Come nel caso de I Cosacchi di Hitler
anche in questo volume la guerra è più che altro lo spunto di partenza per una
narrazione più estesa. La Brigata Ebraica
prende l’avvio nel giugno 1945 quando Ari e Leslie, membri della divisione del
titolo, incontrano in Polonia la giovane Safaya Mehringer nel corso di uno dei
loro raid a caccia di criminali nazisti. Il primo episodio, Il giustiziere, è un’avvincente fuga
attraverso l’Europa appena liberata dall’incubo della Seconda Guerra Mondiale
ma ancora profondamente segnata dalle sue brutture, e per nulla liberata
dall’antisemitismo.
Il secondo episodio, TTG, ruota attorno alla caccia all’ex
SS-Sturmbannführer Eckhart Krause, prossimo a fuggire in Argentina, mentre si
aprono squarci sul passato di Leslie. Alcuni colpi di scena ben piazzati (tra
cui l’esilarante rivelazione su cosa significasse l’acronimo del titolo) non
bastano a risollevare una storia che in certi passaggi è un po’ confusa e che
scade nel ridicolo involontario con un’apparizione del Mortimer di Jacobs –
Blake apparirà nel terzo e conclusivo episodio.
Il trittico si risolleva
nettamente con Hatikva, in cui l’azione
si sposta nella Palestina del 1948: il contesto è decisamente più originale di
quello della Seconda Guerra Mondiale, Marvano scrive con documentatissimo
coinvolgimento e lo snodo finale della vicenda è intelligente e originale
(anche se la bandiera risolutiva non ha sempre un disegno coerente). Rimane
forse un certo senso di incompiutezza, anche perché La Brigata Ebraica si basa su una struttura della tavola assai
povera con poche vignette per pagina, oltre al fatto che certi elementi del
passato dei protagonisti, in particolare la figura di Erika Pasternak (che se
ho ben capito in origine aveva pure l’onore di una copertina), vengono solo
accennati.
Questo volume avrebbe potuto
essere una bella storia d’avventura, coinvolgente e piena di momenti drammatici
(ma bilanciati da altri più leggeri e divertenti), non un capolavoro ma un
fiore all’occhiello di Historica, se non fosse per i disegni di Marvano. Sarà
pure bravo a raccontare per immagini, vedi la sequenza quasi del tutto muta a
pagina 22, ma il suo tratto scarno e impreciso toglie gusto alla lettura, tanto
più che i personaggi possono cambiare fisionomia di vignetta in vignetta e a
seconda dell’estro del momento ingrassano e dimagriscono, così come pure la
lunghezza dei loro arti è variabile senza alcun criterio. I disegni influiscono
pesantemente anche sul tempo di lettura, assai ridotto, perché se gli sfondi
sono quattro pennellate in croce o sono del tutto assenti uno non può nemmeno
fermarsi ad ammirarli come dovrebbe succedere con un fumetto franco-belga. Il
colorista Bérengère Marquebreucq fa un buon lavoro, ma la base di partenza è
quella che è.
Questo lo devo ancora prendere.
RispondiEliminaNon ho mai capito come e perché il tratto di Marvano sia a un certo punto cambiato in maniera così drastica rispetto a lavori come "La guerra eterna" o la prima storia di "Berlin"...
Ma invece che mi dici de "La Lama e la Croce"? Ti è piaciuto?
Mi sembra che il buon Luca non apprezzi Casini, quindi immagino che l'avrà lasciato direttamente in edicola.
Eliminaesatto, Casini non è nelle mie corde.
EliminaOgni tanto ho preso qualche Historica perché "dovevo" (avevo già saltato l'acquisto del/i precedente/i e c'era il rischio che la Mondadori non lo mandasse più nella mia edicola di riferimento) ma visto che dal numero 70 in poi sono stato regolare quello di Casini l'ho saltato.