In almeno un’occasione Aldo Busi ribattè a chi lo criticava che se lo si
accusa di scrivere col culo gli si fa in realtà un complimento, perché la gente
normale usa il culo solo per cagare e avere le emorroidi mentre lui sa
impiegarlo anche in altra maniera.
Ecco: a scanso di equivoci, se dico che Alessandro Editore distribuisce i
suoi volumi col culo non voglio assolutamente fargli un complimento. Dai, sul
serio, l’ultimo Blake & Mortimer
doveva essere la strenna natalizia e io l’ho trovato solo la settimana scorsa!
E quel benedetto Matteo 3 alla fine
ho dovuto cedere e comprarlo online visto che nelle fumetterie (in quelle che
frequento io, almeno) non c’è stato verso che arrivasse, ammesso che arrivasse,
prima del 2015 – e ufficialmente era disponibile dal 18 giugno scorso!
Sicuramente Alessandro avrà le sue ottime ragioni per lavorare in questa
maniera e privilegiare il suo store virtuale e solo pochi altri canali scelti,
ma è desolante vedere che praticamente l’unico editore che ormai pubblica BéDé
in Italia come dio comanda stia quasi battendo in ritirata, pur con prodotti
come Blueberry e autori come Juan
Gimenez in catalogo.
Fine della predica, veniamo a questo nuovo Blake & Mortimer.
La storia è ambientata quasi interamente nel 1944 in piena Seconda Guerra
Mondiale, il che ci permette di scoprire alcuni retroscena della carriera
militare di Francis Blake. Nel corso della prima ventina di pagine la trama,
nonostante una bellissima e avvincente sequenza di combattimento aereo,
approfondisce con grande scrupolo documentaristico il lavoro di
controspionaggio svolto dall’esercito britannico (non che io sia un esperto, ma
ho visto The Imitation Game che non è
tanto) e quando finalmente interviene l’elemento fantastico, o per meglio dire
quello fittizio immaginato da Pierre Jacobs, ho percepito uno stacco
nettissimo. Così come la citazione dell’Impero Giallo nello scacchiere delle
nazioni in guerra non può che far risaltare al lettore la distanza tra la
fantasia e la cruda realtà – tutto sommato Jacobs lavorava al primo episodio
della serie pochissimi anni dopo quelli in cui si svolge questa vicenda.
Il Bastone di Plutarco è appunto un vero e proprio prequel del
primo episodio della saga, Il Segreto
dell’Espadon, in cui vengono rivelati dettagli sull’ascesa al potere del
despota Basam-Damdu e approfonditi tutti i personaggi principali della saga:
molto dettagliato e interessante il background di Olrik, non ricordavo invece
che Mortimer fosse pure ingegnere oltre che fisico.
Il capitano Francis Blake viene invitato al centro ultrasegreto di
Scaw-Fell per lavorare insieme al ritrovato Mortimer (il loro incontro
giovanile era stato narrato nel numero 16) proprio al fatidico Espadon, ma nel
campo viene rilevata la presenza di qualche spia e i due vengono coinvolti in una
missione di controinformazione a Gibilterra. La storia è molto coinvolgente e
serrata e ovviamente con il tema spionistico entra in gioco l’elemento whodunnit, che coerentemente con il
resto della saga di Blake e Mortimer ha il difetto di risolversi con la
rivelazione che il colpevole è il principale sospettato.
Yves Sente ha saputo intrecciare una bella rete di riferimenti agli
elementi futuri della saga (molto simpatica la strizzatina d’occhio finale che
rimanda al primissimo volume) e si è inventato delle ottime trovate, prima fra
tutte quella dei radioindicatori per confondere il nemico. Non ha nemmeno
agevolato troppo i suoi protagonisti, perché se è pur vero che Blake e Mortimer
hanno avuto qualche botta di culo (il microfono della spia che guarda caso
funziona male proprio al momento giusto per essere individuato) si sono dovuti
comunque confrontare contro pericoli inaspettati come la contraerea amica poco
ricettiva. La storia è avvincente e nonostante l’ambientazione bellica il sense of wonder si mantiene
inaspettatamente a livelli alti.
André Juillard, qui coadiuvato da almeno un assistente, è formidabile. Come
avevo già intravisto
si sta lentamente affrancando dalla linea
chiara propriamente detta, che neppure lo stesso Jacobs seguì con costanza,
e adesso le pieghe degli abiti e i volti di alcuni personaggi si arricchiscono
di occasionali puntini e tratteggi. Stupende anche le sue ombre e le
espressioni dei personaggi. Il dinamismo di alcune scene, poi, è inarrivabile.
Scendendo nel dettaglio, le prime due vignette di pagina 37 mostrano la sua
maestria nel gestire lo spazio vuoto (e l’aspettativa che si crea) tra una
vignetta e l’altra, così come le ultime due di pagina 44 sono un fantastico
esempio di mise-en-abîme tra vignette
contigue.
L’edizione di Alessandro Editore non è del tutto scevra da errorini e
refusi, ma comunque sono bazzecole rispetto a quello che si legge in giro
oggigiorno.
Un bel volume che nella mia classifica personale si pone sia sopra al
recente L’Onda Septimus che a tutte le stesse prove precedenti di Sente e Juillard eccezion fatta per
il dittico de I Sarcofagi del Sesto
Continente in cui era preponderante l’aspetto fantascientifico che amo di
più. Valeva sicuramente la pena aspettarlo. Anche perché, una volta ordinato in
fumetteria, non è che ci siano alternative...
E' un po' di anni che non lo leggo.Ed è un peccato. Vorrei recuperarli perché la serie merita parecchio e in particolare le storie di Sente o Van Hamme.
RispondiEliminaHai postato anche tu la cover dell'edizione strip. Mi piace tanto, anche se non l'ho mai capita bene, questa cosa. In Francia di ogni numero escono in contemporanea entrambe le edizioni?
Non ho seguito le versioni francesi, ho preso le prime immagini che ho trovato su internet...
EliminaCredo che fra tirage de tete, de luxe e quant'altro di ogni volume di Blake & Mortimer escano 5 o 6 versioni alla volta.
Paris sera toujours Paris.