giovedì 5 febbraio 2015

Historica 28 - Bruce J. Hawker 1: Rotta su Gibilterra



Passata l’ubriacatura dell’entusiasmo per XIII William Vance mi si rivelò nella sua natura di miracolato, di fumettista che (fatte salve le sue eccellenti doti di illustratore) non avrebbe raggiunto le vette di popolarità e successo che ha ottenuto solo in virtù delle sue figure statiche, dei suoi volti inespressivi, delle sue 2 o 3 inquadrature buone per tutte le situazioni. Mi sono quindi accostato a questo Bruce J. Hawker con una certa riluttanza anche se in alcune interviste William Vance aveva dichiarato, o comunque aveva fatto capire, che il personaggio e l’ambientazione erano quelli a lui più congeniali.
In effetti questo integrale di Historica è stata una piacevolissima sorpresa, e secondo me si vede che Vance è appassionato della materia, tanto più che ha anche scritto i testi – comprensivi di spiegazioni dettagliate sull’uso dei cannoni, sui metodi di arruolamento, ecc. I disegni dei primi due episodi sono spettacolari, molto più sporchi e vivaci di quanto visto su XIII e Marshal Blueberry, e anche i colori di Petra contribuiscono alla suggestione dell’insieme – cosa ancora più lodevole se pensiamo agli anni in cui è stato realizzato il primo episodio, metà dei ’70.

Il protagonista è un giovanissimo (ma già canuto… un po’ un marchio di fabbrica degli eroi di Vance e della bédé in generale) capitano di Marina che nel 1800 si trova invischiato in un complotto che ne rovinerà la carriera. Arrembaggi, azione, vendetta, personaggi tagliati con l’accetta (ma con un certo margine di originalità), scrupolo documentaristico e illustrazioni mozzafiato sono gli ingredienti di questo appetitoso Bruce J. Hawker, e francamente chi se ne importa se c’è poco di storico e tutto di avventuroso in questa serie forse più adatta ad altri lidi piuttosto che alla rigorosa Historica.
I tre episodi qui raccolti sono stati realizzati nell’arco di quasi dieci anni e questo volume offre quindi l’occasione per ammirare l’evoluzione di Vance e per estensione anche dell’editoria a fumetti franco-belga, con ritmi e stili differenti a seconda delle mode e delle esigenze editoriali.
"I lettori non se ne accorgeranno mai!"
Rotta su Gibilterra è denso, lento, didascalico e occasionalmente ripetitivo: serializzato come striscia su una rivista femminile doveva chiarire ogni passaggio e occasionalmente riallacciare i fili del discorso. Integrato dalle tavole e mezze tavole della versione in volume è una lettura solida e spettacolare.
Per motivi che ignoro la Mondadori ha avuto un attacco di “eurismo” nel pubblicare Rotta su Gibilterra: la data di realizzazione è stata cancellata dalle tavole.
(en passant, nella biografia di Vance viene ricordato anche il misconosciuto XHG C3, unica incursione del disegnatore nel genere fantascientifico, pubblicato anch’esso su Femmes d’aujourd’hui, che molti tra cui lo stesso Vance ritengono la sua opera migliore perché realizzata in tempi strettissimi e quindi più espressiva e dinamica del solito – mi ha sempre incuriosito questo fumetto ma è improbabile che lo vedremo vista anche la sua durata ridotta).
L’Orgia dei Dannati venne serializzato su una rivista per ragazzi e Vance, libero di gestirsi il formato della tavole come meglio credeva, optò per una struttura di massimo tre strisce con frequenti splash pages. Me lo sono divorato nei 15 minuti di tragitto in autobus per andare al lavoro.

Con Reclutamento forzato entriamo nella fase della piena maturità di Vance, quando in contemporanea stava disegnando il primo episodio di XIII. Ormai il fumetto era stato abbondantemente sdoganato come letteratura tout-court e passatempo adulto, e anche in Bruce J. Hawker le situazioni diventano appunto più adulte e drammatiche. Stilisticamente si nota un netto stacco tra le tavole del 1983/84 e quelle riciclate dalle storie brevi di qualche anno prima. Per fortuna i dettagli delle divise e dei décors riescono a ravvivare queste tavole.
Reclutamento forzato è anche l’episodio stampato meglio visto che i primi due, sicuramente a causa dei materiali originali di stampa, soffrono di qualche problema di resa.
A integrazione del fumetto vero e proprio vengono proposti alcuni scritti e storie brevi che arricchivano le edizioni originali.

APPENDICE: “AMARE” NEL SENSO DI COSE NON DOLCI, NON DEL VERBO

Non per fare lo stronzo, ma Sergio Brancato sembra aver voluto lanciare una provocazione con alcune sue considerazioni all’inizio dell’introduzione. Se così non fosse, è per me un piacere prendere in castagna uno studioso della sua levatura, così come Guccini si compiacque di poter fare le pulci a Umberto Eco (per cui Guccini era il cantautore che aveva fatto rimare “amare” con “Schopenhauer”, fraintendendo però il significato di “amare”).
Dunque: non essendoci poi molto da dire sull’ambientazione storica, visto che lo stesso fumetto di Vance non la approfondisce, Brancato prende tempo e parla di come venivano presentati i fumetti su rivista dagli anni ’60 fino ai primi ’80: «i fumetti di successo nascevano sulle volatili pagine dei quotidiani, delle riviste popolari o dei rotocalchi, apparendo a puntate composte da poche tavole, magari confuse tra un articolo e una réclame [...] tutti nati senza particolare clamori su riviste che li proponevano nello spazio di poche pagine»
Il punto è che fa gli esempi peggiori per suffragare questa sua tesi: Corto Maltese, Petra Chérie, Max Fridman.
Corto Maltese veniva pubblicato su Sgt. Kirk, con pochi articoli e nessuna pubblicità a inframmezzare le almeno dieci tavole che venivano pubblicate di volta in volta (ok, con un salto di due numeri), e anche pensando alla sua di poco successiva pubblicazione sul Corriere dei Piccoli la situazione non cambia affatto.
Petra Chérie, il cui fascino devo peraltro ancora capire, forse veniva pubblicata «tra un articolo e una réclame», ma comunque si trattava di episodi completi e conclusi, senza alcuna frammentazione.
Max Fridman, poi, fu pubblicato in soli 4 numeri di Orient Express a blocchi di 20 (venti) tavole al colpo, per l’epoca una manna tanto che in una delle prime interviste a Giardino di Fumo di China si avanzava ironicamente l’ipotesi che Luigi Bernardi avesse varato la rivista proprio per pubblicare Rapsodia Ungherese. La situazione non cambia poi molto se Brancato si fosse confuso e avesse voluto scrivere Sam Pezzo invece che Max Fridman: varrebbe lo stesso discorso fatto per Petra Chérie, con ancora meno pubblicità in mezzo a Il Mago.

4 commenti:

  1. Io questo volume lo aspettavo da parecchio. Gli autori e le ambientazioni mi piacciono parecchio. Purtroppo, però, non l'ho ancora visto, in edicola. E pensa che in una libreria Mondadori (Mondandori, eh, non una libreria qualsiasi), mi hanno detto che al momento non è disponibile per ordinarlo. Bah.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sembrerebbe strano anche a me. Ma sto chiedendo a tutte le edicole alle quali passo accanto. Magari faccio prima a fare un salto in fumetteria, però. Vedremo.

      P.S.: Non era con te che parlavo di "La Porta del Cielo" di Sicomoro? Se ti interessa, credo di aver capito che il secondo tomo sarà serializzato su Skorpio a partire dalla prossima settimana. O almeno così si dice QUI.

      Elimina
    2. Sì, ho visto che lo pubblicheranno su Skorpio dopo un'attesa pluriennale (era il 2009 mi pare quando Sicomoro a Lucca mi disse che sarebbe uscito l'anno dopo, cioè nel 2010...) ma mi piange il cuore a vedere capolavori del genere rovinati dalla stampa scadente, dalle nuvolette rifatte, dai numerini di pagina e dalla generica scarsa cura dell'Eura/Aurea. Spero di recuperarlo in francese, figurarsi se qualcuno ne pubblicherà mai un volume in Italia.

      Elimina