Ennesimo volume celebrativo della Marvel. Alla Marvel sono sempre che celebrano qualcosa, beati loro.
Si esordisce con una storia che riguarda la prima Torcia Umana, l’androide degli anni ’30 (o ’40, o quando diavolo era). Potentissimo ma ingenuo, vorrebbe seguire le orme del suo personaggio radiofonico preferito tratto dai fumetti invece di essere esibito come curiosità dal suo inventore. Di fronte alla scoperta che il suo eroe non esiste nella realtà riceve una lezione sulla necessità di avere delle figure-guida irrealistiche che incarnino dei valori assoluti che un essere umano comunque non può mai seguire del tutto ma da cui può trarre ispirazione. Una metafora dei supereroi, insomma. Un bel fumetto, non a caso l’ha scritto Mark Waid. Disegni per nulla disprezzabili di Alessandro Cappuccio, che però disegna certi particolari come se la storia fosse ambientata adesso e non 80 anni fa – ma magari è proprio così?
Segue la solita storiella infantile con l’Uomo Ragno, impegnato a messaggiare mentre combatte Lizard. Scritta e disegnata (pupazzettisticamente) da Ryan Stegman, potrebbe avere un certo fascino per lettori dai 10 anni in giù.
Rainbow Rowell e Marguerite Sauvage allineano alcuni sprazzi della vita dei primi X-Men concentrandosi principalmente su una Jean Grey un po’ sola tra gli altri membri maschi e soprattutto desiderosa di non essere considerata solo la classica damigella in pericolo. Storia molto carina e soprattutto disegnata (e colorata) bene.
Dan Slott si diverte poi a raccontare una storiellina su Capitan Marvel con lo stile degli anni ’60 (o ’70?) coadiuvato dai disegni in tema dei coniugi Allred. Immagino riprenda un soggetto classico, comunque è molto carina.
Ma subito dopo ci pensa la storia su Devil ad abbassare il livello generale. Non che i testi di Armando Iannucci non siano interessanti, anzi: il supereroe cieco soffre di un sovraccarico uditivo che si scopre manifestarsi quando gli altri mentono! Bisogna un po’ sospendere l’incredulità e il finale è affrettato e irrisolto, ma il problema di questa storia non sono certo i testi quanto i disegni di Adam Kubert, che oltre a essere fastidiosamente deformed è spesso anche svogliato.
Arriva poi il solito desolante monologo interiore di Silver Surfer che si trasforma in un dialogo con Mefisto. Patetico e noioso, già visto molte altre volte, ma che belli i disegni i McNiven (che firma anche i “testi”).
Un po’ più interessante, per quanto conosca io i supereroi, la storia successiva a opera di Jason Aaron e Pepe Larraz, che mette in scena un’adolescente che odia i supereroi. Non mi pare che i personaggi Marvel visti “dal basso” siano una novità, e alla fine si tratta di una reclame della versione femminile di Thor di Aaron. Forse sviluppata un po’ di più la storia avrebbe avuto un minimo di sugo. Almeno Larraz disegna bene.
Per concludere, una simpatica ricognizione sulla trimurti Lee-Ditko-Kirby in versione bambini che “vedono” i supereroi e vogliono diffonderne la conoscenza nel mondo. Probabilmente Joseph Michael Straczynski avrebbe voluto fare un omaggio strappalacrime, ma io l’ho trovata una storiellina molto divertente. Stupefacente Kaare Andrews ai disegni: io me lo ricordavo pessimo, qui ha sfoderato uno stile realistico ed espressivo.
In appendice Tom Brevort spiega il senso e la progettualità di Marvel Age #1000, da cui evinco che di celebrazioni come questa ne fanno praticamente una all’anno. In questa postfazione c’è anche spazio per un divertente aneddoto sulle vecchie promozioni della Marvel – non molto divertente per i collezionisti, però.
Rispetto ad altri prodotti analoghi che conosco questo volume è quantomeno interessante con qualche punta di eccellenza; nulla per cui stappare lo champagne ma comunque una lettura gradevole. Al di là della bellezza che è lecito aspettarsi da Gary Frank, la sua copertina sintetizza bene i contenuti del volume.
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