mercoledì 20 agosto 2025

Love and Rockets Collection 6 - Palomar 1: Una Zuppa per il Crepacuore

Ho procrastinato il più a lungo possibile la lettura di questo volume perché temevo che fosse pesante. Avevo ragione.

In teoria Una Zuppa per il Crepacuore ruoterebbe attorno alla nuova bañadora giunta al sottosviluppato paesello centramericano di Palomar ma la storia si sfilaccia lungo una pletora di sottotrame e personaggi satellitari che vivono le loro vicende, spesso inconcludenti, e occasionalmente si incrociano. Lo stesso Beto Hernandez introducendo il secondo episodio sembra non raccapezzarcisi più di tanto con quello che è successo nella prima tranche della storia che dà il titolo al volume. L’unico trait d’union potrebbe essere la zuppa che viene servita per indurire il cuore degli innamorati delusi e aiutarli a sopravvivere alle loro illusioni (ma sono solo due, però). Suggestiva la scena finale, con l’unico personaggio un po’ a bolla che vede i fantasmi di quanti sono morti in questa cinquantina di tavole. Che calvario, però, arrivarci.

A seguire, un’alternanza di storie brevi e di altri cicli più articolati che però non raggiungono la complessità e la lunghezza di Una Zuppa per il Crepacuore – e meno male, direi. Alcune delle brevi le ricordo pubblicate su Comic Art, tranne ovviamente quelle che Beto Hernandez ha realizzato vent’anni dopo la pubblicazione originale. La riproposizione in volume (in questo volume, almeno) non segue infatti un criterio scrupolosamente cronologico e storie dei primi anni ’80 possono dialogare con altre dei primi 2000, arrivando a generare qualche incongruenza: in occasione di Toco (2002) Beto ha resuscitato il personaggio omonimo morto nella Zuppa, della cui dipartita si era invece ricordato in una storia del 1985 che viene pubblicata tra le ultime qui raccolte.

L’autore scrive in maniera sincopata, con lunghe ellissi che vanno riempite dal lettore e di cui si capiscono certi dettagli solo ex post, vedi ad esempio l’ascesa sociale di Luba a Palomar o il progressivo figliare dei vari personaggi. Alcuni personaggi crescono, partono, maturano mentre altri sembrano vivere in un eterno presente. Lo scorrere degli eventi potrebbe anche avere una sua logica ma è inutile perderci tempo e fatica per raccapezzarcisi.

Anche se la bañadora maggiorata Luba in seguito godrà di un ampio approfondimento, Palomar è una serie corale con una forte continuity. L’impressione è che Beto piazzasse dei tasselli di un mosaico di cui forse nemmeno lui sapeva quale forma avrebbe avuto alla fine, sospeso tra telenovelas, umorismo, allusioni sessuali, blando terzomondismo e ancor più blando realismo magico. Probabilmente la lettura scaglionata su rivista sortiva un effetto diverso e la sovrabbondanza di testo sopperiva alla brevità di alcune storie, ma sul lungo termine rende ostica e ridondante l’esperienza dell’approccio integrale. Le pesanti pagine iniziali “numerate” con lettere per introdurre personaggi e ambientazione (fatte apposta per l’occasione, immagino) non fanno che confondere ancora di più. Beto chiede al lettore una grande attenzione per districarsi tra tutti questi personaggi ma grazie a dio gli fa la cortesia di rendere facilmente identificabili i singoli protagonisti, persino le donne (cosa difficile nei fumetti), anche a costo di scadere nel caricaturale visto che all’epoca, la serie è iniziata nel 1983, le sue doti grafiche erano ancora meno sviluppate di quanto si vedrà in seguito.

Fortunatamente in corso d’opera Beto Hernandez imparerà a calibrare meglio testi e silenzi, a giocare con le forme, a creare ritmi all’interno delle tavole, ad accostare vignette in maniera drammatica, a calibrare i bianchi e i neri. Ma la sua maturità di storyteller si intravedrà solo dopo circa 200 pagine delle 287 che costituiscono questo volume – e si intravedrà soltanto, perché ci saranno ancora troppe didascalie e troppa attenzione a particolari che secondo me non necessitavano di essere sviluppati. In ogni caso non possiamo goderci dei disegni altrettanto belli quanto quelli di suo fratello Jaime.

È chiaro che a Beto si deve dare tutta la clemenza affettuosa che si riserva all’esordiente, e anche suo fratello non aveva certo brillato con Mechan-X, ma Una Zuppa per il Crepacuore resta una lettura complicata pur con qualche battuta divertente che affiora qua e là. Probabilmente per apprezzarla al meglio andava seguita coi ritmi seriali dell’epoca, senza strafogarsi del volume nelle quattro o cinque sessioni in cui l’ho letto io.

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