Che palle, un altro western. Questo, però, cerca di essere originale.
Sembra anzi ostentare la sua originalità come se fosse un motivo sufficiente a
decretarne la qualità e a giustificarne l’acquisto. In Colorado i protagonisti non sono i classici eroi del genere (non
tutti, almeno) ma un giovane indiano navajo, un rapinatore messicano, un
suonatore di colore, un ex-minatore cinese e la sua compagna irlandese. Tanto
basti per il momento visto che la trama portante viene appena accennata: da una
scena iniziale si evince che Uintah Mapaï (l’indiano) ha convocato gli altri
sull’inaccessibile cresta del Colorado con la lusinga del recupero di un tesoro.
Dalla quindicesima tavola parte un flashback che occupa praticamente tutto il
resto del volume, in cui viene sviscerata la storia di Uintah Mapaï, in cerca
di vendetta per lo sterminio della sua tribù, e viene introdotto il personaggio
di Chaparro, il messicano.
Può darsi che, anticipando Lost,
Jean-Yves Mitton abbia voluto impostare la saga dedicando ogni episodio alla
storia di un singolo personaggio mentre porta avanti la vicenda principale.
È ancora presto per giudicare questa serie che dovrebbe durare cinque
episodi, il mix di luoghi comuni e di elementi inediti non mi ha catturato (è
pur sempre l’ennesimo western) ma un minimo di curiosità ha saputo sollevarla
quindi non escludo di continuare a seguirla.
Ai disegni Georges Ramaïoli (altresì noto come Simon Rocca)
si dimostra inizialmente un valido epigone di Jean Giraud come Christian Rossi
e Michel Rouge ma stempera presto le sue velleità in uno stile meno curato ma
comunque valido. Purtroppo i colori di Jocelyne Charrance affossano un po’ la
qualità del tratto visto che sono stati realizzati al computer in un’epoca
(questo primo volume risale al 2003) in cui le possibilità del mezzo non erano
consolidate come oggi nè esisteva forse una familiarità generalizzata col
mezzo. Come effetto collaterale della lavorazione al pc, la qualità di stampa
risulta non ottimale.
In merito alle copertine non riprese da quelle originali ma affidate a Elia
Bonetti: da quel poco che ho visto di suo, io adoro Bonetti ma “quel poco” è il
mitico gioco di ruolo Sine Requie
quindi sicuramente il mio giudizio sul suo lavoro non è imparziale. Detto
questo, per quanto siano innegabili il suo talento e la sua perizia tecnica (in
particolare nella copertina del prossimo volume che campeggia in quarta di
copertina) mi sembra che i risultati siano un po’ freddi oltre che poco
pertinenti al contenuto. D’altro canto un mio amico ha malignato sul fatto che
forse la Cosmo ha affidato le copertine a lui perché quelle originali erano
scadenti...
L'ho sfogliato in edicola e lì e rimasto. Proprio per via dello scarso appeal dei disegni di Ramaïoli. Un buon mestierante, ma alcune vignette sembrano davvero rasentare la decenza. Se poi più andiamo avanti e peggio è (ho beccato QUESTA tavola dal numero cinque), allora stiamo freschi.
RispondiEliminaDiciamo che per apparire "piacevole" come Christian Rossi, di strada ne deve fare proprio parecchia. Da qui, presumo, la saggia scelta della Cosmo di far ridisegnare tutte le cover ad Elia Bonetti, visto quanto sono tremende quelle originali.
Peccato perché nelle premesse, la storia aveva quel non so ché di interessante.
madonna che porcheria la tavola che hai linkato... vediamo come andrà avanti la storia. Boh, ma forse anche no a questo punto.
EliminaComunque nelle prime pagine la qualità era veramente simil-Christian Rossi.