lunedì 11 agosto 2025

DC Facsimile Edition: Wonder Woman (1942) 1

Mai avrei pensato di lamentarmi perché un editore ha usato la carta patinata, e invece… Magari è solo una mia fantasia, però credo che della cartaccia sarebbe stata più indicata per restituire l’impressione della newsprint originale e avrebbe anche reso i coloracci dell’epoca meno accesi di come compaiono in questa ristampa della Panini. Che poi sicuramente i colori saranno stati rifatti ma la loro “filosofia” è sempre quella, pensati per della carta che assorbendone i toni li avrebbe smorzati. Comunque per soli 3,50 euro non è il caso di lamentarsi più di tanto.

Sorpresa: io pensavo che Wonder Woman nascesse proprio con questo primo numero a lei dedicato, ma dagli editoriali apprendo che invece esordì su qualche testata antologica per poi essere promossa titolare di una testata sua.

Come capitava all’epoca il comic book di 64 pagine strabordava di fumetti e non solo.  Mi pare sia stato Warren Ellis a dire che con dieci cent ti compravi un albo grosso come la Bibbia, però è anche vero che queste testate erano bimestrali se non trimestrali come questa. La prima storia riassume le origini della protagonista. In 13 pagine Charles Moulton infila quello che Millar e Bendis avrebbero spalmato in una miniserie di sei numeri.

Segue poi una storia ambientata in un circo dove gli elefanti sono vittime di attentati, un whodunnit anche abbastanza intelligente perché vengono appositamente infilate false piste per deviare dal vero colpevole, la cui identità è quasi obbligatoria se filtrata attraverso gli occhi razzisti e nazionalisti dell’epoca. Wonder Woman e la sua amica Etta travestite da elefantino sprofondano però irrimediabilmente la storia nel ridicolo.

Alice Marble racconta una breve storia dedicata a una Wonder Woman del passato, in questo caso Florence Nightingale. Immagino sarebbe diventata una rubrica biografica (o agiografica se mantenne lo stesso tono di questo primo episodio) a fumetti fissa, inconsapevole anticipatrice delle varie collane 50 Donne che…

Dopo quest’interludio di 4 tavole si torna a Wonder Woman che deve vedersela con una spia nazista incarcerata che però riesce a trasmettere informazioni all’esterno, e che in realtà nella prigione vive di nascosto come un nababbo! (anzi nababba: sembrerebbe una nemica vecchia conoscenza dell’eroina) Il furto del lazo magico, che non solo costringe a dire la verità come ricordavo ma permette anche di far eseguire i propri ordini all’incatenato, aggiunge un po’ di pepe e umorismo. Anche se forse l’umorismo è involontario.

Si procede poi con un racconto in prosa a firma Jay Marr, uno di quelli che venivano inseriti nei comic book come scusa per mostrare che offrivano anche testi scritti e quindi beneficiare di non so quale sgravio fiscale o distributivo. Anche qui guerra e fantascienza.

Sosta umoristica di due pagine, forse strisce quotidiane rimontate, con Sweet Adeline – Canzoni senza Musica di Art Helfant. Mai coperto, segue le sfighe di una famiglia che si è trovata proprietaria di un albergo. Vagamente simpatico ma non proprio esilarante.

Gran finale con la quarta storia della titolare: dal piglio più consapevolmente umoristico, almeno all’inizio, ha come motore principale Etta Candy il cui fratello militare non meno tonto e grasso di lei fa un incidente in moto sbattendo la testa e rischiando quindi di veder perdute (o peggio trafugate) le informazioni segrete che l’esercito gli ha fatto mandare a memoria. Altro che miniserie di sei episodi, con tutto quello che Moulton ha ficcato qui dentro (cowboy, doppi giochi, fantascienza, giapponesi, inseguimenti, una matador messicana, ricatti, rodei, sparatorie, sigarette ipnotiche, spie, traditori…) Millar e Bendis avrebbero tratto un arco narrativo di 24 numeri.

Come si sarà capito, ho trovato le storie deliziosamente ingenue, tanto da suscitare tenerezza o ilarità: un miscuglio di mitologia, esoterismo, “scienza”, propaganda bellica e soluzioni stereotipate in si perdono le poche idee originali che comunque ci sono.

I disegni (di Harry G. Peter? Sheldon Moldoff? Qualcun altro? Boh) sono talmente brutti da risultare quasi affascinanti. A guardarli si capisce perché nel 1942 le strisce quotidiane erano considerate roba seria e i comic book merda. Però probabilmente è un discorso relativo che pur calzando a Wonder Woman non è del tutto generalizzabile, perché dalle pubblicità degli altri albi DC si evince, almeno dalle copertine, che non mancavano nemmeno in questo settore dei disegnatori bravi pur tra la pletora di scalzacani che disegnava a un tanto al chilo.

Probabilmente sarebbe indelicato dire che gli elementi di contorno come le pubblicità e i redazionali (che Panini ripropone tali e quali senza tradurli) sono più interessanti dei fumetti, e tutto sommato non è nemmeno vero se non altro perché all’epoca c’erano meno pubblicità di quante appaiono oggi, però il loro fascino vintage è innegabile e sicuramente l’ossessiva pubblicità agli “war stamps” rende meglio il clima dell’epoca piuttosto che le storie pazzerelle della protagonista, in cui comunque gli inviti al sostegno delle truppe statunitensi abbondano.

La qualità della riproduzione è scadente (a tratti molto scadente), tranne che per la storia breve scritta dalla Marble e per il fumetto umoristico di Helfant, probabilmente stampati a partire da fonti più buone: probabilmente sono oggetto di maggiore interesse rispetto al resto e nel corso degli anni si saranno confezionati dei materiali di stampa migliori.

Ho notato che la diagonale delle tavole (di tutte le tavole, anche di quelle non precipuamente a fumetti) non è quella solita del 17x26 dei comic book, c’è molto spazio vuoto sia in alto che in basso. Sapevo che il formato dei comic book classici differiva da quello moderno ma pensavo che fosse genericamente un po’ più grande, mentre da quanto posso capire era più largo.

Nel complesso questa Facsimile Edition è un bel tuffo nell’archeologia fumettistica, anche se la carta patinata lascerebbe suggerire un valore artistico che in realtà è ben inferiore a quello filologico.

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