A differenza di quello che avevi scritto sul tuo blog questo quarto
volume di Stirpe di Pesce non sarà
l’ultimo.
No, non è l’ultimo: è una delle
libertà che mi sono presa e uno dei motivi per cui sono contenta che sia
un’autoproduzione. E anche per questo non sono con una casa editrice e questo
perché posso permettermi ad esempio di sviluppare un personaggio se ha bisogno
di più spazio. In questo quarto volume ritorna Purple, gli altri personaggi la
ritrovano, la vedono, però cosa le è successo nel frattempo mentre la serie
procedeva con altre avventure? Non potevo risolvere la questione in sole tre o
quattro pagine, era importante darle spazio, per cui ho deciso (o meglio si è
deciso parlandone con Simone Delladio, con cui ci confrontiamo sempre per Stirpe di Pesce) che questo quarto
volume non sarebbe stato l’ultimo. Bisognava darle più spazio, sottolineare la
sua importanza. Per cui in questa avventura… ma forse è meglio se non faccio
spoiler!
Già, meglio di no! Io il volume l’ho appena preso e devo ancora
leggerlo. Se magari puoi dire qualcosa senza anticipare troppo…
Ci provo: diciamo che l’avventura
portante ovviamente continua, ma c’è un punto in cui ci sarà una svolta importante
che ovviamente non anticipo ma a cui era importante dare più spazio.
Posso chiederti il perché di questa copertina così particolare, diversa
dalle altre?
Il quarto volume l’ho fatto
uscire in due versioni per Lucca Comics. C’è la versione normale disegnata da
me che è quella a cui fai riferimento: è appunto molto anni ’70, con i colori
acidi; e poi c’è una variant cover di
Tony Sandoval, di cui ne ho fatte solo 250 copie numerate.
Da qui è nata anche l’esigenza di
non fare a gara a quale potesse essere più bella con un soggetto che fosse
simile: figuriamoci se voglio mettermi in competizione con Sandoval. Per cui
sono andata completamente all’opposto creando una copertina acida che fosse
acida anche perché è così che me la sentivo, perché quelle sono proprio le mie
tonalità: a me piace, è totalmente pazza. E allo stesso tempo si discosta da
quella di Sandoval ma è anche diversa da tutte quelle precedenti, un altro
motivo per cui è diversa è che raffigura il primo personaggio su una copertina
a non essere né un tritone né una sirena, lui è un umano: un “asciutto”, come
vengono chiamati nella storia.
250 copie per una tiratura limitata di un progetto indipendentemente
non mi sembrano poi così poche.
Posso dire una parolaccia? Noi
pisciamo molto in lungo [ride, ndr]. Insomma, diciamo che io guardo molto in
lungo, che è uno dei vantaggi che ti danno le autoproduzioni, perché tu con le
autoproduzioni inizi proprio dal piccolo per poi cercare di crescere e di far
conoscere il prodotto a più lettori possibili. Invece se lavori con una casa
editrice è chiaro che loro hanno altre esigenze di stampa, magari ti mandano in
stampa anche 4000 volumi (butto lì una cifra) ma a quel punto è esaurito il tuo
prodotto.
No, perché hai avuto il tuo
lancio in libreria e poi il prodotto si esaurisce. Io invece quello che voglio,
e che spero, è che il prodotto cresca. E per questo continuo a farlo conoscere:
e intendo che continuo a promuoverlo sin dal primo volume.
A proposito di questo discorso, tu frequenti molto le fiere dove
presenti Stirpe di Pesce. È quindi un
buon sistema per promuovere il tuo prodotto?
Sì, è un ottimo sistema per farsi
conoscere, ma è anche un sistema per conoscere
il pubblico. L’autoproduzione ti permette anche questo: di avere un contatto
diretto con il pubblico con cui puoi parlare alle fiere. Per cui alla fine non
sei soltanto un lettore o una lettrice, diventi parte del fumetto. Perché mi
vedi e, grazie ai social, mi vedi quando lo creo. Anche quando magari sbaglio e
poi cerco di rimediare a un errore. Per cui tutto questo processo creativo, in
qualche modo condiviso, fa sì che sia un qualcosa per cui tu non sei più
soltanto lettore, ne fai proprio parte.
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