venerdì 21 giugno 2024

Deadpool Uccidologia 2: Deadpool uccide i Classici

Ricordavo vagamente di aver letto una storia in cui Deadpool sterminava l’universo Marvel e in effetti la lessi in quanto pertinente ai Fumettisti d’Invenzione. Questa miniserie dovrebbe essere il suo seguito.

Deadpool è insoddisfatto dell’ecatombe che ha causato, perché infruttuosa: per quanto li si ammazzi, i supereroi della Marvel ritornano sempre come cloni, versioni alternative, resuscitati, ecc. Il pool di supercriminali cervelloni che tiene prigionieri ha probabilmente trovato la soluzione: bisogna andare all’origine della questione e sterminare gli archetipi stessi su cui si basano quei personaggi. E quindi con un salto metanarrativo Deadpool comincia a far strage di personaggi letterari, ignaro però che Sherlock Holmes opportunamente informato dei fatti ha messo su una sua squadra per contrastarlo.

Alcuni paralleli tra romanzi e supereroi, anzi quasi tutti, mi sembrano tirati per i capelli, ma lo scopo di Cullen Bunn era evidentemente quello di scrivere una storia scatenata e fracassona senza andare troppo per il sottile – anche se poi inanella a sorpresa delle citazioni inaspettatamente colte e argute. Ma al di là di queste citazioni Deadpool uccide i Classici si concentra su assassinî e mutilazioni resi con grande scrupolo e attenzione per i dettagli; fosse stato un fumetto dichiaratamente splatter avrebbe sortito un impatto minore. C’è addirittura una scena di suicidio, cosa impensabile per il censuratissimo mercato statunitense. Altro elemento anomalo che si fa apprezzare è il fatto che la storia finisce e non finisce, immagino per preparare il terreno a una terza miniserie con la rivincita dei “buoni”.

I disegni di Matteo Lolli sono assai insipidi. Sempre meglio che deformed o ipertrofici ma non hanno nulla che li faccia elevare dall’anonimato di quello stile blando e a volte un po’ abbozzato praticato da molti altri colleghi. Forse è stato l’inchiostratore Sean Parsons a non averlo valorizzato a dovere. Invece molto belle e spassose le copertine di Mike Del Mundo.

Credo sia superfluo specificare che Deadpool uccide i Classici non è un capolavoro e che sicuramente non è nemmeno uno dei fumetti di supereroi più rilevanti degli ultimi vent’anni. Ma Bunn ha delle buone idee, sa scrivere dei dialoghi molto gustosi e forse le sue strizzatine d’occhio all’universo dei supereroi possono essere viste come corrosive critiche al genere.

mercoledì 19 giugno 2024

Intervista a Carlos Gomez (seconda parte)


Continua da qui.

Attualmente Dago viene pubblicato in Argentina? Qualche tempo fa Alejandro Aguado di La Duendes mi diceva che molti lettori argentini ignoravano che Dago proseguiva in Italia dopo il fallimento della Columba.

Afortunadamente Dago se ha vuelto a publicar en Argentina. Gracias a la generosa y valiente operación editorial de Tomás Coggiola de Comic.Ar.

Se están publicando en forma de libros de aproximadamente 100 páginas de aparición mensual. Hicimos con Robin una selección de las historias publicadas en Italia en estos 17 años. El criterio era el de dar un panorama de lo acontecido en la vida de Dago en todo ese tiempo de publicación. No ha sido fácil elegir entre 750 capítulos (más de 9200 páginas) una selección de cerca de 100 capítulos que se publicarán en un año aproximadamente.

Una curiosità: anni fa comparve su Lanciostory questa copertina, in cui è facile riconoscere Sergio Loss (che effettivamente canta – o cantava – in un coro alpino). Ho provato a risalire a chi possano essere gli altri individuando solo (e non ne sono nemmeno sicuro) Juan Zanotto in basso a sinistra. Se veramente gli altri personaggi sono ispirati a persone reali può svelarmi chi sono?

Ese dibujo fue una broma-homenaje que los amigos de Aurea decidieron valientemente publicar.

En eses dibujo están, de izquierda a derecha: Robin Wood, Juan Zanotto, Sergio Loss, Enzo Marino (detrás de Dago) y Alberto Salinas.

Lei è un disegnatore molto versatile che ha realizzato fumetti di generi diversi (guerra, storico, fantascienza, urbano contemporaneo, il western con Tex) sempre con ottimi risultati e non rinunciando mai alla Sua personalità. Tra i tanti, Lei ha un Suo genere preferito oppure uno che non ha ancora affrontato e a cui vorrebbe dedicarsi?

Gracias por el cumplido.

También he dibujado historias del género romántico para Columba.

Pienso que todo dibujante debe proponerse ser capaz de afrontar cualquier género que se le proponga hacer. Creo que es un error creer que hay que encasillarse en solo un género creyendo que de ese modo se logra una mayor eficiencia y resultados mejores al conocer muchos secretos de determinada época.

Lo que creo que sucede finalmente es que el dibujante se aburre.

En mi caso personal, cada género que abordé ha sido un desafío que afronté con método y humildad. Aceptando que debía aprender todo de nuevo. Al principio el flujo de trabajo es lento e interrumpido porque hay que buscar referencias continuamente. Luego, a medida que se van fijando datos en la cabeza, todo empieza a fluir con más soltura.

Todo lo que dije antes es para responderte que en realidad no tengo un género que me apasione más que otro. Todos son muy estimulantes si se afrontan con actitud de respeto sentido de la aventura.

Com’è stata l’esperienza con il nostro Tex?

Me he divertido mucho dibujando el Texone.

Obviamente al principio tuve mucho miedo de exponer al vastísimo público de Tex mi versión del personaje al que aman tanto.

Ha sido un trabajo arduo porque la calidad requerida es alta y yo debía dibujar una determinada cantidad de páginas mensuales para cumplir el plazo de entrega (que no lo cumplí) sin dejar de entregar las páginas de Dago.

Tengo que decir que trabajar con Gianfranco Manfredi ha sido un gusto verdaderamente.

Sia Garcia Seijas che Lito Fernández sono stati lettori appassionati di Tex, conosciuto in Argentina come Colt Miller. Questo però succedeva negli anni ’50: oggi in Argentina Tex è conosciuto dalle giovani generazioni? Il Suo Texone è stato pubblicato (o sarà pubblicato) in Argentina?

En Argentina no se publica Tex, lamentablemente.

Hay ediciones en el vecino país de Brasil. El texone que he dibujado yo ha sido republicado en idioma portugués en Brasil.

Ho visto su una rivista francese la pubblicità di un fumetto di fantascienza disegnato anche da Lei. Può anticiparci qualcosa?

È un progetto un po' particolare, sono due storie parallele che avranno due episodi l'una. Poi uscirà un quinto volume che unirà tutto. Sto disegnando il secondo volume della mia parte, l'altra linea è disegnata da Laura Zuccheri.

È da parecchio che vedo il nome Carlos Gomez anche su prodotti statunitensi. Non è Lei ma un omonimo, vero?

Sì, non sono io.

domenica 16 giugno 2024

I Primi Cento

Sospeso tra pastiche, omaggio e analisi sociologica, questo volume offre anche una solida trama quantomeno dignitosa. Nella lunga introduzione, che è anche una dichiarazione d’intenti (ma Watchmen doveva essere una versione dei personaggi della Charlton, non c’entrano nulla Batman e Superman), uno dei due autori, Andrea Guglielmino (l’altro è Marco Scali), spiega il meccanismo per cui si è portati a ritenere migliori gli episodi di un prodotto popolare circoscritti entro un traguardo simbolico, in questo caso i primi 100 numeri di Dylan Dog. Più nello specifico, la molla che lo ha spinto a ideare I Primi Cento è scattata a seguito delle esternazioni di alcuni lettori molto critici sulle varie vicissitudini recenti della testata bonelliana.

I Primi Cento è ambientato a New York negli anni ’80. Damien Donovan è il primo «investigatore dell’occulto», assurto a tanta popolarità da far pubblicare un fumetto con le sue gesta e anche a generare un fan club. I membri di questa conventicola sono divisi tra quanti sono delusi perché il loro idolo non è più quello di una volta e quanti invece ne giustificano o almeno tollerano i piccoli e grandi cambiamenti che lo hanno coinvolto negli anni; i più oltranzisti non accettano nemmeno che l’esclamazione «campane dell’inferno» abbia soppiantato la classica «Barabba libero». Damien Donovan ha tradito i suoi seguaci e i suoi primi cento casi sono veramente insuperati e insuperabili? Il Damien Donovan Horror Club avrà altri problemi ben più gravi a cui pensare: uno dopo l’altro, i suoi membri vengono assassinati secondo modalità che ricordano proprio i casi di cui si è occupato il loro mito. E quindi deliberano di buon grado di assoldarlo per risolvere anche questo caso.

La storia è un profluvio di citazioni dalle fonti più varie: al posto di Groucho l’assistente è Smiley, una trasposizione di Roberto Benigni che offre il destro per disseminare omaggi alla filmografia del comico toscano. Anche se non sono riuscito a coglierli tutti, i molteplici riferimenti a Dylan Dog mi sono risultati comunque evidenti, sia perché riferiti in massima parte ai primi numeri della testata che conosco anch’io sia perché omaggiano episodi talmente famosi che so di cosa parlano pur non avendoli letti.

La trama investigativa è un po’ arzigogolata senza essere troppo assurda, e d’altro canto gli stessi attori in gioco la deridono e la commentano. L’identità del colpevole potrebbe essere scontata per alcuni lettori e ridicola per altri, comunque la soluzione del caso ha un senso compiuto. In alcuni punti ho riso di gusto e la simpatica considerazione metanarrativa finale di Damien Donovan è un’ottima chiusura per tutta l’operazione.

I disegni di Luciano Costarelli sono adeguatamente rozzi. Anzi, decisamente troppo: su Dylan Dog mi pare che solo Montanari e Grassani fossero così “popolareschi”, forse al massimo anche Tacconi. La prima cinquantina scarsa di tavole presenta figure rese con un certo rigore anatomico inchiostrate però con l’accetta per simulare di dover rincorrere la scadenza mensile, nel solco di certa produzione Bonelli d’antan. Ma da metà volume in poi non somiglia più tanto a Bignotti, Pavone o Missaglia quanto a Galati, Grossi e Chizzoli e i disegni si fanno vieppiú imprecisi e sgraziati. Forse è una cosa voluta. Non ricordo di aver mai visto null’altro di Costarelli e quindi non so quale sia il suo stile usuale; a testimonianza della gestazione forse travagliata di questo fumetto ho notato che in alcuni punti gli interventi digitali si intensificano mentre in altri parrebbe di vedere le matite non cancellate o la china non uniformemente densa, come se fosse stata veramente stesa sulla carta. Comunque, a chiudere idealmente il cerchio, leggo nella sua biografia che Costarelli collaborò anche con la famigerata Fenix di Dick Drago: tout se tient.

Sicuramente I Primi Cento avrebbe assolto meglio al suo ruolo di parodia/analisi/omaggio se fosse stato pubblicato in formato bonelliano, mentre Weird Book ne ha tratto un volumetto 17x24 stampato su carta patinata ad un prezzo proporzionato (17,90 euro). Ma è già un miracolo che un prodotto così originale e intelligente abbia visto la luce.

venerdì 14 giugno 2024

Big Game

Se nel fumetto si cerca cafonaggine Mark Millar è sempre una certezza. E poi è così tranquillizzante la sua adesione totale al paradigma supereroistico per cui al polverone sollevato per gli incombenti cambiamenti epocali fa sempre seguito un totale rientro all’ordine.

Big Game è un progetto ambizioso con cui Millar riallaccia i nodi di tutta o quasi la sua produzione: un crossover ipertrofico dove ognuna delle sue serie fin dai tempi di Kick-Ass e Wanted viene inserita in un unico universo condiviso. Quei pochi lavori che per la loro natura non possono far parte di questo canone vengono comunque citati come opere di fiction: è il caso di Jupiter’s Legacy e probabilmente di qualcos’altro che non ho identificato perché non lo conosco.

Dopo la comparsa di Kick-Ass e Hit-Girl i supereroi si sono moltiplicati fino a contemplare dei veri superumani come gli Ambassadors e il Night Club. La cosa non sta bene alla fratellanza di supercattivi che da sempre controlla il mondo in incognito e che nel 1986 eliminò tutti i supereroi cancellandone persino il ricordo. Wesley Gibson, il protagonista di Wanted che adesso è a capo di questa cabala, ingaggia quindi Nemesis e inizia così lo sterminio di Huck, Superior, i Crononauti e i protagonisti delle altre serie e miniserie di cui ne conoscerò se va bene un terzo. A causa della loro natura, al Secret Service e al Magic Order vengono riservati dei ruoli più defilati. Non ho visto i Super-Crooks ma probabilmente non sono stato attento. Quell’altra serie sui soldati con i superpoteri potrebbe essere assente giustificata perché mi pare che non sia mai stata conclusa.

Come detto, non conosco alcuni degli elementi in gioco ma l’esuberanza omicida di Millar strappa la mia ammirazione: che coraggio a eliminare delle creazioni che potrebbero ancora fruttargli dei bei dollaroni! Quando però la sua furia sterminatrice tocca il parossismo (accompagnata dal suo proverbiale cattivo gusto) mi sorge un dubbio. Sarà anche possibile che voglia fare tabula rasa del suo universo ma alcune serie avevano delle trame in sospeso e forse chiudere delle testate potrebbe inficiarne la versione televisiva o cinematografica dove si fanno i soldi veri. Stai a vedere che c’è la fregatura. E ovviamente la fregatura c’è. Non dico di più per non rovinare la “sorpresa” a nessuno. Aggiungo solo che il meccanismo semantico con cui il Magic Order viene fatto intervenire è imbarazzante da quanto è stupido – nessuno spoiler: è una cosa marginale e non c’entra con lo snodo risolutivo che coinvolge anche le serie fantascientifiche di Millar. Comunque alla fine il paradigma per cui tutto cambi affinché nulla cambi porta con sé anche quel minimo irrisorio di variazione allo status quo che rassicura i lettori sul fatto che non abbiano proprio buttato via soldi e tempo a leggere l’ennesima cagata che si risolve a mazzate e battute “cool”.

Che Millar abbia voluto con Big Game parodiare proprio l’infantile ciclicità tipica del genere supereroistico? Oh, andiamo: è dai tempi dei Mondo Movies di Gualtiero Jacopetti che si usa la scusa di stigmatizzare certi fenomeni proprio per ostentarli e approfittare della loro attrattiva.

Se non altro i disegni di Pepe Larraz sono validi, oltretutto valorizzati dai colori di Giovanna Niro.

giovedì 13 giugno 2024

Saturday Morning Adventures Dungeons & Dragons: Storie dai Forgotten Realms

Da bambino non ho visto molti episodi del cartone animato, probabilmente lo trasmettevano su qualche rete o in un orario a me preclusi (o magari su altri canali facevano cose più interessanti), ma qualcosa vagamente ricordo. Lo status di cult che ha assunto nel tempo mi ha fatto avvicinare a questa versione a fumetti.

La storia è presto detta: i sei ragazzini trasportati nel mondo magico di Dungeons & Dragons vengono invocati nella dimora di Phaelona, una maga selvaggia (nel senso dato dal Tome of Magic) di Waterdeep che non può abbandonare il monastero in cui è confinata magicamente. Visti i suoi poteri, le chiedono di aprire l’ennesimo portale ma due dei protagonisti, il cavaliere e l’acrobata (evidentemente il cartone era stato fatto dopo l’uscita dell’Unhearted Arcana), si trovano in un dungeon dove rinvengono la vera maga che è stata spodestata da una sua imitatrice, che adesso controlla i loro quattro compagni. Dopo un pistolotto sull’importanza dell’amicizia e un sommario test per capire quale sia la vera Phaelona avviene lo scontro con il cattivo e tutto si sistemerebbe per il meglio se non fosse che il fumetto vuole rendere omaggio alla ciclicità della serie televisiva e quindi non si torna ancora a casa.

I disegni sono veramente brutti, di un caricaturale geometrico che forse si ispira all’estetica di Cartoon Network ma finisce per risultare sgraziato e poco leggibile. Inoltre George Kambadais non aveva neanche tanta voglia di lavorare e ha fatto spesso ricorso a silhouette o, peggio ancora, ha solo abbozzato sfondi e ambienti: quello da cui emergono Bobby e l’unicorno dovrebbe essere un enorme mucchio di oggetti magici, invece pare che abbiano sfondato il pavimento.

Tra scontri, spiegazioni affrettate e battute che non fanno ridere si arriva al finale in tempo record. E pensare che ci sono voluti due sceneggiatori, David M. Booher e Sam Maggs, per imbastire questa sciocchezzuola che oltre a far leva sulla nostalgia della serie televisiva serve evidentemente da spot pubblicitario per l’ambientazione dei Forgotten Realms. Non mi capacito altrimenti perché si svolga proprio lì: il cartone non poteva essere ambientato nei Reami perché manco esistevano prima del 1989. Sì, nella testa e nei racconti giovanili di Ed Greenwood esistevano, così come nei suoi primi embrionali articoli su Dragon, ma il mondo di campagna in quanto tale venne ufficializzato solo a cavallo tra prima e seconda edizione di Advanced Dungeons & Dragons.

martedì 11 giugno 2024

Comics Cult (n. 1?)

Curiosa sorpresa in edicola, ennesimo tentativo di capitalizzare sugli anni ’80 ma stavolta puntando sulla nicchia delle riviste di fumetto d’Autore. Questo almeno lascia intendere il sopratitolo, mentre nei fatti mi sembra che la rivista (numero unico salvo successo di pubblico) sia un collage di materiali eterogenei uniti sotto la bandiera delle riviste anni ’80, cosa che comunque può avere una sua coerenza più o meno evidente. Nello specifico, mi pare che si tratti di un progetto celebrativo del benemerito Stefano Trentini che firma buona parte degli articoli e attinge ai suoi archivi di editore e alle sue passioni fumettistiche. Benemerito Trentini lo fu davvero, perché oltre a essere un ottimo disegnatore produsse anche, accanto e prima dei giornali per tatuatori e delle derive celtiche-leghiste, la rivista Selen e la splendida fanzine Nuvola Bianca. Se non avete accesso ai numeri di Fumo di China in cui si incensava Nuvola Bianca e dubitate di quanto fosse splendida date un’occhiata qui. I fumetti ospitati su Comics Cult provengono principalmente da quelle due testate.

Dopo le dichiarazioni d’intenti di rito a firma Trentini, l’ammiraglio della testata ci parla della sua esperienza giovanile con i fumetti e la temperie culturale degli anni ’80 in un pezzo riccamente illustrato che offre anche una cronistoria minima delle testate ritenute più rappresentative (non mi capacito che ci sia pure Frizzer ma lo stesso Trentini ammette quanto sia soggettivo e personale questo excursus). Dall’articolo traspare tutta la sua passione per il fumetto e la sua ammirazione per alcuni protagonisti in particolare.

Uno di questi è il grandissimo Tanino Liberatore (a dimostrazione della sua stima Trentini gli dedicò un bellissimo volume negli anni ’90, recuperando molte rarità extra-fumetto) che Trentini intervista da una prospettiva inedita, cioè facendosi raccontare principalmente della sua infanzia e adolescenza. Ottima intervista, a maggior ragione col ricchissimo e sfizioso materiale fotografico a corredo.

La parte redazionale continua con un articolo di Alessandro Bottero su L’Eternauta, nel senso della rivista. Purtroppo non mancano inesattezze piccole e grandi, ma immagino che non sia stato facile affastellare informazioni su una quindicina d’anni di vita editoriale in uno spazio tutto sommato limitato. Cionondimeno, da quello che scrive nel trafiletto su «Gli autori» Bottero sembra convinto che L’Eternauta pubblicato sulla rivista omonima fosse quello originale di Oesterheld e Solano Lopez!

Eddie Barbaro presenta brevemente la libreria specializzata olandese Lambiek, una delle più vecchie e attive del settore.

Stefano Trentini ci offre poi la testimonianza di un viaggio che fece nel 1985 in giro per l’Italia a caccia di Andrea Pazienza, anche questo accompagnato da un ricco comparto fotografico. È divertente ed evocativo, ma ammetto che in alcuni punti mi sono anche commosso.

Ultimo redazionale, un breve saggio su Fumo di China a firma Bottero. Lo spazio tiranno non permette di approfondire più di tanto l’argomento, lodevole comunque che se ne sia parlato senza pregiudizi nonostante qualche battibecco che mi pare ci fu tra la prozine e Bottero.

Per quel che riguarda la parte a fumetti, si comincia con una sturiaza di Trentini e Luca Tarlazzi aggiornata al 2024, probabilmente anche nei colori. Una simpatica storia col finale a sorpresa come si usava una volta; Ilaria Tassoni presenta un Primo Appuntamento in un’unica tavola che rimane un po’ sospeso; Il Bar ai Confini del Mondo di Matteo Mazzacurati è invece forse anche troppo lungo e stiracchiato, e vede un astronauta vivere diverse vicissitudini surreali. Il disegno è disomogeneo (nel trafiletto di presentazione si dice infatti come lo stile di Mazzacurati vada dal caricaturale al realistico) ma la cura che ci ha messo, soprattutto nella colorazione, è encomiabile. A chiudere la rassegna “ufficiale” c’è un fumetto di Miguel Angel Martin che, al di là della stima per l’autore, con le riviste anni ’80 c’entra come i cavoli a merenda: lo stesso Martin diceva di essere stato contestato dai lettori quando pubblicava in Spagna accanto ad autori come Corben e Maroto. Oltretutto mi pare che nella seconda tavola siano saltati i testi dei balloon, e che questo Betadina and the Epsilons sia solo la prima puntata di una serie. Ma è pur sempre Miguel Angel Martin e si legge con piacere.

Ho parlato di rassegna “ufficiale” perché Comics Cult presenta anche un inserto fuori numerazione di 32 pagine dedicato al fumetto erotico. Con l’unica eccezione dell’umoristico Piero Tonin, gli altri fumetti sono disegnati in maniera spettacolare. Sfilano Fernando Caretta, Massimiliano Frezzato, un misterioso ed eccellente «F. Masi» di cui non vengono fornite note biografiche, Roberto Baldazzini e per finire nuovamente Frezzato. Nessuno di questi lavori è poi troppo esplicito, comunque è interessante notare come vengano accennati anche argomenti oggi tabù come pedofilia e incesto, senza necessariamente metterli al centro della scena come provocazione ma usandoli solo come elementi di contorno o chiavi di volta per una storia.

Comics Cult costa 9,90 euro che avrei speso ben più volentieri se non fosse stampata su cartaccia che si rovina solo a guardarla. A testimonianza della provenienza dalle rotative per quotidiani che l’ha partorita, l’inserto Erotic Comics Cult della mia copia non è stato nemmeno rifilato, e così i margini inferiori delle pagine li ho dovuti tagliare io. Ma forse è una cosa voluta per impedire che quei fumetti “vietati” siano visti da occhi innocenti. Sì, come no.

domenica 9 giugno 2024

Il Viaggio della Madreperla Terza Parte: L'Ombra delle Pietre

Ed eccoci arrivati al gran finale. Il gruppetto di Lino ha raggiunto Kenac per avvisare gli abitanti del pericolo incombente, ma i nativi sono restii a fermare il loro esodo poiché prestando fede alla sua natura l’isola sommergibile sta nuovamente per inabissarsi. Cambieranno idea messi davanti all’evidenza dell’esercito dell’arcinemico che sta invadendo la loro patria. A tal proposito, Arispe si è inventato un villain veramente originale, sfruttando oltretutto la sua natura (e quella dei suoi seguaci) per consentire agli eroi di distruggere gli invasori senza le remore che ciò avrebbe potuto generare in un fumetto per ragazzi se fossero stati del tutto “vivi”.

La maniscalca Sigfrida con il suo martello magico Giambattista si rivela fondamentale nella resistenza ma nemmeno lei riesce a intaccare il capo dei nemici. Per fortuna anche Aurelia & co. arrivano sul posto a dare man forte agli assediati grazie al supporto risolutivo di un personaggio che aveva fatto appena capolino nell’episodio precedente a dimostrazione di come l’autore abbia congegnato con cura la sua breve saga (tra l’altro, la ricomparsa del mago vestito di blu offre l’occasione di dare la giusta prospettiva alla scena con cui si era aperto il primo volume).

L’Ombra delle Pietre diventa così la cronaca di questa lunga battaglia finale: la godibilità del fumetto non ne risente perché Arispe inanella un sacco di sequenze appassionanti e originali. Quando poi arriva il momento supremo dell’inabissamento ci pensa un geniale McGuffin pilotato dal capitano Jolie Rouge (a sua volta calembour geniale) a risolvere la situazione.

Nel complesso Il Viaggio della Madreperla è stata una lettura piacevolissima in cui l’autore ha coniugato sapientemente azione e umorismo, dimostrando anche quanto avesse pianificato con cura ogni dettaglio.

Alla soddisfazione di aver trovato questo gioiellino di matrice franco-belga si accompagna l’amara constatazione che se oggi in Italia vogliamo leggere della BéDé di qualità (ma anche non di qualità) dobbiamo pescare nel catalogo di editori ben diversi da quelli propriamente di fumetti che la pubblicavano fino a qualche anno fa.

giovedì 6 giugno 2024

Il Viaggio della Madreperla Seconda Parte: Caccia agli Orchi

Le suggestioni tolkieniane che avevo ravvisato nel primo volume mi sembrano ancora più manifeste. Forse è solo una mia impressione, però questo nuovo episodio si apre guarda caso con un flashback che svela parte dei retroscena della storia, dopodiché si delibera che sarà proprio l’improbabilità degli eroi la trovata giusta per contrastare la minaccia mortale, il gruppo si divide per intraprendere percorsi diversi, lo Stregone Amaranto si comporta un po’ come Grima Vermilinguo, ci sono dei simil-ent (beh, già Lorenzo lo era), la Madreperla è in effetti un po’ un Palantir…

Sia come sia, scopriamo che lo spregevole Stregone Amaranto (non è quello dello scorso episodio: quello era vestito di blu) ha condannato il suo popolo tradendolo per il misterioso invasore che sta conquistando le Isole Sommergibili. I suoi concittadini si sono quindi magicamente trasformati nella Madreperla che sta guidando i protagonisti e trasmette queste e altre informazioni alla Corte dei Miracoli. Il piano del tremendo avversario prevede di soggiogare i quattro orchi delle Isole e al momento gliene manca solo uno: la Zàrfaga. Nella loro saggezza, la Signora del Teschio e l’altro simil-Palantir Artaud dispongono di formare due gruppi: uno per trovare l’ultimo orco e impedire che venga sottomesso e l’altro per avvertire gli abitanti di Kenac. Del secondo fanno parte Lino, l’erborista Rupert incontrato alla fine dello scorso episodio e la new entry Sigfrida, una maniscalca forzuta. Ma Lino & co. non li vedremo quasi più nel corso del fumetto, perché i riflettori saranno puntati su Aurelia, Lorenzo (che scopriamo saper parlare) e un’altra new entry della Corte dei Miracoli: la pianta rabdomante/esploratrice Bosca.

Per essere un fumetto jeunesse non mancano situazioni drammatiche e si percepisce una forte sensazione di tragedia incombente. Anche la possibilità della morte non viene taciuta, anzi è proprio il destino di un personaggio di contorno. Ciò detto, non manca nemmeno un po’ di umorismo e soprattutto c’è tantissima inventiva che restituisce il suo bravo sense of wonder, per quanto come mi pare di aver chiarito Il Viaggio della Madreperla sia molto derivativo.

Parte grafica deliziosa come nel primo volume: forse senza la colorazione ad acquerello i disegni di Nicolás Arispe non sarebbero poi apparsi granché, invece con quei colori e quelle sfumature che spettacolo le scene tra le nuvole e nel profondo del bosco.

martedì 4 giugno 2024

Il Morto 60: I Penitenti di Capo Irto

Questo sessantesimo numero de Il Morto riserva una gradevolissima sorpresa: al comparto grafico si sono aggiunti Ivan Parisi e Alessandro Romagnoli con la collaborazione di Angelo Montana, che hanno portato una bella ventata d’aria fresca. Non che la testata fosse carente a livello di disegni (se non nei primi tempi) ma il lavoro delle new entry è veramente valido, molto dettagliato e personale pur se il consueto intervento di Paolo Telloli e del suo Studio garantisce il mantenimento dell’impronta stilistica della serie. È vero che le loro suore sono un po’ troppo sexy ma a me va benissimo così. E anche i testi sono molto buoni.

Sempre alla ricerca di un suo ex commilitone e quindi di chiarimenti sul suo passato, Peg stavolta arriva in Sicilia. Qui però non riesce a trovare alcuna traccia del vecchio Totò, perché anni addietro si unì alla confraternita dei Penitenti di Capo Irto, monaci intransigenti che amministravano la giustizia parallelamente allo Stato, rinchiudendo nelle loro celle malversatori vari fintantoché non avessero scontato la pena ritenuta commisurata al loro crimine. L’idea è molto suggestiva, non so se Ruvo Giovacca si sia ispirato a qualche leggenda locale oppure a qualche romanzo o film.

I Penitenti sono tuttora operativi ma ben nascosti, e intervengono quando ricevono delle richieste d’aiuto in luoghi deputati secondo modalità specifiche. La vicenda di Peg si intreccia con quella di un ex-assessore corrotto appena liberato dopo sedici anni di clausura forzata (e quindi un po’ fuori di testa) e dunque con quella dei Penitenti stessi. La storia è molto movimentata e non priva in alcuni punti di una gradevole ironia. Ha inoltre il pregio di essere quasi una parentesi leggibile a sé senza fastidiosi cliffhanger o riassunti iniziali per ricordarsi cos’era successo nell’episodio precedente.

La consulenza per il dialetto (che Giovacca ha usato con eccessiva generosità, anche coi “sottotitoli” la lettura risulta un po’ rallentata) è stata fornita da Alfio Scalisi.

Anche la storia d’appendice, Evoluzione, è di livello molto buono: Gianluca Vici T. confeziona una storiellina che temevo avrebbe avuto risvolti moralisti mentre invece si risolve con feroce sarcasmo, Giuliano Bulgarelli la disegna molto bene.

lunedì 3 giugno 2024

Steve Vandam

Gli scavi archeologici nel fumetto italiano di Allagalla stavolta riportano alla luce una serie durata solo quattro episodi, misconosciuta sia per la rivista effimera in cui comparve (SuperGulp!) che per la sua scarsa rappresentatività nel curriculum dei due illustri autori.

Probabilmente seguendo le suggestioni di film o telefilm coevi, cioè degli ultimi anni ’70, Steve Vandam ha per protagonista un tenente di polizia newyorkese cinico e disincantato. Come giustamente sottolineato nell’introduzione, la mancanza dell’ironia tipica di Sclavi (una mancanza programmatica, comunque) porta a un prodotto poco identificabile col lavoro del creatore di Dylan Dog. Le storie sono sicuramente un ottimo esempio dell’abilità di intessere trame compiute riempiendo 10 o 11 tavole di azione, false piste, un pizzico di denuncia sociale e personaggi originali fino alla risoluzione finale che spesso è un riuscitissimo twist ending, ma per quanto padroneggi il genere da Sclavi ci si aspetta qualcosa di un po’ diverso. È probabile che i titoli dei singoli episodi siano delle citazioni (Il Grande Freddo e Un Caso di Coscienza quasi sicuramente) ma la “sclavità” termina qui.

È invece difficile concordare con le lodi che l’introduzione riserva ad Alessandrini, che qui non mi pare decisamente al top. La stoffa si intravede, ma il confronto con altre sue prove anche di poco precedenti non regge, forse ha pagato pegno al formato più piccolo su cui lavorò, anche se le automobili erano lo stesso la sua bestia nera.

La qualità di stampa non è affatto male considerando che è stata fatta a partire dalle scansioni delle vecchie copie di SuperGulp!. Oltretutto il mantenimento dei colori dell’epoca mostra quanto la psichedelia fosse ancora diffusa e anche come non sia sempre scontato ricordarsi che un personaggio ha i baffi (che oltretutto, quando il colorista se ne avvedeva, potevano cambiare colore di episodio in episodio).

Come detto sopra, è evidente che le tavole fossero state pensate per un formato più piccolo, immagino il classico 17x24: inevitabilmente ai margini compaiono degli spazi bianchi piuttosto ampi ma Allagalla ha fatto bene a non ingrandire ulteriormente le tavole di Alessandrini che probabilmente ne sarebbero risultate penalizzate. Nel complesso parliamo di 20 euro per un totale di 42 pagine a fumetti (certo, in un volume cartonato di gran formato e su carta patinata): ognuno valuti se il suo interesse per le “chicche” dimenticate e/o la sua passione per almeno uno dei due autori giustifichi l’esborso.

Dal canto mio, più che il fumetto in sé (comunque apprezzabile) ho gradito l’introduzione di Roberto Guarino e Matteo Pollone, che ricostruisce la storia della trasmissione e della rivista SuperGulp! e più in generale quella del fumetto per ragazzi dell’epoca non lesinando sugli aneddoti. Ospita anche una tavola del quinto episodio di Steve Vandam rimasto incompiuto e quindi inedito.

In appendice le schede biografiche degli autori curate da Luciano Marcianò.

sabato 1 giugno 2024

Flash 1: Crisi nella Zona della Velocità

Se mi sono interessato al recente ciclo dei Teen Titans per i testi di Waid, di questo di Flash mi interessavano i disegni di Deodato Jr. Ahimè, non ricordavo l’ultima sua prova che avevo visto… Anche qui tanto, troppo computer e scelte discutibili di composizione delle tavole. Ma andiamo con ordine.

Mentre Wally West ha una “tranquilla” vita familiare con tanto di figli iperveloci (nuovo status del personaggio o è uno dei tanti mondi alternativi che finirà tra un po’?) qualcosa sta succedendo alla Forza della Velocità, la fonte a cui attingono i velocisti dell’universo DC per muoversi più veloci della luce. Nel mentre Gorilla Grodd e il suo esercito di scimmioni intelligenti fanno rilevazioni in giro per l’America. Come scopriamo sin dall’inizio grazie a uno che ho scambiato per Batman, la soluzione a vari casi che possono far collassare l’universo è eliminare tutti i velocisti!

Si scopre che a forza di stuprare le leggi della Fisica l’azione di Flash ha attirato delle entità temporali inorganiche che ritengono che la sua azione di incasinamento del tempo fosse un tentativo di invocare delle altre entità da loro venerate. Seguendo il filo delle varie sottotrame Flash giunge in una realtà in cui il tempo non esiste, ma è giusto un tassello di una trama piuttosto complessa che oltretutto (dannazione!) manco termina col sesto episodio.

Mentirei se dicessi di aver capito tutto il technobabble di cui è infarcita la storia, e la mancata conoscenza di molti personaggi dell’universo di Flash mi ha precluso la comprensione di certe parti, ma la storia è comunque suggestiva e Simon Spurrier scrive ottimi dialoghi.

Il grosso limite di questo fumetto sono i disegni. Il frutto del ricorso al computer sono anatomie irrealistiche con gli arti dislocati e i deltoidi sproporzionati (giusto per citare la cosa più evidente) e neonati che fluttuano tra le braccia delle madri mentre li allattano – e non perché sanno levitare: il programma che ha usato deodato Jr. li ha “costruiti” così. Inoltre, al di là delle imprecisioni e del senso di artificiale, i disegni sono troppo freddi e cupi per una serie che nonostante momenti quasi splatter ha anche una marcata componente ironica se non proprio umoristica, come succede coi fumetti moderni di supereroi: l’incontro tra Thunderheart e Liberty Belle è totalmente rovinato dalla freddezza di Deodato Jr. E con tutte le possibilità offerte dal computer non poteva “disegnare” Gorilla Grodd e i suoi sgherri con qualche pelo in più rispetto a quelle quattro pennellate in croce? Oltre ai disegni in sé, Deodato Jr. ha ancora il vizio di dividere le tavole in tante vignette anche se raffigurano un unico soggetto, che così risulta spezzato, e continua ad aggiungere vignette più piccole ai margini delle tavole dando l’impressione che tutto esploda (anche quando la situazione non lo richiede) o che ci sia qualcosa di nascosto da scoprire (ma non c’è).