Si conclude la prima serie
originale di Kinowa e, fatta salva la
distanza di quasi settant’anni che la separa da noi, è stata una lettura
piacevole – anche se assolutamente non così violenta o iconoclasta come i
commenti di alcuni storici del fumetto avrebbero fatto intendere.
La cosa che ho apprezzato di più
è la coerenza della trama e lo stretto collegamento tra i singoli episodi, a
costituire veramente un’unica vicenda e non una semplice serie a continuazione.
Si vede che Lavezzolo aveva
un’idea (forse non particolareggiata, ma c’era) di come gestire un canovaccio
prestabilito, con un inizio e una fine precisi, pur inserendo qualche nuovo
elemento che giustificasse i titoli ad effetto dei singoli episodi. E comunque
anche questi nuovi elementi introdotti nel corso della vicenda non sono
estemporanei ma vanno a incidere sulla trama anche a lungo termine: il
personaggio di Long Rifle è gestito in maniera splendida.
Al di là di questo, Kinowa ha un ritmo serrato e
coinvolgente e, pur pagando pegno alle convenzioni del genere western con
l’inevitabile strascico di assurdità o banalità, inanella delle buone trovate,
soprattutto verso la fine.
La prosa di Lavezzolo è sempre
libresca, con perle lessicali come le «acque cadenti» di una cascata, la
«canea» degli Indiani lanciati all’inseguimento o il cielo «procelloso». Curiosamente,
questa ricercatezza fa a pugni con degli errori veramente elementari di
Italiano (uno su tutti: le virgole tra soggetto e verbo).
I disegni si mantengono di buona
fattura, ottima se ci soffermiamo sui particolari naturalistici degli sfondi,
ma mi è sorto il dubbio che questa edizione sia frutto di qualche rimontaggio visto
che (ad esempio) in una vignetta il marchio EsseGesse sembra continuare oltre i
bordi della vignetta e a voler trovare altri interventi redazionali come
pecette et similia se ne trovano
facilmente.
In ogni caso, 6 euro scarsi sono
senz’altro ben spesi per questa edizione integrale della prima serie di Kinowa, che può vantare anche le belle
copertine di Benevento. Di certo il lavoro di Lavezzolo e della EsseGesse
merita di essere celebrato nella Storia del fumetto per l’originalità di base e
la sua qualità intrinseca, e non per le derive violente attribuitegli da alcuni
testi (ma nemmeno per l’accenno di revisionismo citato nell’introduzione del
numero 2, che io francamente non ho minimamente riscontrato).
La virgola tra soggetto e verbo procella il cielo sopra la mia zucca e mi unisco al tuo stigmatizzare la cosa, ma devi considerare che Kinowa è nato in tempi in cui taluni eivitavano la canea davanti ai teatri dove si celebrava l'avanspettacolo per entrare siccome in chiesa nei templi del Bardo dove il mattatore di turno, rapito dal testo, poteva far passare anche sessanta secondi tra il nome Ofelia ed il consglio vibrante di evitare le procelle della vita riparando in un convento.
RispondiEliminaMi rendo conto che ormai viagi a velocità Il Morto e che quindi non ti è dolce il naufragar in acque cadenti come per me che , a parte le corna, ricordo il Kinowa d'antan.
I lacerti?
EliminaSon là, certi.
Ho dato un'occhiata al primo albo della ristampa Dardo del 1990, in formato decisamente più ampio: 21 x 28. Le firme esseGesse non escono mai dai bordi. Quello che ha sempre fatto desistere dal leggere questi fumetti è la quantità enorme di didascalie: non c'è quasi striscia che non ne contenga una, in orizzontale o verticale e quando non c'è alcuna didascalia ci sono dialoghi chilometrici. Il tutto è evidentemente ridondante perché facendo la prova che consiste nel "guardare le figure" senza leggere i testi, si comprende abbastanza bene losvolgimento della trama.
RispondiEliminaEh, erano altri anni! In 20 paginette poteva starci benissimo che lo sceneggiatore rimpolpasse un po' la storia con del bla bla bla anche superfluo, sennò la lettura poteva durare veramente troppo poco. Anche se ovviamente nel 1950 non si ponevano certo questo problema ma semplicemente seguivano lo stile didascalico imperante.
EliminaGrazie della segnalazione delle firme. Mi sa che quindi un qualche rimontaggio c'è stato...