «Dungeon Archaelogy» deve preparare una mappa con dei punti fissi in cui i personaggi, archeologi finiti in un mondo fantasy, potranno trovare scoperte o pericoli. Anche una volta raggiunta la quota di scoperte sufficiente a fuggire il gioco non finisce ma contempla una prova aggiuntiva, ed è comunque più strutturato di come l’ho riassunto (chi trova una scoperta deve descriverla e disegnarla). Il sistema può essere arricchito con molti altri dettagli o varianti e viene anche illustrata una versione «da Infame».

Il re boia – bastardo – racconta prevede un master che veste i panni del Re del titolo e racconta una storia ai giocatori, che useranno tre oggetti per definire le capacità dei loro personaggi e tenere conto della loro vitalità. All’interno della narrazione potranno verificarsi delle situazioni che richiedono una Sentenza, che si risolve con il lancio di un pacchetto di sigarette (allo stand mi hanno detto che da esso prende nome il gioco). Il tono è scanzonato.

Passando a materiale più canonico, Gianluca Poccianti è autore del modulo “old school” Il Castello di Geirrod ispirato alla mitologia norrena filtrata attraverso il Norwold dello Known World. La passione dell’autore e la sua documentazione sull’argomento sono evidenti: non sapevo ad esempio che il dio Thor poteva brandire il suo proverbiale martello in virtù dei guanti magici che possedeva, che i personaggi sono incaricati di recuperare in questa e nella prossima avventura. Autocopertinato di 32 pagine complessive in bianco e nero su carta patinata, il modulo è pensato per un gruppo da 4 a 7 personaggi di livello 4°-6°. Dopo l’ingaggio e un po’ di esplorazione con qualche incontro casuale arriva un dungeon crawl molto semplice ma anche molto suggestivo, con una simpatica ideuzza alla base. Mi pare che Poccianti ami di più l’aspetto narrativo su quello ludico, non mi sembra che abbia scritto tutte quelle scene solo per rimpolpare il modulo. Molto belle le mappe, opera di Marco Potestio.

Concludo la carrellata con I gdr e la Dichiarazione d’Intenti, in cui Riccardo “Musta” Caverni propone un accordo in più punti da stabilire prima di cominciare a giocare di ruolo in cui ci si mette d’accordo sul tono della campagna, gli argomenti sensibili, l’eventuale tasso di umorismo, ecc. Potrebbe anche essere utile, solo che richiede un bacino d’utenza vastissimo a cui attingere per trovare proprio quei giocatori specifici con cui si è in perfetta sintonia. Data la sua natura di “pamphlet” il volume è assurdamente lussuosissimo: sedici pagine a colori su carta patinata con una copertina in cartoncino rigido e un sacco di vignette (peraltro molto belle) di Stefano Tartarotti.

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