Non credo abbia molto senso recensire un prodotto da edicola uscito già da qualche settimana, se non per sottolineare la mia insipienza dovuta all’età che avanza. Ma comunque.
Questo secondo volumetto de I Racconti di Domani è una raccolta di storie brevi (come il primo, immagino), genere che Sclavi ha dimostrato in svariate occasioni di amare molto. In effetti in alcune sequenze ho avvertito una sensazione di déjà vu (o meglio déjà lu) ma è chiaro che non si può pretendere l’originalità assoluta nella dimensione di una manciata di pagine. Il primo approccio non è stato affatto entusiasmante e già subodoravo la noia e l’apologo ma poi la seconda metà abbondante del volumetto ha confermato la geniale esuberanza dello sceneggiatore.
Come venne l’amore per il professor Tristezza è a malapena una “storia”, cioè non c’è uno sviluppo o una situazione da dirimere ma quasi solo una lunga descrizione e poi una mezza morale finale. Forse in origine era pensato per essere un racconto scritto e non “fumettato”? Un professore scettico e amareggiato dalla vita (ma più che altro indifferente a essa) viene visitato dal fantasma della collega che lo amava in silenzio, morta proprio mentre lo inseguiva per convincerlo a partecipare alla sua festa di compleanno. E così muore a sua volta, ma felice per aver conosciuto l’amore. Fine.
Ancora peggio con Gli ultimi cinque secondi: la sequenza iniziale (bellissima) della fuga di gas nervino in un laboratorio è solo lo spunto per delle riflessioni di Dylan Dog.
Ma, come dicevo, da metà albo in
poi l’operazione decolla. Eccezionale Lo
straniero, ambientato nel
Forse addirittura meglio la fulminante Il Mostro, perla di humour nerissimo.
Si chiudono le danze con L’Arrivo, in cui giungono ufficialmente degli alieni sulla terra. La vicenda rimane sospesa e serve più che altro a stigmatizzare un certo atteggiamento di scetticismo pregiudiziale o forse l’assuefazione alle stranezze che già Ennio Flaiano denunciò in quel suo racconto che ruotava proprio attorno a un marziano. Sì, non è ci sia neanche qui una vera “storia” ma preferisco questo raffinato cinismo al patetismo del professor Tristezza.
Nicola Mari (efficacemente colorato da Giovanna Niro) fa un lavoro egregio. Sarà che l’ho gradito, oltre che per la magistrale sequenza muta de Gli ultimi cinque secondi, perché Dylan Dog compare poco o nulla; in genere infatti non mi convince molto la sua resa dell’Indagatore dell’Incubo, e le storie dovrebbero essere suoi sogni – o forse storie raccontate da un simil-Nosferatu o forse racconti tratti da un libro.

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