Sospeso tra pastiche, omaggio e analisi sociologica, questo volume offre anche una solida trama quantomeno dignitosa. Nella lunga introduzione, che è anche una dichiarazione d’intenti (ma Watchmen doveva essere una versione dei personaggi della Charlton, non c’entrano nulla Batman e Superman), uno dei due autori, Andrea Guglielmino (l’altro è Marco Scali), spiega il meccanismo per cui si è portati a ritenere migliori gli episodi di un prodotto popolare circoscritti entro un traguardo simbolico, in questo caso i primi 100 numeri di Dylan Dog. Più nello specifico, la molla che lo ha spinto a ideare I Primi Cento è scattata a seguito delle esternazioni di alcuni lettori molto critici sulle varie vicissitudini recenti della testata bonelliana.
I Primi Cento è ambientato a New York negli anni ’80. Damien Donovan è il primo «investigatore dell’occulto», assurto a tanta popolarità da far pubblicare un fumetto con le sue gesta e anche a generare un fan club. I membri di questa conventicola sono divisi tra quanti sono delusi perché il loro idolo non è più quello di una volta e quanti invece ne giustificano o almeno tollerano i piccoli e grandi cambiamenti che lo hanno coinvolto negli anni; i più oltranzisti non accettano nemmeno che l’esclamazione «campane dell’inferno» abbia soppiantato la classica «Barabba libero». Damien Donovan ha tradito i suoi seguaci e i suoi primi cento casi sono veramente insuperati e insuperabili? Il Damien Donovan Horror Club avrà altri problemi ben più gravi a cui pensare: uno dopo l’altro, i suoi membri vengono assassinati secondo modalità che ricordano proprio i casi di cui si è occupato il loro mito. E quindi deliberano di buon grado di assoldarlo per risolvere anche questo caso.
La storia è un profluvio di citazioni dalle fonti più varie: al posto di Groucho l’assistente è Smiley, una trasposizione di Roberto Benigni che offre il destro per disseminare omaggi alla filmografia del comico toscano. Anche se non sono riuscito a coglierli tutti, i molteplici riferimenti a Dylan Dog mi sono risultati comunque evidenti, sia perché riferiti in massima parte ai primi numeri della testata che conosco anch’io sia perché omaggiano episodi talmente famosi che so di cosa parlano pur non avendoli letti.
La trama investigativa è un po’ arzigogolata senza essere troppo assurda, e d’altro canto gli stessi attori in gioco la deridono e la commentano. L’identità del colpevole potrebbe essere scontata per alcuni lettori e ridicola per altri, comunque la soluzione del caso ha un senso compiuto. In alcuni punti ho riso di gusto e la simpatica considerazione metanarrativa finale di Damien Donovan è un’ottima chiusura per tutta l’operazione.
I disegni di Luciano Costarelli sono adeguatamente rozzi. Anzi, decisamente troppo: su Dylan Dog mi pare che solo Montanari e Grassani fossero così “popolareschi”, forse al massimo anche Tacconi. La prima cinquantina scarsa di tavole presenta figure rese con un certo rigore anatomico inchiostrate però con l’accetta per simulare di dover rincorrere la scadenza mensile, nel solco di certa produzione Bonelli d’antan. Ma da metà volume in poi non somiglia più tanto a Bignotti, Pavone o Missaglia quanto a Galati, Grossi e Chizzoli e i disegni si fanno vieppiú imprecisi e sgraziati. Forse è una cosa voluta. Non ricordo di aver mai visto null’altro di Costarelli e quindi non so quale sia il suo stile usuale; a testimonianza della gestazione forse travagliata di questo fumetto ho notato che in alcuni punti gli interventi digitali si intensificano mentre in altri parrebbe di vedere le matite non cancellate o la china non uniformemente densa, come se fosse stata veramente stesa sulla carta. Comunque, a chiudere idealmente il cerchio, leggo nella sua biografia che Costarelli collaborò anche con la famigerata Fenix di Dick Drago: tout se tient.
Sicuramente I Primi Cento avrebbe assolto meglio al suo ruolo di parodia/analisi/omaggio se fosse stato pubblicato in formato bonelliano, mentre Weird Book ne ha tratto un volumetto 17x24 stampato su carta patinata ad un prezzo proporzionato (17,90 euro). Ma è già un miracolo che un prodotto così originale e intelligente abbia visto la luce.
Allibisco. Mai avrei pensato di dover riconoscere come un valore aggiunto "l'abilità di saper disegnare come Montanari e Grassani". Farlo APPOSTA, lo riconosco, non è mica da tutti.
RispondiEliminaImmagino che questo presupponga, per il dotato fumettista, la capacità di far violenza a se stesso, chè lui sarebbe, magari, a livello Hogarth, ma che tramite una natura stoica allenata dalla quotidiana pratica Zen, e magari aiutata da un pizzico di masochismo, riesce a svilirsi (ma attenzione, in realtà ad ELEVARSI), a livello di un Trigo che debba consegnare le ultime 5 tavole di Nick Raider domani a mezzogiorno.
Massì, stiamo al gioco. La vita è veramente strana, se comprano falli pagare ecc.
Sul fatto che il progetto si basi sul citazionismo spinto non mi dilungo, il citazionismo dopo un po' mi venne sui coglioni anche quando era fatto da Sclavi.
La copertina comunque mi ha fatto pensare subito, più che a DD, al caro vecchio pennacchiolesco Balboa (non Rocky).
Ehi, giù le mani da Trigo! Era un grande (quando voleva/poteva).
EliminaE chi lo tocca...
EliminaComunque, è davvero inquietante. Ti rendi conto che con queste operazioni non dico Trigo, ma persino Montanari e Grassani (sulla cui "canaggine" non puoi dissentire, non ti consento la dissenteria, opperbacco!) rischiano di diventare un canone, che genera un manierismo?
Va bene copiare gli autori bravi... ma ogni limite ha una pazienza, lo sa?
Va bene che Picasso a sette anni dipingeva l'Arlecchino e a venticinque le cubiste (nel senso di stile pittorico, cubismo), ma qui si esagera. E ho detto tutto!
Ma se vuoi mimetizzarti con un fumetto devi pur adottarne lo stile (o meglio, uno dei molti stili che sono passati sulle sue pagine). Poi non so come disegna solitamente Costarelli, forse è proprio così.
EliminaE comunque meglio Montanari & Grassani che gli strambi e anemici dei "graphic novel". Cioè, sarebbero meglio se non copiassero, ecco.
Da qualche parte ho letto che Munoz era ospite di Trigo mentre disegnava Dyd e che uno dei due papà di Alack Sinner, soffrendo di insonnia, nottetempo ha inchiostrato qualche tavola dell'indagatore dell'incubo. Mi piacerebbe un Dylan Dog interamente disegnato da Munoz - in fondo il color fest ha proposto Rincione, Officina Infernale, Spugna, Rossi Edrighi, Ausonia, Marco Galli, Akab e Nicolò Pellizon - e dopotutto Enrique Breccia ha disegnato Tex quindi perchè no? ciao ciao
RispondiEliminaMa no, ti confondi con Jannick Sinner, Graziano.
EliminaPuò darsi che l'aneddoto lo hai letto a queste latitudini quando citavo un'intervista apparsa sul Mucchio Selvaggio.
Alberto Breccia rischiò effettivamente di disegnare Dylan Dog.
Nick Sinner ed il suo Mucchio Selvaggio spariscono nella breccia dimensionale. L'Impero ha perso un'altra occasione di catturare i ribelli. Miniserie di quattro. Tascabile. Editoriale Cosmo. Alessandro Bilotta/Vanessa Cardinali.
RispondiEliminaSembra la trama di un episodio di Farscape.
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