I primi episodi erano tremendi: Tintin si salva quasi sempre per caso o con artifici che avvengono fuori scena e non sono spiegati. Certo, si era agli inizi della serie e sicuramente l’umorismo prendeva il sopravvento sull’azione, ma oggi questi aspetti lasciano un po’ perplessi.
A volerlo trovare, c’è più razzismo in Tintin in America che in Tintin in Congo.
La continuity è strettissima, non solo all’inizio della saga quando praticamente ogni episodio viene introdotto alla fine del precedente.
Tintin è un maestro nei travestimenti ma non viene chiarito dove riesca a trovare tutti quegli abiti e quei camuffamenti.
Oltre che essere famosissimo come reporter Tintin deve essere anche miliardario o poco meno.
Contrariamente a quanto riportato da molti, non è vero che Hergé non usasse mai tratteggi o colorasse sempre con le stesse tinte. Non che sia un falso storico, ma non è proprio vero al 100%.
Non ho capito se a furia di rimaneggiare gli albi Hergé fosse diventato bravo a disegnare o se fossero i suoi collaboratori molto più bravi di lui.
Haddock è un grande, ma Milou lo è di più.
Vedere mani senza le unghie mi inquieta anche in un contesto umoristico.
Tintin ha avuto contatti con gli alieni, non me lo ricordavo affatto. E non mi riferisco al meteorite de La Stella Misteriosa.
Hergé non faceva solo ricorso a stereotipi: credo che più spesso un personaggio venga fatto svenire col cloroformio invece che con la classica (e improbabile) botta in testa.
Probabilmente Tintin e L’Alph-Art sarebbe stata una storia memorabile.
L’edizione integrale della Rizzoli Lizard è sen’altro bella, ma è un peccato che non abbiano messo le copertine originali.
Come ogni classico, Tintin è godibilissimo ancora oggi, ed è anche inaspettatamente moderno per certi temi, certe inquadrature e certe soluzioni narrative.
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