Ah, quanto adoro la sana abitudine
del -50%!
Questo tomo è uscito per BUR
dieci anni fa ed è un memoir più che
una antologia di fumetti, anche se in effetti qualche storia a fumetti (o presunti
tali) c’è. Introducendolo, Vincenzo Sparagna parla di «trailer» alla lettura di
Frigidaire, con quel suo piglio un
po’ fumoso che caratterizzava i redazionali di Frigidaire e le introduzioni degli albi, che non si capiva mai se
fosse frutto di un reale e profondo ragionamento o una boutade estemporanea. Ma questa impressione balena solo nelle
primissime pagine del volume.
Che Sparagna fosse una persona
colta lo si capiva già da quei redazionali e quelle introduzioni, ma col tempo
il suo stile di scrittura si è molto asciugato e perfezionato, lasciando da
parte certi voli pindarici e qualche raro bizantinismo che mi lasciavano un po’
perplesso. La lettura di Frigidaire è
veramente un piacere, anche al di là degli argomenti trattati. Sparagna scrive
meravigliosamente e, per quanto non abbia ancora capito come si manda a capo la
lettera S (ma la BUR non ha un correttore di bozze?), esprime dei concetti
molto interessanti in una forma sempre avvincente ed evocativa, ma mai
retorica, che spinge a divorare il volume.
A questo si aggiunge l’onestà
intellettuale con cui Sparagna ammette di non poter fornire altro che la sua
visione personale sugli episodi ricordati, e di aver volontariamente omesso
qualcosa, sia per una questione di salvaguardia da eventuali denunce
(situazioni che conosce sin troppo bene) sia per non soffermarsi su episodi
dolorosi a volte già sviscerati in altre sedi.
Frigidaire parla della rivista omonima, certo, ma in maniera
centrifuga: svelando (ma forse ricostruendo a posteriori) come fosse un
progetto molto più vasto di cui il mensile era solo l’epifenomeno che aggregava
intelligenze ed esperienze diverse in campi anche molto distanti tra di loro.
La narrazione, perché tutto sommato il testo è avvincente come un romanzo (con
tanto di costanti riferimenti alle traversie di Sparagna per trovare fondi e
alla girandola di compagne che ha avuto), segue un filo scrupolosamente
cronologico e comincia dai tardi anni ’70 con le vicende di Cannibale e Il Male per
arrivare alla fondazione di Frigolandia. Le pagine
sono generosamente illustrate da riproduzioni di copertine, tavole a fumetti,
fotografie che ai cultori (ma anche solo ai frequentatori occasionali) delle
varie riviste della Primo Carnera risulteranno piacevolmente familiari.
Non mancano sorprese e
rivelazioni, come l’inaspettato odio di Sparagna per i manga o il fatto che i
semi di canapa allegati a un numero della rivista non fossero esattamente
quello che era stato lasciato intendere (e io scemo a piantarli nel cotone). E
ovviamente ci sono alcune curiosità: nei primi anni ’80 si stava per concretizzare
la realizzazione di un film su Ranxerox
ma a girarlo avrebbe dovuto essere Salvatore Piscicelli!
Francamente, non ce lo vedo proprio a girare un film di fantascienza (in Italia
e 40 anni fa, poi), ma chissà che non si sia mancato un capolavoro.
Ovviamente tra le parti più
emozionanti ci sono i ricordi di quanti, incrociata la propria esistenza con
quella di Frigidaire anche solo per
poco, non arrivarono fino alla fine della corsa. Curiosamente i ricordi che mi hanno colpito di più non sono quelli
relativi a Tamburini e Pazienza, ma quelli del bravissimo pittore Franz Ecke e
del giornalista Enzo Russo. Oltretutto il giusto spazio viene anche dedicato a
segretarie e segretari di redazione, figure indispensabili quanto spesso
misconosciute.
Se avessi saputo che era un così
bel volume non avrei aspettato i saldi
per prenderlo.
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