mercoledì 12 febbraio 2020

L'Ultimo Faraone

Non è stato facile[1] ma alla fine anch’io ho potuto leggere questo episodio fuori serie della saga di Edgar Pierre Jacobs sontuosamente disegnato da François Schuiten. La vicenda è ambientata in un anno imprecisato, gli abiti e gli automezzi sembrano ispirati agli anni ’70, ma la presenza diffusa di computer negli uffici fa pensare di più agli anni ’80 – e alla fine si parla anche di server, ma si sa che i militari dispongono di tecnologia in anticipo sui tempi. L’Ultimo Faraone nasce come enorme (ben 85 tavole) depliant pubblicitario del Palazzo di Giustizia di Bruxelles e di altri monumenti ed edifici della capitale belga, e anche se 12 – L’Amata partiva da un impulso simile qui il “product placement”, chiamiamolo così, è più evidente.
Mortimer si trova a indagare proprio nel Palazzo di Giustizia, preda di incubi che lo tormentano da anni, vestigia della sua avventura nella Grande Piramide. Qui trova tracce di geroglifici e mette in azione una misteriosa fonte di energia che annulla ogni funzionamento degli apparecchi elettrici e meccanici in un raggio molto ampio, facendo regredire Bruxelles a uno stadio pre-tecnologico. Per evitare l’espansione del fenomeno oltre i confini di Bruxelles Mortimer progetta una gabbia di Faraday con cui rivestire il Palazzo di Giustizia. La città viene fatta evacuare, ma alcuni anarchici o ambientalisti o derelitti o semplicemente delusi dalla società ci vanno a vivere di propria volontà.
La minaccia di regressione sembra espandersi al resto del mondo, e l’ONU delibera a favore di un piano per risolvere il problema alla radice: lanciare delle testate nucleari al trizio con cui distruggere il Palazzo di Giustizia e quindi tutta Bruxelles. Blake si oppone a questa soluzione estrema e confida che il vecchio amico sappia risolvere la situazione recandosi sul posto, ma a quanto viene accennato nei dialoghi le forze militari (in cui Blake non è riuscito a fare carriera) non hanno più una grande opinione di lui.
In effetti sono rimasto un po’ male nel vedere come sono stati trattati i protagonisti: Blake non gode più della considerazione di prima nell’esercito (anche se ha facile gioco a convincere un giovane tecnico a ritardare il lancio) mentre Mortimer è tratteggiato come un mezzo rincoglionito ormai sconfessato dalla comunità scientifica a causa dell’abuso di medicinali a cui ricorre per tenere a bada i suoi incubi ricorrenti. Non è che questi aspetti vengano sottolineati più di tanto, ma comunque mi hanno fatto pensare che forse Schuiten, Van Dormael e Gunzig avrebbero potuto realizzare la loro storia senza chiamare in causa per forza Blake e Mortimer, ma l’aggancio con Il Mistero della Grande Piramide è fondamentale e sarebbe stato difficile adattarlo ad altri personaggi. Che oltretutto non avrebbero avuto ovviamente la stessa presa commerciale.
Mortimer giunge quindi a Bruxelles, dove scopre un mondo isolato, una sorta di comunità hippie che vive con quello che la natura (che nel frattempo si è rimpossessata della città) ha da offrire. Incontra anche una persona che provenendo dall’Egitto conosce il sistema per sedare e interpretare i suoi incubi. Seguendo la profezia che vuole che l’Ultimo Faraone imponga l’ultimo sigillo per liberare l’energia, ritorna al Palazzo di Giustizia magnificandone le bellezze anche se corrose dal tempo e dall’incuria: qui rivede una vecchia conoscenza e scopre un mare sotterraneo. Il retroscena della storia viene svelato, ma non tutti i personaggi in gioco sono dalla sua parte, e assisteremo a qualche voltafaccia. Purtroppo assistiamo anche a più di un “ritorno a effetto” di personaggi che di logica avrebbero dovuto essere usciti dal quadro. Certo, è un meccanismo abbastanza comune nella letteratura popolare per sorprendere il lettore e far evolvere la trama, ma questi ritorni mi sono sembrati inverosimili senza uno straccio di spiegazione.
Fin qui L’Ultimo Faraone è un più che dignitoso fumetto forse non originalissimo ma avvincente e ben scritto, che trasmette un notevole sense of wonder. Poi arriviamo al finale e la storia deflagra con la splendida soluzione con cui Mortimer “salva” il mondo. Data la natura del nuovo status quo è evidente che quello in cui è ambientata questa storia è un mondo alternativo rispetto a quello canonico della saga (Mortimer ne fa forse un cenno metanarrativo nell’ultimo dialogo). Ovviamente trattandosi di un’interpretazione non canonica della saga era lecito aspettarselo, ma lo stesso mi ha sorpreso piacevolmente: insomma, proprio una conclusione ben architettata e originale. Non fosse che mi è arrivato così tardi[2] un posticino nel Meglio del 2019 lo avrebbe trovato.
I disegni di Schuiten sono spettacolari, e in teoria non ci si sarebbe dovuti aspettare di meno. In effetti dalle immagini che avevo visto in anteprima mi era sembrato che non fosse stato in grado di interpretare correttamente i protagonisti, soprattutto Blake, invece per fortuna non è così. Purtroppo l’eccellente lavoro di Schuiten è stato in parte vanificato dalla colorazione digitale di Laurent Durieux. È paradossale che un’opera che racconta (e un po’ esalta) il ritorno a un mondo preindustriale sia stata un po’ rovinata dall’uso del computer. Il colorista ha quel brutto vizio di colorare anche i tratteggi e le campiture del disegnatore, definendo così una gerarchia, che si spera concordata con l’artista, di quello che il lettore deve “leggere”. Così però si vedono delle vignette in cui i personaggi risaltano su sfondi pastello spesso dettagliatissimi, che così si perdono e passano anche metaforicamente in secondo piano. Inoltre Durieux cerca di far suo lo stile di Schuiten e si inventa dei tratteggi colorati dove di logica il disegnatore non li aveva messi. Ma d’altra parte quando non ricorre a questa tecnica i suoi colori sono a volte tagliati con l’accetta, ad esempio senza seguire le logiche pieghe che dovrebbero avere i vestiti, o le sfumature delle nuvole… inoltre spesso i colori scelti mi sono sembrati troppo accesi, gli accostamenti azzardati e le sottolineature semplicemente pacchiane (il McGuffin con cui Mortimer risolve la situazione dà quasi fastidio per l’evidenza che gli viene data nelle scene che in teoria dovrebbero essere buie).
Nel complesso comunque nulla di proprio imperdonabile, ma sono sicuro che in bianco e nero avrebbe reso di più. Probabilmente molto di più.
A proposito di McGuffin, speravo che il cane di Mortimer avrebbe avuto un qualche ruolo, invece non ha nemmeno un nome…


[1] «Non ti è ancora arrivato il Blake e Mortimer di Schuiten?»
«Sì, certo, me ne sono arrivate diverse copie.»
«E non me lo hai messo da parte?!»
«Erano tutte rovinate, ho dovuto restituirle ma mi torna prestissimo.»
Questo prima di Natale.
[2] «Non ti è ancora arrivato il Blake e Mortimer di Schuiten?»
«Sì, certo, me ne sono arrivate diverse copie.»
«E non me lo hai messo da parte?!»
«Erano tutte rovinate, ho dovuto restituirle ma mi torna prestissimo.»
Questo prima di Natale.

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