Come sempre accade con il ciclo
delle Città Oscure, anche La Frontiera
Invisibile ha un un’impronta kafkiana. L’implume Roland De Cremer, rampollo
di una casta di grandi cartografi, giunge a Sodrovno-Voldachie dove prenderà
possesso delle sue nuove mansioni. Può sistemarsi come meglio crede: il Centro
di Cartografia è abbandonato a se stesso e molti alloggi dei dipendenti sono
vuoti. Non capisce bene cosa deve fare e il bizzarro personale dell’ente non è
di grande aiuto, parlando più che altro per sottintesi. Oltretutto, il rampante
Ismail Djunov sta portando avanti un progetto di meccanizzazione di tutta la
cartografia, per cui saranno dei localizzatori automatici a creare le mappe,
non più dei cartografi umani. All’istituto Roland conosce anche una cameriera/prostituta
che incredibilmente ha impressi sulle natiche i veri confini di quei territori
tormentati da guerre, annessioni e rappresaglie.
Ma le cose stanno per cambiare:
il Maresciallo Radisiç ha deciso di rilanciare l’attività dell’istituto con
ingenti mezzi. Il motivo è assai poco nobile, compito dei cartografi sarà
riscrivere la geografia di quei luoghi secondo la sua visione politica
eliminando dal quadro le nazioni nemiche.
Mangiata la foglia e indispettito
dal credito interessato di cui gode Djunov (ma pure lui avrà i suoi problemi
coi politici…), Roland fugge a una convocazione col Maresciallo portandosi
dietro anche Shkodrȃ, la ragazza coi tatuaggi che simbolicamente ha il nome
della stessa regione da cui proviene. Purtroppo per loro finirà male, ma siamo
pur sempre nell’universo elegantemente distaccato delle Città Oscure, per cui
la conclusione della vicenda non sarà cruenta ma solo molto amara, appena
appena stemperata da un raffinato simbolismo grafico conclusivo che
probabilmente vuole essere metafora di tutta la storia.
La sceneggiatura di Benoit
Peeters è percorsa come al solito da trovate estemporanee e da un certo ermetismo,
oltre che da riferimenti occasionali alle altre Città Oscure. I disegni di
Schuiten sono esattamente come ci si aspetterebbe: stupendi. I personaggi sono
tratteggiati con grande cura e molto personalizzati senza mai essere
caricaturali, i bizzarri veicoli hanno una loro coerenza strutturale per quanto
“impossibili” e ovviamente le panoramiche e le architetture sono qualcosa di
spettacolare. Ma quello che mi ha colpito di più delle sue tavole sono i
colori. Poiché si vede la grana dei materiali usati, mi viene da pensare che
abbia usato dei pastelli a cera o a olio. Come tecnica non sempre è la più
indicata (ad esempio per rendere la pelle) ma richiede una precisione e una
cura tali da aggiungere ancora altra ammirazione a quella di cui già gode a queste
latitudini il grande Schuiten. Oltretutto, a differenza di Rivedere Parigi,
stavolta ha disegnato le tavole a china e solo successivamente le ha colorate,
quindi i contorni delle figure sono netti e precisi, magnificamente resi dalla
perfetta qualità di stampa di Alessandro Editore. A proposito dell’edizione i
29,90 euro del prezzo sono più che giustificati visto che si tratta di un
“integrale” in formato più largo che raccoglie i due volumi originariamente
usciti separati, come nel caso de La
Teoria del Granello di Sabbia.
Pur essendo un gioiello non
inserirei La Frontiera Invisibile tra
gli episodi migliori delle Città Oscure, perché come ne Le Mura di Samaris rimane un retrogusto di arrendevole incompiutezza
e come in Brüsel non è facile entusiasmarsi
alle vicende di personaggi che non sono poi molto simpatici. Cionondimeno,
resta pur sempre un gioiello.
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