Andiamo con ordine.
Nel primo episodio, Non si può fare l’imitazione del silenzio, l’Ispirazione e il Mimo azzardano la seduzione di Diamante, figlia del loro arcinemico Don Baltico, di cui non ricordavo nemmeno l’esistenza (è quello che ha consacrato come arte l’opera di Puah! vanificandone quindi la sua carica iconoclasta). Ma il prete/critico d’arte mangia la foglia e riesce a eliminare dal quadro il Mimo sfruttando il suo punto debole, cioè vedere la sua vera faccia. Quindi il Mimo non poteva guardare le vetrine per paura del suo riflesso e nemmeno guardarsi in uno specchio quando si truccava da qualcun altro? Vabbè, inutile farsi domande.
Frattanto Da Da Da, ancora vittima della malia di Mancinella che le fa perdere venti minuti, apprende dal redivivo Aquila che in realtà la sua morte era solo una messinscena. Visto che c’è, Aquila le spiega anche come non ci sia più nulla di concettuale e le idee siano state sostituite da idoli. E Puah! viene tratto in arresto, solo che non è Puah! ma un fan di Carolina Rotante (l’icona virtuale recentemente dileggiata da Puah!) che non sa come sia finito al suo posto.
La morte non è niente: Da Da Da apprende da Aquila che il cadavere spacciato per suo era in realtà quello di un calciatore della Lazio, Mario Romeo, di cui nessuno si ricorda più. Aquila ha accesso a un intero obitorio pieno di persone dimenticate. Aquila pontifica sull’evanescenza di miti e segni nell’epoca contemporanea. Alla fine sia lui che il ragazzino incastrato come Puah si incontrano in un capannone dismesso: da lì era stato messo online il sito che potrebbe aver condizionato la mente del fan, ed era anche lo studio della rete televisiva che aveva trasmesso il programma in cui si parlava di Mario Romeo, sull’unico canale visibile da Aquila durante un guasto tecnico – e quindi forse parte di un complotto teso a fargli scegliere proprio quel cadavere.
Non pensare al numero sei: vengono narrate le origini dell’Ispirazione, che coi suoi poteri riesce ad avvicinarsi a Diamante e quindi a Don Baltico, che pare sapere veramente quali sono i punti deboli di tutti gli Uomini della Settimana. Lo scontro col prete/critico d’arte si risolve con la scoperta che gli Uomini della Settimana catturati finiscono in un limbo/grand hotel da cui non hanno ovviamente molta fretta di uscire. Ma a quanto pare era solo un sogno dell’Ispirazione.
Di carne al fuoco ce n’è tanta (e in questo volume non è nemmeno comparso Alter), ma quali saranno le informazioni realmente importanti per lo sviluppo della trama generale e cosa invece solo fumo negli occhi? Inutile farsi domande, appunto. Aspettiamo il gran finale che se tanto mi dà tanto uscirà tra non meno di due anni.
Un appunto a Bilotta: la citazione di Zucchero-De Gregori nel primo episodio mi è sembrata troppo poco criptica. Mi ricordo che sul lato B di quel 45 giri (non che io sia un fan di Zucchero, ma da bambino quel disco girava per casa) c’era un’atra bella canzone, che da buon lato B non so se sia mia stata riproposta in album: Come il sole all’improvviso. Se Bilotta avesse citato quella, allora sì che sarebbe stata una strizzatina d’occhio elitaria.
Come consolazione alla perplessità che lasciano i testi ci sarebbero i disegni di Ponchione, che però ha continuato a pulire il suo tratto sino a renderlo piuttosto schematico, i contorni delle figure e poco più. Non a caso anche al colorista Nicola Righi viene riconosciuta dignità di coautore, visto che gli è stata demandata la creazione di vari dettagli. Se però i suoi colori non fossero stati digitali magari la resa di stampa sarebbe stata migliore.
Simpatiche le onomatopee.
Nessun commento:
Posta un commento