Mai letto nulla finora di Mercurio Loi, ma la particolarità di
questo sesto episodio mi ha spinto all’acquisto. A passeggio per Roma è una specie di librogame, o meglio una di
quelle storie a bivi che venivano pubblicate su Topolino.
La prima volta che l’ho letto
sono “morto” subito mentre il percorso che ho scelto per la seconda lettura si
è rivelato quello più soddisfacente tra le varie alternative. La storia è
comunque leggibile tutta d’un fiato dall’inizio alla fine senza prendere una
diramazione piuttosto che un’altra, anche se per giustificare certe
reiterazioni Bilotta ha dovuto fare ricorso a mezzucci come un ipnotizzatore e
un’allucinazione da abbiocco.
La trama offre più filosofia che
azione o intrighi (sin dai redazionali a pagina 4: ma Bilotta scrive tutte le
introduzioni così?) e attorno ad alcuni nuclei tematici più rilevanti, cioè la
condanna del fratello di un vescovo e l’esibizione funambolica di un vecchio
insegnante di Mercurio Loi, si sviluppano delle riflessioni su come le nostre
scelte condizionino la nostra vita e di conseguenza sul libero arbitrio, forse
solo un’illusione. In chiave umoristica l’argomento era già stato trattato da
Moreno Burattini in una storia a bivi di Cattivik,
che era appunto una critica alla falsa libertà di cui godrebbe il lettore di
librogame, anche se qui Bilotta introduce la possibilità di mandare
volontariamente in loop certe
sequenze per godersele all’infinito.
Niente di nuovo sotto il sole,
dunque, ma scritto con grande gusto e un’architettura narrativa quasi perfetta
– a tal proposito, a pagina 21 nella seconda vignetta la testa del bastone di
Mercurio Loi forma il numero 4: è solo un caso oppure una cosa voluta per
rimandare il lettore all’introduzione di pagina 4 e quindi alle elucubrazioni
dell’autore? Il finale è molto buono, a maggior ragione se viene letto come
l’ho letto io dopo esserci incappato per sbaglio una prima volta, ma il piglio
metanarrativo che affiora in molti punti finisce presto per stufare.
Pur non conoscendo nulla
dell’universo narrativo della serie, non mi è stato difficile prendere
familiarità con i personaggi e calarmi nell’atmosfera, nonostante Bilotta non
abbia adottato per fortuna l’antipatica abitudine di far parlare meccanicamente
i protagonisti a beneficio del lettore neofita riassumendo le loro
caratteristiche e i rapporti che li uniscono. E credo di aver capito che
l’arcinemico di Mercurio Loi, Pasquino, sia Camillo
Scaccia, anche se il passaggio da pagina 87 a 88 apparentemente rende
la cosa impossibile (tutto sta nel capire da quando inizia l’allucinazione).
I disegni di Sergio Ponchione
sono molto buoni, non solo a livello estetico ma anche registico. Se Bilotta ha
curato al millimetro il meccanismo della trama, il disegnatore ha dato delle
grandi prove con il montaggio alternato delle tavole 28 e 29 e con le varie
panoramiche dall’alto che ha inserito nel fumetto.
Anche i colori di Nicola Righi
sono buoni e non si limitano a riempire banalmente le vignette ma contribuiscono
a creare i volumi e ad arricchire l’atmosfera. È un peccato che anche in questo caso
la qualità della carta vanifichi in parte il lavoro degli autori rendendolo un
po’ evanescente.
Io lo prendo domani, per me Loi è il miglior fumetto italiano contemporaneo (o comunque degli ultimi 30 anni). Mi fa piacere ti sia piaciuto, è particolare questo albo da come lo descrivi e me lo godrò :)
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