Una delle ultime bizzarrie
fumettistiche di Grant Morrison ha un incipit decisamente originale: narrare la
storia delle origini segrete di Babbo Natale. Con la cultura esoterica di
Morrison poteva venirne fuori qualcosa di interessante se non addirittura istruttivo.
Ma così non è stato.
Klaus torna a Grimsvig in
occasione della festività invernale dello Yule, ma scopre che il villaggio è
diventato una dittatura oppressiva e corrotta in cui ai bambini vengono persino
requisiti i giocattoli, fossero anche semplici pietre. A reggere Grimsvig c’è
un grottesco triumvirato formato dal viscido Lord Magnus, dall’apatica Lady
Dagmar e dal loro figliolo Jonas che è costantemente insoddisfatto da tutto e
in special modo dal plastico della città che ogni anno in questo periodo gli
viene donato. Gli uomini che non prestano servizio nella guardia cittadina sono
praticamente schiavi che devono lavorare nelle miniere per ricavare quantità
assurde di carbone.
Il proto-Babbo Natale di Morrison
(che ha un’origine simile a quella di Ariane de Troïl)
è una specie di supereroe un po’ barbaro e un po’ sciamano, a cui riescono le
imprese più inverosimili anche grazie alla lupa gigante che lo accompagna e al
contatto col mondo fatato a cui attinge quando suona il flauto. Il tono è contemporaneamente
fiabesco e sopra le righe, un action
movie fracassone vagamente basato sul folklore, calibrato oltretutto per
essere fruibile da un vasto pubblico: delle rarissime morti si vedono ad
esempio solo i dettagli (oppure sono “fantasy” e poco realistiche) e anche le
battute, per quanto efficaci, sembrano adatte a un film per famiglie.
I possibili riferimenti alle
origini pagane del Natale e al misticismo della Runa della Gioia affogano
presto nell’azione più concitata e frenetica (e anche un po’ inverosimile in
certi passaggi della seconda metà, coi personaggi che sembrano teletrasportarsi
in un lampo da un posto all’altro), con delle sequenze risolte in maniera molto
banale e scontata.
Poco può fare per rimpolpare un
po’ la trama un demone, con tutto il suo portato simbolico solo accennato, che potrebbe essere stato alla base di tutto.
I disegni di Dan Mora sono dignitosi
ma non entusiasmanti, a metà strada fra John Romita Jr. e un disegnatore
decente, con vari inserti deformed mangheggianti
per assecondare il tono della storia. Mora ha realizzato anche i colori, in
maniera non disprezzabile.
In definitiva mi sembra che
questo Klaus sia un’occasione
mancata, o forse il riciclo di una sceneggiatura pensata per il cinema (il che
giustificherebbe le spacconate e le banalità), comunque non degno della
confezione con cui la Panini l’ha presentato, ovvero un cartonato che costa ben
19 euro. Il prezzo è più che giustificato per le caratteristiche cartotecniche
del volume, ma è il fumetto in sé che avrebbe meritato una destinazione ben più
economica. Ma immagino che alla Panini abbiano voluto comprensibilmente
capitalizzare sull’incombente Natale.
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