Avevo preventivato di metterlo tra il Meglio del 2014,
per poco non finiva nel Peggio. Oltretutto è stato il volume Cosmo che ho
faticato di più a trovare, e quasi dieci giorni dopo la data di uscita
ufficiale cioè il 22 dicembre. Per fortuna c’è l’edicola di Turriaco.
Kor-One ha per me un’aura mitica: figurava
nientemeno che nei primi numeri in assoluto de L’Eternauta che lessi in vita mia. Credo fossero due numeri estivi,
perché nel ricordo li acquistai insieme, forse nel 1990, come all’epoca si
usava con le uscite estive doppie della Comic Art. L’aspetto nostalgico però
non esaurisce affatto la carica di questo gioiellino. Francamente di quei
numeri della gloriosa rivista io mi ricordo appunto solo Kor-One, e sicuramente oltre agli indigesti avanzi di All American Comics quelle pagine
mitiche avranno ospitato mostri sacri come Hermann, Gimenez, Corben.
Nella pagina della posta un lettore si spinse a dire che Kor-One era il fumetto migliore che
avesse mai letto in vita sua. È chiaro che ci sono state molte opere che hanno
lasciato nella storia del fumetto una traccia più profonda e duratura, ma a suo
tempo mi sentivo quasi di condividere quel giudizio.
Inoltre (ma qui la memoria mi fa difetto e potrei essermi costruito un
finto ricordo con elementi reali ma associati arbitrariamente...) era scritto
da quell’Ade Capone che aveva già fatto capolino come aspirante sceneggiatore
nella pagina della posta di Lanciostory
e/o Skorpio di fine anni ’70, il che
me lo rendeva istintivamente simpatico.
Nonostante gli oltre vent’anni che separano la prima pubblicazione di Kor-One da questa nuova versione Cosmo,
il lavoro di Capone e De Angelis non ha perso smalto.
Ambientata in Australia in un imprecisato ma non troppo lontano futuro, la
vicenda ha per protagonisti due rottami, in senso più o meno letterale. Shinji
Ajiro era impiegato in una ditta di elettronica ma la crisi e l’illusione di
trovare l’oro in un appezzamento lo hanno portato alla disperazione e
all’alcolismo. Per ottimizzare le sue magerrime entrate si procura da un
aborigeno un androide di recupero che scoprirà essere nientemeno che il vecchio
androide elettronico Kor-One, campione di kick boxing fintanto che la sua
stella ha brillato prima di spegnersi davanti alla nuova generazione di
bio-androidi dalle performance molto più efficienti. Non viene spiegato quali
siano le differenze tra i due tipi di androidi (e d’altra parte sono intuibili
dai nomi) e in generale Ade Capone fa un ottimo uso del technobabble, con una terminologia che risulta evocativa e
credibile ancora oggi; poco cambierebbe se alcuni termini fossero stati
aggiornati con la versione del 1996, si era comunque agli albori dell’era
digitale.
Una volta scoperta la vera identità dell’androide vendutogli come “Trek”
Shinji intravede una occasione di riscatto, che lo stesso Kor-One (dotato di
una propria personalità) caldeggia appassionatamente: si rimetteranno in gioco
e proveranno a vedere quanta strada riusciranno a fare come boxeur e
manager/allenatore/programmatore. Il confronto con i nuovi bio-androidi sembra
essere impietoso, eppure Kor-One miete successo dopo successo. Le cose
sarebbero molto più facili se in qualche maniera la coppia riuscisse a
rientrare in possesso della fight memory
dell’androide, misteriosamente scomparsa.
La storia avrà un lieto fine ma la cinica spiegazione del perché Kor-One
sia riuscito a farsi largo tra i suoi contendenti più moderni è un vero tocco
di disincantata e sarcastica classe, oltre a riempire perfettamente quello che avrebbe
quasi potuto essere un buco di sceneggiatura: se nel mondo delineato da Capone
i bioandroidi sono programmaticamente più forti di quelli elettronici le
vittorie troppo facili del protagonista sarebbero state irreali.
Insomma, io Kor-One l’ho
apprezzato forse ancora di più oggi che non 24 (o quanti erano) anni fa. Fatti
salvi gli elementi oggettivamente originali (l’ambientazione australiana è
stata una grande trovata, e lo era ancora di più all’epoca della sua prima
apparizione) Capone è riuscito a mescolare e ad amalgamare tra di loro degli
ingredienti classici con grande maestria: i temi della frontiera, del riscatto,
dell’amicizia...
Lo stesso assunto di base non è proprio inedito: in un vecchio libero di
Balcarce e Zoppi c’erano appunto un allenatore e il suo robot pugile, ma chissà
quanti altri romanzi e racconti di fantascienza avranno delle basi simile. Il
punto è che Capone ha trovato la perfetta alchimia per unire in maniera
perfettamente equilibrata tutte le varie suggestioni che lo hanno ispirato e
inserirle in un contesto favolistico ma tutto sommato credibile. Non manca il sense of wonder per la tecnologia ma,
per dire, ci sono anche dei riferimenti alla spiritualità aborigena.
Ai disegni un (immagino) giovane Roberto De Angelis realizza una prova
strepitosa, in cui mi è parso di assistere anche a una certa evoluzione: forse
la seconda metà della storia, dal tratto più regolare e meno modulato, ha
segnato il suo passaggio al pennarello.
Oltre al prologo realizzato da Alessio Fortunato questa edizione della
Cosmo presenta un’appendice con varie pin up di disegnatori oggi famosi che,
pur se già all’epoca bravi, fanno quasi tenerezza nel ravvisarvi le
imprecisioni e le insicurezze degli esordi, oltre a far sentire tutti gli anni
passati dalla loro prima pubblicazione, quando la Image dettava stili e modi di
disegnare.
E fin qua il Meglio. Passando al Peggio...
L’edizione della Cosmo, pur dignitosa per la fascia di mercato in cui si
inserisce, secondo me non rende giustizia a Kor-One.
Mi è sembrato di cogliere una certa faciloneria nell’allestimento dell’albetto
sin dal titolo scelto: in copertina la serie è stata ribattezzata Kor One senza trattino nonostante nel
fumetto sia sempre indicato col nome originale e nonostante lo stesso Capone
usi la grafia corretta anche nell’introduzione. Una bazzecola, per l’amor del
cielo, ma inserendola nel complesso del volume mi è sembrata la classica
ciliegina sulla torta. Mi è sembrato ad esempio che qualche punto di
sospensione in origine fosse una virgola, con conseguente minore
comprensibilità di alcuni passaggi. Si sarà perso qualcosa nel passaggio dal
vecchio lettering manuale a quello digitale, ma questo (anche questo) mi spinge a chiedermi perché non utilizzare il
vecchio lettering delle edizioni precedenti, che così sui due piedi non ho
presente ma che comunque tanto male non sarà stato.
Anche la copertina mi ha lasciato perplesso. Non che l’elaborazione di De
Angelis e Fortunato non sia esteticamente valida, però l’ho trovata molto poco
spettacolare (mentre il fumetto avrebbe meritato i fuochi d’artificio: una
cover densa e importante come il suo contenuto) e anche poco in tema col
fumetto, che si basa fortemente sul bianco e nero e sui contrasti. Qui invece
c’è un pugile scarlatto fuori fuoco che potrebbe essere chiunque.
Il limite più grosso secondo me sono però le stesse caratteristiche
cartotecniche. Il formato 16x21 mortifica molto il lavoro minuzioso di De
Angelis, che avrebbe meritato delle dimensioni maggiori per poter godere
appieno dei suoi dettagliatissimi pubblici e anche per andare a caccia delle
varie citazioni sparse per le tavole. A dirla tutta, anche la qualità della carta
(magari solo della mia copia) non mi sembra la migliore: molto più valida
quella impiegata per La Notte del Presepe vivente,
che però in effetti costa il doppio.
In definitiva, questo Kor One
targato Cosmo è consigliatissimo, ma confido di poter leggerne un giorno una
edizione deluxe.
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