Non trovo più il post dove avevo
scritto che quelli della ReNoir mi avevano detto che uno dei problemi della
realizzazione di Don Camillo a Fumetti
è la rapidità con cui la Bonelli mette sotto contratto i disegnatori che scoprono.
In ogni caso, la Bonelli ne ha
ben donde. Guardiamo ad esempio gli artisti dell’ultimo numero uscito, il 15:
Tommaso Arzeno
ha uno stile sintetico, robusto e molto espressivo, a momenti quasi
caricaturale. Mi ha ricordato, in meglio, il Paolo Morales post-Mandrafina.
Occasionalmente (ma succede di rado) i suoi sfondi sono un po’ vuoti, ma
l’importante è che i protagonisti “recitano” alla perfezione.
Anche Adriano Fruch
ha un piglio caricaturale ma i suoi riferimenti sono evidentemente diversi,
come si intuisce dal risultato complessivo del suo lavoro: la pennellata
marcata ma controllata e le occasionali sproporzioni volute (i testoni, le
manone) sembrano rimandare a Sergio Ponchione. A differenza di Arzeno, si profonde
in più dettagli, che non appesantiscono però il suo lavoro né compromettono in
alcun modo l’espressività e il dinamismo dei suoi personaggi. Se, come
immagino, ha fatto ricorso a qualche trucchetto digitale (ad esempio per
moltiplicare gli astanti a un comizio o per disegnare gli edifici) le sue
tavole lasciano trasparire sempre un senso di immediata naturalezza e nessuna
artificiosità.
A Francesco Bisaro
viene affidata l’appendice con due racconti del Gazzettino di Roccapezza. Il suo stile è realistico e
dettagliatissimo, tanto che addirittura degli elementi che avrebbero potuto
essere risolti con delle pennellate compatte (delle lenzuola, le mammelle di
una mucca, la tonaca di Don Patirai) sono il frutto di un fittissimo
tratteggio. La “monumentalità”, se così si può chiamare, che ne consegue non
inficia però la resa espressiva del tutto. È evidente in certe posture e in
certi primi piani il ricorso a fotografie, cosa necessaria dal punto di vista editoriale
visto che, come viene spiegato, le “comparse” delle due storie siano ispirate a
volti noti della televisione e del cinema dell’epoca: io non ne ho riconosciuto
manco uno!
Come vivaio, insomma, mi sembra
molto promettente.
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