Il lavoro è meno intellettuale di quello che si possa pensare e i “Plot Holes” devono ricorrere sovente alla violenza più sfrenata (tanto, una volta cancellati gli “errori” non esisteranno più). A complicare la faccenda, in un’azzardata mise-en-abîme, tutti i membri del gruppo sono a loro volta dei personaggi immaginari reclutati dalle rispettive opere: Cliff proviene da un romanzo pretenzioso e ben altri tre membri originarono nei fumetti.
Avrebbe potuto venirne fuori anche qualcosa di simpatico, in pratica è La Lega degli Straordinari Gentlemen scritto da un bambino di dieci anni. Pur criticando lo stile dei fumetti statunitensi (o così mi è parso) anche Sean Murphy non fa altro che riproporre il pacchetto completo dei comic book, con scene di violenza parossistica e battutacce di pessimo gusto miste a qualche stereotipata scena strappalacrime o dialogo “profondo” identico a mille altri. A tal proposito, The Plot Holes paga anche pegno alla sensibilità LGBT+. Ciò detto, un paio di colpi di scena azzeccati pongono questa opera un gradino al di sopra della media statunitense, e Sean Murphy non ha il sacro terrore di mostrare una tetta quando serve, ma nulla per cui stappare lo champagne.
Per quel che riguarda la parte grafica, non sono mai riuscito a mettere a fuoco i disegni di Sean Murphy: sicuramente ha una sua cifra stilistica personale ma non ho mai capito se le semplificazioni e le deformazioni anatomiche, i tratteggi buttati lì “tanto per” e l’inchiostrazione spigolosa fossero dovuti a una precisa scelta o ai suoi limiti.
Una curiosità: mi chiedo come abbia potuto Sean Murphy citare impunemente tanti brand più o meno famosi come Netflix, Dragonlance, Gundam, Il Signore degli Anelli, Cowboy Bebop, Batman, Star Trek, Ritorno al Futuro, robottoni giapponesi di cui non so il nome, ecc.
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