Il Meta-Barone giunge infine ad Algoma, un mitico pianeta interamente intriso della preziosissima epifite. Qui si trova coinvolto nelle diatribe tra alcune caste (o sottorazze) delle tribù primitive che abitano il luogo: un guerriero grande e grosso vorrebbe eliminarlo all’istante scambiandolo per uno dei visitatori che occasionalmente rubano il mitico liquido, ma la Meta-Guardiana Rina lo lascia in vita ravvisando in lui tracce di epifite e la missione ancestrale dei suoi antenati, che a loro volta avrebbero dovuto essere Meta-Guardiani.
Purtroppo anche i Techno-Technos sono riusciti ad arrivare su Algoma provocando una catastrofe. A guidarli c’è inaspettatamente Orne-8, diventata/o Techno-Pap(ess)a. Considerando la disparità tecnologica il Meta-Barone vuole scongiurare la guerra che i nativi stanno per intraprendere e destinata a ucciderli tutti, ma i suoi sforzi saranno vani.
Devo dire che, per quanto sia una lettura gradevole (ma che scorre forse un po’ troppo veloce per una serie franco-belga), questo ciclo è quello che secondo me si allontana un po’ di più dalla poetica jodorowskyana. Il balletto di corteggiamento tra il Meta-Barone e Rina mi è sembrato quasi un corpo estraneo al racconto, né francamente mi ricordo questa faida millenaria che dovrebbe esserci tra Meta-Baroni e Techno-Technos. E poi Jerry Frissen tende più a technobabble scientifiche piuttosto che a derive mistiche o grottesche. Ma è solo un’impressione.
Ci sarebbe poi il problema dell’imbattibilità del protagonista, pur con i depotenziamenti che si è volontariamente inflitto qualche numero fa, e quindi bisogna inventarsi qualche motivo per cui far percepire al lettore che sia veramente in pericolo. Frissen se la cava tutto sommato bene attribuendo ad alcune defaillance delle precise scelte strategiche. Forse è una cosa un po’ semplicistica ma pure questa è una dimostrazione di come anche un personaggio monolitico come il Meta-Barone possa prestarsi a interpretazioni originali – ma, certo, per sbrogliare parte della matassa si sono dovuti scomodare gli universi alternativi.
Le tavole di Valentin Secher sono spettacolari. Il grande realismo dinamico frutto dell’uso di fotografie è unito a scelte cromatiche funzionali e a loro volta spettacolari, soprattutto nel secondo volume.
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