domenica 17 dicembre 2017

Klaus

Una delle ultime bizzarrie fumettistiche di Grant Morrison ha un incipit decisamente originale: narrare la storia delle origini segrete di Babbo Natale. Con la cultura esoterica di Morrison poteva venirne fuori qualcosa di interessante se non addirittura istruttivo. Ma così non è stato.
Klaus torna a Grimsvig in occasione della festività invernale dello Yule, ma scopre che il villaggio è diventato una dittatura oppressiva e corrotta in cui ai bambini vengono persino requisiti i giocattoli, fossero anche semplici pietre. A reggere Grimsvig c’è un grottesco triumvirato formato dal viscido Lord Magnus, dall’apatica Lady Dagmar e dal loro figliolo Jonas che è costantemente insoddisfatto da tutto e in special modo dal plastico della città che ogni anno in questo periodo gli viene donato. Gli uomini che non prestano servizio nella guardia cittadina sono praticamente schiavi che devono lavorare nelle miniere per ricavare quantità assurde di carbone.
Il proto-Babbo Natale di Morrison (che ha un’origine simile a quella di Ariane de Troïl) è una specie di supereroe un po’ barbaro e un po’ sciamano, a cui riescono le imprese più inverosimili anche grazie alla lupa gigante che lo accompagna e al contatto col mondo fatato a cui attinge quando suona il flauto. Il tono è contemporaneamente fiabesco e sopra le righe, un action movie fracassone vagamente basato sul folklore, calibrato oltretutto per essere fruibile da un vasto pubblico: delle rarissime morti si vedono ad esempio solo i dettagli (oppure sono “fantasy” e poco realistiche) e anche le battute, per quanto efficaci, sembrano adatte a un film per famiglie.
I possibili riferimenti alle origini pagane del Natale e al misticismo della Runa della Gioia affogano presto nell’azione più concitata e frenetica (e anche un po’ inverosimile in certi passaggi della seconda metà, coi personaggi che sembrano teletrasportarsi in un lampo da un posto all’altro), con delle sequenze risolte in maniera molto banale e scontata.
Poco può fare per rimpolpare un po’ la trama un demone, con tutto il suo portato simbolico solo accennato, che potrebbe essere stato alla base di tutto.
I disegni di Dan Mora sono dignitosi ma non entusiasmanti, a metà strada fra John Romita Jr. e un disegnatore decente, con vari inserti deformed mangheggianti per assecondare il tono della storia. Mora ha realizzato anche i colori, in maniera non disprezzabile.
In definitiva mi sembra che questo Klaus sia un’occasione mancata, o forse il riciclo di una sceneggiatura pensata per il cinema (il che giustificherebbe le spacconate e le banalità), comunque non degno della confezione con cui la Panini l’ha presentato, ovvero un cartonato che costa ben 19 euro. Il prezzo è più che giustificato per le caratteristiche cartotecniche del volume, ma è il fumetto in sé che avrebbe meritato una destinazione ben più economica. Ma immagino che alla Panini abbiano voluto comprensibilmente capitalizzare sull’incombente Natale.

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