venerdì 10 ottobre 2025

Barrier

Era stato presentato come un fumetto engagé che trattava della condizione degli immigrati illegali negli Stati Uniti, o così mi pare di ricordare. Per fortuna non è (solo) questo ma è soprattutto un appassionante thriller fantascientifico. I protagonisti sono due: da una parte la ranchera Liddy che ha i suoi terreni proprio vicino al confine messicano e che qualcuno, probabilmente un cartello della droga, sta minacciando facendole trovare i resti dei suoi cavalli. Dall’altra parte c’è Oscar che approda dall’Honduras agli States, con un quaderno da cui non si separa mai e un passato misterioso che gli ha fornito un’inusitata quantità di bigliettoni (sporchi di sangue) con cui compra il viaggio d’andata, oltre che una evidente confidenza con le armi. Le loro strade finiscono inevitabilmente per incrociarsi, giusto in tempo per essere rapiti dagli alieni!

Confesso di essere rimasto spiazzato nel vedere questo brusco cambio di passo che trasforma una storia drammatica molto realistica in una parodia delle abduction ma Vaughan comunque non delude. A causa dell’incomunicabilità tra i due protagonisti, che non capiscono una la lingua dell’altro (ma anche di altri fattori come flahsback muti e attacchi sonori assordanti) il ritmo diventa indemoniato e la decompressione regna sovrana. Oltretutto i quattro capitoli successivi al primo durano ognuno poco più della metà di quello. Un riassunto di come i nostri eroi se la caveranno è quindi superfluo: bisogna leggere il fumetto per gustarselo. Dico solo che le motivazioni degli alieni vengono spiegate, o almeno accennate, e che i rimandi alle tragedie nelle vite dei due protagonisti verranno abbondantemente sviluppati ricostruendone il passato. Si può giocare a interpretare il titolo come un invito a superare le barriere sia fisiche che politiche che linguistiche che ci dividono, ma Barrier è fondamentalmente una bella storia avventurosa che tiene incollati alle pagine. Il finale assume toni ironici se non viene visto come un cliffhanger di cose a venire, che però non mi risulta si siano concretizzate visto che questo volume in origine è uscito sei anni or sono.

Il formato orizzontale rende le tavole incredibilmente dinamiche. Al di là di questo, però, Marcos Martin e Muntsa Vicente non hanno nulla da offrire in termini di spettacolarità – nulla che non sia relativo alle fisionomie aliene, che avrebbero suscitato un certo sense of wonder disegnate con qualsiasi stile. Il titolare Martin sarà bravo nello storytelling (ah! ah! ah!) ma assai poco curato. Non che le anatomie umane siano “sbagliate”, ma sono sciatte e poco accurate. Passi che non gli importi di distinguere bene un personaggio da un altro, ma le sue donne sono mostruose. D’altra parte credo che questo Martin Marcos sia lo stesso del ciclo di Daredevil di Waid.

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